15 Settembre 2015

Co.co.co.: che ne sarà di loro?

di Roberto Lucarini

Difficile che, nel nostro ordinamento, taluni contratti atipici trovino quella tanto sospirata pace. Il nostro Legislatore – quand’anche la notevole giurisprudenza – rivisita in continuazione le regole del gioco, in una sorta di ripensamento continuo.

Le collaborazioni, coordinate e continuative, in linea generale, sono transitate per l’occorrenza di un progetto (Legge Biagi), a una rivisitazione qualitativa dello stesso (Riforma Monti-Fornero), fino a ritornare adesso, verso il loro passato, almeno temporaneamente (Codice dei contratti).

Lavoro a progetto che per ora svanisce, andando quindi a riscoprire le limitate regole civilistiche; ma solo fino al termine del 2015. Con l’anno successivo è infatti in agguato la c.d. etero-organizzazione. Ecco servito un nuovo concetto, tutto da scoprire, in attesa che il Ministero del Lavoro faccia sentire la propria voce. Un momento delicato, quindi, per chi volesse stipulare un contratto del genere. Col 2016, infatti, il rischio di vedersi applicare “la disciplina del rapporto di lavoro subordinato” fa paura.

E poi: cosa si intende col fatto che si applicherà tale disciplina? Vi potranno essere risvolti retributivi; ma anche normativi, si pensi, quali esempi, alla disciplina di ferie, permessi, riposi, etc.. Per non parlare di quelli contributivi, con possibilità di traslazione dalla gestione separata a quella dei lavoratori dipendenti. Si aprono, insomma, molti interrogativi pratici, forieri di incertezze.

E che dire della definizione normativa? Si parla di “prestazione personale e continuativa”, facendo in questo modo spazio a quasi tutte le casistiche collaborative. Poi si aggiunge: laddove le “modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Come uscire da tale specifica? La modalità pratica e attuativa della collaborazione sarà determinante, come del resto lo è sempre stata, sia pur in modo diverso. Lo spazio aperto, infatti, appare notevole, in considerazione che quell’“anche”, introdotto nel testo, può far pensare a differenti criteri, oltre i tempi e il luogo, che possano generare criticità.

Tolte le disapplicazioni ex lege (professionisti, componenti organi societari, etc.), resterebbe l’arma della certificazione del contratto. Personalmente quest’ultimo aspetto non mi ha ancora sufficientemente convinto. Certifichiamo pure la nostra collaborazione, sotto il profilo formale; ma che ne sarà poi di quel rapporto se, nello svolgimento concreto dell’opera, si evidenziasse quell’etero-organizzazione ora al centro della questione?

È stato detto che il Legislatore non ha avuto il coraggio di eliminare del tutto le collaborazioni; forse non avrebbe potuto giungere a tanto. Di sicuro, tuttavia, il loro forte ridimensionamento non credo che possa essere negato, vista la nuova disciplina che ci aspetta nell’ormai non lontano 2016.