19 Luglio 2017

Distacco transnazionale nell’autotrasporto

di Fabrizio Nativi

 

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 136/2016, la discussione circa l’applicabilità della disciplina comunitaria sul distacco transnazionale anche al settore del trasporto è ormai superata, quanto meno con riferimento alle ipotesi di somministrazione di lavoratori e al cabotaggio. Per le operazioni di trasporto internazionale, invece, la lettura da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro è stata interlocutoria, in attesa di chiarimenti comunitari. La Francia, ha, per esempio, sposato un’attuazione della direttiva “enforcement” più radicale, estendendo la sua applicazione anche alla gran parte dei trasporti internazionali.

 

L’attuazione italiana per il cabotaggio

La Direttiva 67/2014/UE, e la relativa disciplina attuativa contenuta nel D.Lgs. 136/2016, si applicano anche a talune modalità di svolgimento del trasporto su strada. Ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto di trasposizione le disposizioni si applicano alle ipotesi di cabotaggio di cui al Capo III, Regolamento (CE) 1072/2009 (merci) e di cui al Capo V, Regolamento (CE) 1073/2009 (passeggeri), e cioè ai casi in cui a un trasporto internazionale conto terzi segua una serie di trasporti nazionali entro un breve termine, prima del rientro del veicolo nel Paese di provenienza dal Paese ospitante.

È pacifico, quindi, che la disciplina sul distacco transnazionale si applichi alle ipotesi di cabotaggio nel trasporto su strada, per espresso richiamo operato dall’articolo 1, comma 4, D.Lgs. 136/2016.

Quanto al cabotaggio merci, si deve fare rinvio al Capo III, Regolamento (CE) 1072/2009, concernente “l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada”, mentre per il cabotaggio passeggeri la fonte è da ricercare nel Capo V, Regolamento (CE) 1073/2009, relativo all’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto (di passeggeri) effettuati con autobus.

Il riferimento è da individuarsi nel considerando 17, Regolamento 1072/2009, secondo cui: “le disposizioni della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito della prestazione di servizi, si applicano alle imprese di trasporto che effettuano trasporti di cabotaggio”.

Il considerando 11, Regolamento 1073/2009, prevede invece che: “le disposizioni della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito della prestazione di servizi si applicano alle imprese di trasporto che effettuano trasporti di cabotaggio”.

Il cabotaggio stradale di merci è definito come una serie di operazioni di trasporto eseguite da un vettore stabilito in un Paese membro dell’Unione Europea all’interno di un Paese ospitante, dopo che si è concluso un trasporto internazionale.

Il Regolamento limita la durata complessiva del cabotaggio a un tempo massimo di 7 giorni e fissa in 3 il numero massimo di operazioni consentite in tale periodo (vedi in proposito gli articoli da 8 a 10, Regolamento e la circolare dei Ministeri dell’interno e delle infrastrutture e trasporti del 15 gennaio 2015).

Come chiarisce anche la circolare INL n. 1/2017, il cabotaggio è ammesso, nel caso di ingresso in Italia con veicolo carico:

  • solo dopo che il vettore ha consegnato integralmente le merci entrate in Italia a seguito di un trasporto internazionale;
  • a condizione che l’ultimo scarico delle merci in regime di cabotaggio prima di lasciare il territorio nazionale sia effettuato entro 7 giorni dallo scarico integrale delle merci oggetto del trasporto internazionale.

Nel caso, invece, di ingresso in Italia con veicolo vuoto, a seguito di un trasporto internazionale che coinvolge almeno due Stati membri diversi dall’Italia, il cabotaggio è invece ammesso a condizione che:

  • il trasportatore effettui in Italia una sola operazione di cabotaggio, entro 3 giorni dall’ingresso del veicolo vuoto nel nostro territorio;
  • tale operazione di cabotaggio, inoltre, sia effettuata nel rispetto dell’ulteriore termine complessivo di 7 giorni dallo scarico totale delle merci eseguito in altro Stato membro nell’ambito del suddetto trasporto internazionale.

In ordine al cabotaggio stradale di persone, l’articolo 15, Regolamento(CE) 1073/2009, stabilisce che i trasporti di cabotaggio sono ammessi per:

  • i servizi regolari specializzati, purché siano contemplati da un contratto stipulato tra l’organizzatore e il vettore;
  • i servizi occasionali;
  • i servizi regolari eseguiti da un vettore non residente nello Stato membro ospitante durante un servizio regolare internazionale, ad eccezione dei servizi di trasporto che soddisfano le esigenze di un centro o di un agglomerato urbano o quelle del trasporto fra detto centro o agglomerato e le periferie. I trasporti di cabotaggio non possono essere eseguiti indipendentemente da questo servizio internazionale.

