23 Gennaio 2025

Se il costo della manodopera negli appalti è troppo basso

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Con sentenza del 16 dicembre 2024, il TAR Sicilia, sezione di Catania, ha accolto la domanda di annullamento di un bando di gara d’appalto, statuendo che il bando e il relativo disciplinare non possano prevedere un importo del costo della manodopera macroscopicamente inferiore a quello risultante dalle tabelle ministeriali di riferimento richiamate dall’articolo 41, comma 13, D.Lgs. 36/2023.

Secondo la Società ricorrente, infatti, il bando di gara era da ritenersi illegittimo in quanto il costo della manodopera da impiegare nell’appalto era stato determinato dalla stazione appaltante secondo un valore notevolmente inferiore a quello delle tabelle ministeriali previste per il settore metalmeccanico, impedendo di fatto la formulazione di un’offerta congrua.

Secondo l’appaltante, invece, le tabelle costituirebbero solo un criterio comparativo e non una soglia minima invalicabile, esistendo un range di variabilità con spazi di oscillazione dei connessi valori economici, in relazione al singolo oggetto negoziale o, meglio, alla migliore capacità organizzativa dell’impresa in grado di far emergere positivamente i relativi fattori produttivi.

A detta del Tribunale, non possono essere ammessi nella lex specialis di gara ribassi che integrino un disallineamento evidente e significativo tra il valore assunto a base d’asta e i livelli retributivi orari indicati nelle tabelle ministeriali o comunque una deroga “in termini macroscopici”: ovvero quando non garantisce ragionevolmente la possibilità di presentare offerte congrue e quando viola il trattamento normativo e retributivo previsto dalla contrattazione collettiva nei confronti del lavoratore. Nel caso di specie, mediante semplici operazioni matematiche in ordine ai dati ricavati dagli atti di gara, si perviene alla conclusione che il costo medio orario per ciascun addetto è marcatamente inferiore a quello previsto dalla tabella di cui al D.M. Lavoro 60/2023 (peraltro poi modificata in aumento con il successivo D.M. 73/2024).

Sul punto, il collegio ha richiamato alcuni precedenti, quali TAR Lombardia – Milano, sezione IV, n. 1546/2021 del 24 giugno; Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione giurisdizionale, n. 1058/2019, precisando che una base d’asta che si fondi su un costo della manodopera più basso rispetto a quello che emerge dalle tabelle non è di per sé causa di illegittimità del bando; lo diventa allorquando vi sia detto disallineamento in termini macroscopici. Infatti, secondo i giudici la congruità della base d’asta è un presidio per l’interesse pubblico e l’esecuzione dei contratti pubblici non dev’essere compromessa da dinamiche ribassiste a detrimento della retribuzione dei lavoratori.

Di interesse, peraltro, l’innesto di detta vicenda sulla questione relativa ai minimi retributivi ora protagonista nelle aule di Tribunale, in cui diversi Ccnl sono al vaglio dei giudici in ordine alla congruità delle proprie tabelle – pur legittime – con l’articolo 36, Costituzione.

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