Un caso applicativo della sentenza n. 118/2025 della Corte Costituzionale
di Roberto Lucarini Scarica in PDF
È ben nota, agli addetti ai lavori, la sentenza n. 118 del 21 luglio 2025, a mezzo della quale la Corte Costituzionale è andata ad assestare l’ennesima picconata all’impianto normativo studiato dal Legislatore nel 2015, in tema di licenziamento individuale, ex D.Lgs. n. 23/2015. Si tratta di un aspetto, tra i tanti attenzionati dal Giudice delle Leggi, stavolta legato al valore dell’indennità per licenziamento illegittimo in ambito di piccole imprese (quelle non rientranti nel disposto ex art. 18, L. n. 300/1970). In massima sintesi, infatti, è stato ritenuto non conforme alla Carta costituzionale il limite massimo previsto, per detta indennità, in 6 mensilità; ciò ha, di fatto, comportato l’estensione dei limiti normativi, che dunque passano adesso a un intervallo tra 3 e 18 mensilità, stante il dimezzamento previsto ex art. 9, D.Lgs. n. 23/2015.
Era, quindi, inevitabile una pronta ricaduta di quanto esposto sui giudizi di merito.
Un caso applicativo si è avuto con la sentenza n. 241/2025 del Tribunale di La Spezia, in una causa che vedeva una lavoratrice contestare la legittimità del recesso datoriale per giustificato motivo oggettivo dal rapporto di lavoro in corso. Tralasciando i fatti in giudicato, ma considerato che il Giudice di prime cure ha ritenuto illegittimo il licenziamento, ciò che interessa queste note riguarda la sanzione imposta al datore di lavoro; in altri termini il quantum stabilito per l’indennità risarcitoria. Si tratta, beninteso, di una valutazione ex se, ma pur sempre segnaletica di quanto possa attendersi per il futuro in simili situazioni, sempre che il legislatore non intenda provvedere a una revisione della materia, come peraltro avrebbe già dovuto fare dopo l’ammonizione ricevuta dalla Corte Costituzionale nella precedente sentenza n. 183/2022.
Il Giudice spezzino, nell’analizzare il caso alla propria attenzione, puntualizza subito, in ciò seguendo un’indicazione fornita nella revisione di costituzionalità, come nel valutare l’equo ammontare dell’indennità risarcitoria sia da ridimensionare, poiché non sempre di idoneo valore segnaletico, il parametro della dimensione aziendale, in termini di forza lavoro. Detto ciò il Giudice di merito mette in rilievo una serie di parametri dalla cui analisi complessiva, a suo parere, potrà scaturire una corretta valutazione circa il valore dell’indennità in discorso. Questi i punti di interesse:
- l’anzianità di servizio;
- la dimensione aziendale quale forza lavoro occupata;
- i dati fattuali del caso in esame, con apposito riguardo verso il comportamento tenuto delle parti;
- la natura dell’illecito ravvisato, non ultima l’osservanza delle regole di correttezza e buona fede;
- la capacità economica dell’impresa, basata sul fatturato, gli investimenti ed il patrimonio aziendale.
Dall’analisi comparata di tali fattori, il Giudice ne fa derivare come adeguato «al caso di specie un risarcimento basato su otto mensilità di retribuzione, ciascuna quantificata (come da ricorso, senza contestazioni specifiche) in euro 1.593,38».
Da tale pronuncia si possono rilevare alcuni spunti.
Pur nell’esistenza del precedente intervallo che caratterizzava l’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo nella piccola impresa, ossia tra 3 e 6 mensilità, la valorizzazione dell’equo importo dell’indennità veniva lasciato alla valutazione del Giudice di merito, secondo il proprio convincimento derivante dall’analisi di alcune circostanze. Dopo quanto indicato dalla Corte Costituzionale, nella sentenza del 2022 risulta depotenziato, ma non certo annullato, il parametro relativo alla dimensione aziendale; se ne deduce che questo indicatore, prima di una certa rilevanza, dovrebbe continuare ad essere attenzionato, sia pur con un minor peso. La valutazione, infatti, si compone dall’analisi di diversi aspetti aziendali e, non ultimo, da un controllo circa l’atteggiarsi delle parti nell’ambito del processo che ha condotto al recesso datoriale.
Altro aspetto molto rilevante, naturalmente, riguarda il dilatarsi dell’intervallo di valore relativo all’indennità, post sentenza n. 118/2025 passata tra 3 e 18 mensilità.
È palese l’aumento del rischio per il datore di lavoro, nel caso di licenziamento illegittimo, posto che nella sua valutazione il Giudice potrà valorizzare il ristoro verso somme che divengono, specie per un’azienda di modeste dimensioni, molto rilevanti.



