22 Aprile 2020

COVID-19 e Inail: presunzione di indennizzabilità e avvertenze per le aziende

di Fabrizio Vazio

L’Inail ha emanato la circolare n. 13/2020, dedicata a diversi argomenti importanti: dall’indennizzabilità dei casi di COVID 19 per il personale non sanitario agli infortuni in itinere nel periodo di emergenza alla prescrizione delle prestazioni. Per aziende e professionisti sono veramente molti gli aspetti a cui prestare attenzione.

 

Premessa

In questi giorni di emergenza sanitaria, le sedi Inail hanno ricevuto moltissime segnalazioni di casi di COVID-19 riferiti a infortuni sul lavoro.

L’Istituto ha precisato, con istruzione operativa del 17 marzo 2020, che, per gli operatori sanitari, opera una presunzione di contagio in ambito lavorativo.

Tuttavia, il problema del contagio da COVID-19 per il personale sanitario non esaurisce le questioni aperte. È, infatti, evidente che, per coloro che operano in prima linea, è del tutto presumibile il contagio lavorativo e ben difficilmente l’Istituto potrebbe negare l’indennizzo; inoltre, assai rilevante è il problema legato ai contagi per personale non sanitario, che egualmente opera a contatto col pubblico: pensiamo a tassisti, personale addetto alla cassa nei supermercati, etc..

In questi casi, ove vi sia un contagio da COVID-19, è evidentemente complesso stabilire se esso sia avvenuto sul lavoro oppure no e, pertanto, occorrevano chiarimenti da parte dell’Istituto assicuratore sull’indennizzabilità dei casi. Ciò anche per indirizzare il comportamento delle aziende e dei loro consulenti che ricevono un primo certificato di infortunio, ma che non hanno in effetti alcun elemento per potere confermare o smentire che il contagio è avvenuto sul lavoro.

La circolare Inail n. 13/2020, avente ad oggetto “Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il conseguimento delle prestazioni Inail. Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro. Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 -Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Articolo 34, commi 1 e 2; articolo 42 commi 1 e 2”, chiarisce molti aspetti e fornisce indicazioni su 3 tematiche diverse:

  1. l’indennizzabilità dei casi di infezione da coronavirus per il personale non sanitario;
  2. il riconoscimento degli infortuni in itinere durante l’emergenza coronavirus;
  3. la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per le prestazioni.

Iniziamo con il trattare l’argomento di cui al punto 1, che era certamente il più atteso.

Faremo un’introduzione generale e, successivamente, ci soffermeremo sui suggerimenti per i lavoratori, le aziende e i professionisti che le assistono.

 

La tutela assicurativa per gli eventi da COVID-19

In sè, la norma contenuta nell’articolo 42, comma 2, D.L. 18/2020, è abbastanza neutra, perché prevede che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”.

La norma prosegue precisando che “Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro”.

Il problema ovviamente non si sposta molto, in quanto è evidente che la norma non fornisce parametri certi all’Istituto per la valutazione dei casi: essa, quindi, necessariamente, richiede una scelta politica dell’Istituto per comprendere almeno una parte dei lavoratori, ovvero quelli più a rischio, in una presunzione, sia pur semplice, di indennizzabilità.

In assoluta teoria, infatti, non vi è dubbio che la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus contratta in occasione di lavoro per tutti i lavoratori assicurati all’Inail: ma di fatto come accertare che il contagio è avvenuto sul lavoro?

 

Presunzione di origine lavorativa per i sanitari

A tale proposito, l’Istituto precisa opportunamente che l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico.

Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto l’elevatissima probabilità che essi vengano a contatto con il nuovo coronavirus.

 

Presunzione di origine lavorativa per il personale a costante contatto col pubblico

E per gli altri lavoratori?

Qui vale la pena davvero di trascrivere la circolare: “a una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari”.

Dunque, ove vi sia un’infezione da COVID-19 il contagio è presuntivamente lavorativo per

– gli operatori sanitari;

– i lavoratori a costante contatto col pubblico.

 

Niente presunzione di origine per gli altri lavoratori: quando il caso è indennizzabile?

E per gli altri?

Negli altri casi, dice l’Istituto, sarà l’accertamento medico-legale a guidare il riconoscimento “attraverso l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi epidemiologico clinico-anamnestico e circostanziale”.

