17 Marzo 2016

Affitto d’azienda e crediti da lavoro

di Riccardo Girotto

 

 

Per descrivere l’affitto d’azienda, e il suo impatto sui rapporti di lavoro, è necessario partire dalla più generica definizione di azienda, rinvenibile dalla lettura dell’art.2555 cod.civ.: “azienda è il complesso dei beni impiegati nel processo produttivo aziendale da parte dell’imprenditore”.

L’affitto determina il passaggio dell’azienda da una gestione a un’altra, con la prima che detiene comunque la proprietà del complesso ceduto. È quindi la disponibilità del complesso dei beni impiegati a costituire un’azienda e non la mera proprietà degli stessi. Detta soluzione trova conforto altresì nella definizione codicistica.

Alla luce di quanto detto pare evidente che tra il proprietario dell’azienda e l’affittuario sorga un vero e proprio passaggio di disponibilità del complesso aziendale, con quanto ne consegue in relazione a diritti e responsabilità da condividere tra i soggetti coinvolti.

È indubbio che nel complesso aziendale debbano ricomprendersi anche i dipendenti che, stante il noto disposto dell’art.2112 cod.civ., vedono incondizionatamente proseguire il rapporto senza soluzione di continuità indipendentemente dalle variazioni intercorse in capo all’azienda. I rapporti di lavoro, di conseguenza, generano diverse poste a debito e a credito per le parti, tanto che al momento del passaggio risulta necessario acquisirne contezza per limitare gli imprevisti.

Rispetto alle altre operazioni straordinarie, dove varia la titolarità ma permane il complesso dei beni, l’affitto si differenzia in quanto, per sua definizione, temporaneo. Rileva soprattutto l’interesse delle parti coinvolte, che si concentra tanto sulla fase iniziale dell’affitto quanto su quella finale. Quest’ultima, infatti, può portare: una “retrocessione”, e quindi un nuovo trasferimento, oppure una definitiva “cessione”, che dal punto di vista lavoristico non corrisponde ad altro che a una conferma definitiva della situazione di fatto e che scongiura peraltro l’ipotesi retrocessione.

Per la sua stessa impostazione l’affitto non rappresenta quindi un’unica azione circolatoria, in avvio, bensì incorpora anche un’azione conclusiva con pieni effetti altrettanto circolatori e, per tal motivo, risulta essere l’unica ipotesi di trasferimento dagli effetti boomerang.

La posizione dei dipendenti deve quindi risultare chiara ex ante alle parti, tanto con riferimento all’avvio dell’affitto quanto alla possibile retrocessione che, se non prevista negli effetti, può provocare rilevanti e inaspettate conseguenze a carico del locatore.

Tutto quanto fin qui scritto incontra alcune limitazioni e alcune deroghe nel caso di aziende che si trovano in situazione di crisi. I co.4-bis e 5, art.47, L. n.428/90, permettono di applicare parzialmente o disapplicare in toto l’art.2112 cod.civ., previa sottoscrizione di specifica intesa sindacale collettiva.

L’art.104-bis della Legge Fallimentare, invece, esonera l’affittante dalla responsabilità solidale prevista dall’art.2112 cod.civ..

Infine, la stipula di accordi con i dipendenti nelle forme assistite previste dall’art.2113 cod.civ., permette di optare per caricare il debito verso il lavoratore a uno solo dei soggetti solidalmente responsabili, in deroga a quanto previsto dall’art.2112 cod.civ.. È lo stesso testo, infatti, a farne menzione al co.2: “Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 cpc del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro”.