23 Maggio 2019

Altra decisione della Cassazione sulla contribuzione Inps soci Gestione commercianti

di Roberto Lucarini

La contribuzione dei soci alla Gestione Inps commercianti somiglia sempre di più a un grande rebus, che, di volta in volta, viene sciolto in sede giurisprudenziale. Ma, anche in questo contesto, si assiste a prese di posizione non sempre convincenti e quasi mai definitive.

Chi ha avuto la pazienza di leggere qualche altro mio intervento sa già di cosa si tratta. I filoni sono diversi, ma 2 sono quelli più ricorrenti: l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione da parte socio; la corretta base imponibile previdenziale.

La recente sentenza n. 1505/2019 della Suprema Corte, che vedremo in estrema sintesi, tratta questa seconda ipotesi e lo fa, in questa circostanza, prendendo una posizione chiara e del tutto condivisibile. Una decisione stavolta favorevole all’Inps, che sul tema contribuzione dei soci non sembra immune da critiche, nella quale i giudici offrono un percorso limpido sul piano strettamente giuridico.

Il caso è questo: contribuente iscritto alla Gestione commercianti in quanto socio di una Srl operante in detto settore. Tale soggetto è anche socio in una Srl che opera nel settore industria.

Il contribuente versa la contribuzione soltanto sul reddito a lui derivante dalla partecipazione alla Sas, mentre l’Inps, con apposita cartella di pagamento, gli richiede la differenza contributiva sul reddito a lui derivante dalla partecipazione nella Srl. La Cassazione, come anticipato, sposa la tesi Inps.

I Supremi giudici fanno notare che la normativa vigente, molto diversa dalla previgente, prevede che “a decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui all’articolo 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono” (articolo 3-bis, comma 1, D.l. 384/1992). Evidenziano poi come – ai sensi dell’articolo 6, comma 3, Tuir – i redditi derivanti da partecipazione in Snc o Sas siano qualificabili come redditi d’impresa.

Da questi 2 principi normativi, facendo un semplice “calcolo giuridico” stile 1+1=2, i giudicanti rilevano che il reddito derivante da Sas è senz’altro d’impresa e che, pertanto, debba far parte della totalità di tali redditi ai fini del calcolo della base imponibile contributiva. A mio avviso nulla quaestio; soluzione lineare e indiscutibile.

Non fatevi ingannare dal fatto che la Sas in questione svolgesse attività non commerciale ma industriale. Il testo normativo ex D.L. 384/1992 non opera distinzioni su questo punto, riferendosi soltanto alla categoria reddituale così individuata ai fini tributari (Tuir). Solo l’attività che dà origine all’obbligo di iscrizione dovrà essere di natura artigiana o commerciale; la “seconda” attività, definiamola così per semplicità, non ha qualificazione alcuna. Attenzione dunque a tale aspetto, dato che è facile possa trarre in inganno.

Per chiudere, e fare un altro esempio di tipo parallelo, vi propongo questa situazione.

Poniamo che il nostro socio, cui sopra, fosse iscritto quale partecipante ad una Sas operante nel settore commercio, ma partecipasse anche in una Srl commerciale: come si calcolerebbe, in questo caso, la base imponibile contributiva?

Vi dico subito che la soluzione non è lineare, e aggiungo che personalmente mi dissocio dalla tesi Inps secondo la quale, anche in tale situazione, la base imponibile è data dalla somma dei 2 redditi.

Il motivo del mio dissenso è presto detto. Abbiamo visto che, ex lege, con l’avallo dei Supremi giudici, la base imponibile contributiva deriva dalla “totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef”, così come abbiamo chiarito che il Tuir (articolo 6) identifica tra questi (redditi di impresa) quelli derivanti da Snc/Sas, ma non quelli da Srl. Questi ultimi, infatti, sono considerati redditi di capitale (articolo 44, Tuir). Stando così le cose, come possono i redditi derivanti da società di capitale entrare nel totale dei redditi d’impresa e, dunque, nella base imponibile contributiva?

O si fa il solito gioco delle 3 carte, dove l’Ente previdenziale vince sempre, oppure proprio non ci siamo.

 

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