In sostanza, significa che ove il medico che ritenga che il contagio sia lavorativo redigerà il certificato medico; l’azienda dovrà comunque procedere alla denuncia di infortunio e, successivamente, sarà l’Istituto a valutare l’effettiva eziologia professionale del COVID-19, fermo restando che in tal caso non opererà la presunzione semplice di indennizzabilità.

Vediamo allora nel dettaglio i punti di attenzione per le aziende.

 

Avvertenze per i datori di lavoro e chi li assiste

Denuncia di infortunio: quando e come

Alle aziende deve essere chiaro che, ove pervenga un certificato medico redatto secondo i criteri di cui all’articolo 53, D.P.R. 1124/1965, e successive modifiche, e quindi riportante i dati anagrafici completi del lavoratore, quelli del datore di lavoro, la data dell’evento/contagio, la data di astensione dal lavoro per inabilità temporanea assoluta conseguente al contagio da virus ovvero la data di astensione dal lavoro per quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria del lavoratore sempre legata all’accertamento dell’avvenuto contagio (si veda sempre circolare n. 13/2020), anche se riguardante un lavoratore per il quale non opera la presunzione di origine professionale, devono redigere la denuncia di infortunio.

A questo proposito il datore di lavoro dovrà “porre particolare attenzione nella compilazione della denuncia di infortunio per quanto riguarda la valorizzazione dei campi relativi alla data evento, alla data abbandono lavoro e alla data di conoscenza dei riferimenti della certificazione medica attestante l’avvenuto contagio, cioè ai dati necessari per assolvere l’adempimento dell’obbligo correlato al predetto articolo 53”.

Con riferimento ai termini, l’Istituto è chiaro nel rappresentare 2 diverse circostanze:

  1. da un lato, che i termini di decorrenza per la denuncia di infortunio partono solo dalla conoscenza positiva dell’avvenuto contagio e, quindi, in sostanza, dal pervenimento del certificato di infortunio;
  2. dall’altro, che detti termini non devono essere interpretati in modo assolutamente rigoroso, perché la situazione va valutata alla luce della situazione emergenziale in essere.

Quindi, l’indicazione alle sedi Inail è quella di non adoperare un rigorismo esasperato nel contestare l’onerosa sanzione per tardata denuncia di infortunio (da 1.290 a 7.745 euro), ma non sfugge che le aziende devono denunciare i casi indipendentemente da ogni valutazione circa l’indennizzabilità degli stessi, come prevede l’articolo 53, T.U.: esse, quindi. non possono sottrarsi all’obbligo asserendo che il caso non è di origine lavorativa, cosa che del resto non possono affermare con certezza.

 

La segnalazione all’Inps

La circolare precisa un dato ovvio, ossia che, qualora l’Istituto ritenga non indennizzabile il caso, provvederà alla segnalazione all’Inps. Va, peraltro, notato che tale Istituto previdenziale non è obbligato all’accoglimento del caso stesso, perché potrebbe ritenere che si tratti effettivamente di un contagio di origine lavorativa.

Come di consueto, saranno le c.d. collegiali mediche tra Inps e Inail, in sede locale e, se del caso, anche nazionale, a dirimere la controversia e il datore di lavoro non potrà che attendere, a tal fine, la definitiva valutazione da parte degli enti preposti.

 

L’infortunio da Covid non incide sul tasso

Particolare valore ha l’indicazione contenuta nell’articolo 42, D.L. 18/2020, ove si precisa che gli eventi lesivi derivanti da infezioni da nuovo coronavirus – in occasione di lavoro – gravano sulla gestione assicurativa dell’Inail e dispone che gli eventi in questione non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico.

Conseguentemente, come avviene per gli infortuni in itinere, gli effetti degli eventi in esame non entrano a far parte del bilancio infortunistico dell’azienda e non provocano, quindi, aumento di tasso.

L’Istituto fa presente di aver avviato gli adeguamenti procedurali utili per la rilevazione dei casi di COVID-19 al fine di escluderli dal tasso aziendale.

 

Ma può esserci rivalsa

La norma è chiara nell’evidenziare che le aziende non avranno alcun aumento di tasso per i casi di COVID-19, ma si pone un problema: la norma non si pronuncia minimamente sul regresso dell’Istituto ex articolo 10 e 11, T.U. 1124/1965.

