17 Ottobre 2017

Dall’Ape Maia all’Ape Rita

di Roberto Lucarini

Se con la mente torno al tempo passato, ricordo con tenerezza la dolce Ape Maia. Un cartone animato con cui, le allora mie piccole bambine, si divertivano un sacco.

Se con la mente penso all’oggi, mi ritrovo, al contrario, con la spinosa Ape – Rita, dea dei pensionati, che alla fine sembra una specie di cartone animato, ma che, in realtà, somiglia di più a un incubo per tante persone. Oppure incontro ovunque l’Ape – Proroga, un insetto che in Italia non manca mai; ci mancherebbe altro!

E che ci volete fare? Questo è il nostro destino. Abbiamo scelto la professione di dottore commercialista o consulente del lavoro: ben ci sta! Nessuno ce l’ha imposto, è stata una scelta libera e consapevole. Anche se, a ben pensarci, la mia è stata senz’altro libera scelta, ma non so quanto consapevole. Chi avrebbe mai detto, infatti, che la realtà sarebbe stata tanto incasinata? Io, al tempo, no di certo.

Sono passati tanti anni (troppi?) dal mio “esordio”, e il mantra era lo stesso di oggi: semplificazione normativa e lotta alla burocrazia. Sono infatti trascorsi quasi 30 anni (accidenti, ma allora sono davvero datato…) e nulla è cambiato. Vai a un convegno e senti sempre questa lagna: basta con questo groviglio normativo! Basta con tutta questa burocrazia!

Eppure nulla si è mosso; o meglio sono state mosse tante cose, forse troppe, così che si è finito per aggrovigliare ancor di più ogni questione.

Mi trovate, per cortesia, una problematica professionale, o un ente con cui avete a che fare, per i quali potete utilizzare l’aggettivo semplice? Forse io sono ormai fulminato, ma non mi viene in mente nulla.

Pensate, che so, a un contratto di apprendistato. Ci dicono che dev’essere incentivato, che è la porta d’ingresso per i giovani nel mondo del lavoro; tutto giusto.

In pratica poi? Un caos.

Molta attenzione al contratto, ex se, dato che occorrono indicazioni ben precise e l’accostamento di un piano formativo che, quasi mai, è di agevole redazione; avete presente la babilonia tra indicazioni da Ccnl, Isfol e diavoli vari?

Poi la trappola della formazione: pubblica e non; trasversale e non; sul lavoro e non.

Il libretto formativo: fatto ma mai decollato, eppure necessario per la registrazione.

Per finire in bellezza con la richiesta all’Inps per l’attribuzione del codice necessario alla riduzione contributiva; qui entra in ballo il de minimis e tutto il caos che lo contraddistingue, un modulo assurdo da redigere – che deve aver studiato un favoloso tecnico dopo aver mal digerito la cena – il cassetto previdenziale e tutto il resto.

E questo è solo un esempio dei tanti incubi che ci contornano.

Mi chiedo spesso: ma dove vogliamo andare? Possibile che nessuno sia capace di semplificare sul serio?

La risposta che mi do sempre, tuttavia, non è consolatoria. Non credo, infatti, che non vi siano le competenze per riuscire negli obbiettivi appena detti; al contrario. Credo, invece, che non vi sia alcuna volontà di raggiungerli.

La burocrazia, questo mostro, si alimenta di pura complicazione. E come si fa a chiedere ai burocrati di eliminare la loro ragione di vita?

 

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