8 Giugno 2017

La contrattazione anelastica

di Luca Vannoni

Nell’applicare le disposizioni contenute nella contrattazione collettiva, capita spesso di avere a che fare con passaggi e regolamentazioni figlie di normative oramai superate, situazione che spesso pone il dubbio se sia possibile sganciarsi da quanto previsto dalla contrattazione sfruttando l’intervenuta riforma legislativa.

Se il disallineamento è legato esclusivamente a questioni cronologiche, vista anche la preminenza gerarchica, a livello di gerarchia delle fonti, della legge, non credo sia contestabile l’eventuale superamento della disposizione contrattuale.

Molto più problematica è la questione quando il disallineamento dipende non da questioni meramente cronologiche, ma da scelte ponderate delle parti sociali.

Prendiamo il recente accordo per il settore dell’Igiene ambientale aziende private.

Nella parte relativa al contratto a termine viene legata la legittimità dell’apposizione della clausola di durata del contratto alla presenza di una serie tipizzata di causali, da motivare nella lettera di assunzione, legate alle defunte ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive, previste dalla previgente normativa del D.Lgs. 368/2001.

E se il motivo che richiede l’assunzione non è indicato nell’elenco? E se non indico nel contratto la causale di assunzione?

Sicuramente nessuna conseguenza può verificarsi sul contratto di lavoro, in quanto, a livello normativo, non esiste nessuna delega alla contrattazione collettiva per individuare condizioni di legittimità per tale contratto, diversamente da quanto previsto per il lavoro intermittente. Rispettata la legge, il contratto non può essere convertito in uno a tempo determinato.

Più problematica è la questione del mancato rispetto della contrattazione collettiva in funzione della fruizione delle limitate agevolazioni previste dal nostro ordinamento: se, da una parte, può essere opportuno dettagliare i motivi di assunzione, dall’altra si ritiene non vi possano essere conseguenze se utilizzo una ragione non tipizzata dalla contrattazione collettiva.

In conclusione, non può che criticarsi tale approccio delle parti sociali: già l’evoluzione normativa è complicata, se poi la contrattazione collettiva mantiene logiche oramai abrogate, cessa di essere un supporto nella regolamentazione dei contratti di lavoro e diviene solo l’ennesimo fattore confusionario.

 

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