In altre parole, un conto è il fatto che l’evento COVID gravi sul tasso (e ciò non capiterà), un conto è che l’Istituto possa rivalersi sul datore di lavoro, ove sia acclarata una sua responsabilità nella causazione dell’evento, secondo quanto delineato nelle norme indicate.

Ovviamente, può risultare particolarmente complesso per gli organi di vigilanza accertare alcunchè nei confronti delle aziende ad oggi, ma non può escludersi che, a pandemia terminata, tali accertamenti vengano svolti; non sfugge, poi, per il lavoratore la possibilità di richiedere, ove venga acclarata la responsabilità aziendale, il c.d. danno differenziale.

Ciò non cambia, tuttavia, l’obbligo per il datore di lavoro di inviare la denuncia di infortunio, fermo restando che, naturalmente, egli potrà allegare alla denuncia qualsivoglia comunicazione che ritenga opportuno al fine di chiarire le cause e circostanze dell’evento.

 

I punti di attenzione per i lavoratori

Come avere l’indennizzo

Con riferimento ai lavoratori che abbiano contratto il COVID-19, gli elementi per ottenere l’indennizzo sono evidenti:

  • da un lato, occorre che venga compilato il primo certificato, indicando i dati anagrafici completi del lavoratore, quelli del datore di lavoro, la data dell’evento/contagio, la data di astensione dal lavoro per inabilità temporanea assoluta conseguente al contagio da virus ovvero la data di astensione dal lavoro per quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria del lavoratore, sempre legata all’accertamento dell’avvenuto contagio. Ovviamente, le indicazioni dovranno essere vieppiù precise ove si tratti di soggetto per cui non vige la presunzione d’origine lavorativa;
  • dall’altro, ovviamente, deve trattarsi di soggetto assicurato all’Istituto.

Sarà poi l’Inail a effettuare la valutazione definitiva circa l’eziologia lavorativa del contagio.

Le indicazioni fornite dalla circolare n. 13/2020 con riferimento al comportamento delle sedi Inail nei casi di coronavirus rilevano anche per i lavoratori e per i loro eventuali superstiti: infatti, la circolare precisa che le sedi dovranno avere un comportamento proattivo nei casi di infezione da coronavirus di presunta origine lavorativa, acquisendo tempestivamente la documentazione attestante la conferma diagnostica del contagio, ricorrendo, al fine di facilitare e abbreviare l’istruttoria del caso, anche direttamente alla documentazione in possesso degli infortunati.

Detta documentazione clinico-strumentale, ricorda l’Inail, è indispensabile per la verifica della regolarità sanitaria e amministrativa per l’ammissione del caso alla tutela (e quindi, ove non vi sia, non vi sarà indennizzo).

Particolare rilievo ha questa indicazione, che supera ovviamente le direttive di carattere generale che vedono l’Istituto rivolgersi ad altri organi pubblici, segnatamente a quelli sanitari, e non direttamente all’infortunato, perché ovviamente è interesse non solo di quest’ultimo, ma anche dell’intero sistema Paese, che il caso venga definito in tempi celeri anche per avere un dato epidemiologico sempre più preciso.

 

Prestazioni per gli infortunati e i superstiti

Nel caso di accoglimento del caso all’infortunato spettano tutte le prestazioni dell’Istituto e, ovviamente, spetta anche la rendita ai superstiti nel caso di decesso del lavoratore. In tale circostanza, spetta anche la prestazione economica una tantum prevista dal Fondo delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.

Questa indicazione è particolarmente rilevante, in quanto di tale prestazione possono beneficiare anche i lavoratori non assicurati all’Inail (si pensi alle forze di Polizia e anche ai medici che operano come liberi professionisti) e, a tal fine, sarà onere delle sedi informare i soggetti aventi diritto della possibilità di accedere a tale prestazione, fermo restando che, invece, le ordinarie provvidenze assicurate dall’Istituto spetteranno solo ai soggetti tutelati dall’Inail.

 

Infortuni in itinere e COVID: indennizzo generalizzato

L’indicazione relativa agli infortuni in itinere contenuta nella circolare è particolarmente rilevante: non sfugge, infatti, che durante l’emergenza sanitaria le Autorità pubbliche hanno cercato in ogni modo di evitare che i lavoratori obbligati a rendere la propria prestazione lavorativa utilizzassero i mezzi pubblici, sicché parrebbe strano che poi, ove il soggetto, utilizzando il mezzo privato, avesse avuto un infortunio in itinere, non fosse indennizzato, perché erano astrattamente disponibili servizi di trasporto pubblico.

L’Istituto opportunamente ricorda che, fermo restando che nel caso di contagio da COVID-19 avvenuto in itinere si tratta a tutti gli effetti di un caso indennizzabile (ma viene da domandarsi come si potrà avere la prova provata, se non utilizzando ancora una volta delle presunzioni, che il caso è avvenuto in itinere), a livello più generale, poiché il rischio di contagio è molto più probabile a bordo di mezzi pubblici affollati, al fine di ridurne la portata, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere in presenza sul luogo di lavoro è considerato necessitato l’uso del mezzo privato per raggiungere dalla propria abitazione il luogo di lavoro e viceversa.

Tale deroga, che in pratica apre la strada a un indennizzo generalizzato degli eventi in itinere, sarà vigente per l’intero periodo di emergenza epidemiologica e opportunamente l’Istituto fa rinvio ai tempi dettati dalle Autorità competenti, perché saranno le disposizioni di carattere generale a determinare quando si potrà ritenere che il lavoratore possa nuovamente utilizzare i mezzi di trasporto pubblico senza rischio.

Anche in questo caso, ancora una volta, l’avvertenza per le aziende e per i professionisti che li assistono è sempre la stessa: occorre inviare la denuncia di infortunio ex articolo 53, D.P.R. 1124/1965, nei termini di Legge, astenendosi da ogni valutazione circa l’indennizzabilità.

 

La sospensione dei termini per l’ottenimento delle prestazioni

La circolare contiene un ultimo tema di interesse, dedicato alla sospensione dei termini di prescrizione e di decadenza per il conseguimento delle prestazioni erogate dall’Inail.

Ai nostri fini, è sufficiente ricordare che il D.L.“Cura Italia tratta il tema in 2 norme.

L’articolo 34, comma 1, D.L. 18/2020, dispone che, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, a decorrere dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020 il decorso dei termini di decadenza relativi alle prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate dall’Inps e dall’Inail è sospeso di diritto.

A questa disposizione di carattere generale si aggiunge l’articolo 42, comma 1, D.L. 18/2020, riguardante specificamente l’Inail: esso aggiunge che, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, per lo stesso periodo il decorso dei termini di decadenza relativi alle richieste di prestazioni erogate dall’Inail è sospeso di diritto e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.

Sono altresì sospesi, per il medesimo periodo e per le stesse prestazioni di cui al comma 1, i termini di prescrizione.

Sono, infine, sospesi i termini di revisione della rendita su domanda del titolare, nonché su disposizione dell’Inail, previsti dall’articolo 83, D.P.R. 1124/1965, che scadano nel periodo indicato al comma 1. Detti termini riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione

La circolare fa un ampio excursus sui termini di prescrizione e di decadenza, illustrando gli effetti della sospensione.

In particolare, va ricordato che sono sospesi, nel periodo indicato, i termini per la revisione delle rendite, al decennio per gli infortuni e al quindicennio per le malattie professionali, solo ove, però, la loro scadenza cada nel periodo che intercorre tra il 23 febbraio (compreso) e il 1° giugno 2020.

Le visite mediche a tal fine, pertanto, saranno riprogrammate da giugno in poi.

 

Conclusioni: l’universalità della tutela pubblica, un tema di riflessione

Anche con riferimento all’Inail il costo dell’emergenza epidemiologica è particolarmente elevato: ad oggi, le sedi dell’Istituto hanno già ricevuto numerose denunce di infortunio per casi da COVID-19 anche con riferimento a personale non sanitario e, certamente, le disposizioni impartite saranno foriere di nuove segnalazioni.

Non sfugge, tuttavia, che la necessità di sovvenire alle esigenze dei lavoratori, che, anche nel periodo più difficile del contagio, hanno continuato a garantire servizi indispensabili per il Paese, rientra tra gli scopi fondamentali dell’esistenza di un’assicurazione pubblica contro gli infortuni.

Alla valutazione del Legislatore rimane l’opportunità di garantire l’indennizzo pubblico anche alle categorie escluse: mai, come in questo caso, la non universalità della tutela assicurativa appare foriera di possibili ingiustizie sostanziali.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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