La circolare n. 1/2017 puntualizza comunque che, laddove sia accertato che il vettore operi in violazione della regolamentazione comunitaria relativa al cabotaggio di merci o di persone, e quindi il cabotaggio sia irregolare, trova comunque applicazione la disciplina sul distacco transnazionale, relativamente ai lavoratori interessati.

 

Le ipotesi diverse dal cabotaggio

L’articolo 1, comma 4, prevede però che il decreto si applichi “anche” alle ipotesi di cabotaggio nel settore del trasporto su strada. Esistono allora altre ipotesi cui si applica il D.Lgs. 136/2016, nel settore del trasporto su strada.

La circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro n. 1/2017 le individua, al momento, nei soli casi di somministrazione transnazionale di autisti da parte di agenzie di lavoro temporaneo di altro Stato membro presso un’azienda utilizzatrice italiana, ex articolo 1, comma 2, D.Lgs. 136/2016.

Certamente, quindi, per il settore del trasporto su strada, di merci o di passeggeri, il D.Lgs. 136/2016 sia applica:

  • alla somministrazione transnazionale di autisti da parte di agenzie di lavoro temporaneo di altro Stato membro presso un’azienda utilizzatrice italiana;
  • all’impiego di lavoratori per l’effettuazione di operazioni di cabotaggio merci o persone, ai sensi del Regolamento (CE) 1072/2009 o del Regolamento (CE) 1073/2009.

La circolare esclude dal campo di applicazione, invece, i servizi di trasporto internazionale su strada che comportano il mero transito su territorio italiano, ovvero il semplice attraversamento che non dia luogo ad attività di carico/scarico merci o imbarco/sbarco passeggeri. Tali fattispecie non configurano ipotesi di distacco transnazionale e, quindi, non comportano l’applicazione del D.Lgs. 136/2016 e dei relativi obblighi, mancando il presupposto della prestazione transnazionale di servizi in favore di un soggetto destinatario operante in territorio italiano.

Inoltre, nelle more di un chiarimento a livello europeo (lasciando quindi aperto l’interrogativo circa l’applicabilità dell’intera disciplina), l’Ispettorato considera non esigibile l’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 10 (comunicazione preventiva di distacco) in tutte le ipotesi di trasporto la cui origine o destinazione sia l’Italia ed esse non costituiscano operazioni di cabotaggio o non comportino somministrazione transnazionale di manodopera. Insomma, quanto meno la comunicazione preventiva di distacco non è dovuta nelle ipotesi in cui l’Italia sia destinazione o origine di un trasporto internazionale.

È comunque questa l’ipotesi di più complicata definizione. In tal caso il lavoratore mobile, nell’ambito di uno stesso trasporto internazionale, opera per periodi brevi in un Paese membro diverso da quello di provenienza, effettivamente in presenza di un servizio transnazionale (quanto meno per il trasporto merci).

Trattandosi di periodi generalmente molto brevi, e non potendosi giustificare l’imposizione di oneri che limiterebbero la libera circolazione di servizi, l’Ispettorato nazionale del lavoro si è espresso con una valutazione impostata a cautela, ritenendo che sia necessaria la definizione di criteri univoci a livello comunitario e un chiarimento delle autorità europee.

Pur non risolvendo i dubbi circa l’applicazione dell’intera disciplina sul distacco transnazionale, si è ritenuto non applicabile l’articolo 10, D.Lgs. 136/2016, inerente all’obbligo di comunicazione preventiva, in tutte le operazioni di trasporto la cui origine o destinazione sia l’Italia che non costituiscano operazioni di cabotaggio o non comportino somministrazione transnazionale di manodopera.

L’orientamento italiano non trova tuttavia corrispondenza, per esempio, nelle scelte attuative della disciplina comunitaria operata dalla Francia, che con l’adozione della c.d. legge Macron (n. 2016-418 del 7 aprile 2016) ha di fatto compreso nelle ipotesi di distacco transnazionale anche le operazioni di trasporto internazionale in cui il territorio francese sia luogo di carico o scarico marci o passeggeri, conto terzi, operate con lavoratori dipendenti.

Le disposizioni francesi operano dal 1° luglio 2016 e comprendono nel proprio campo di applicazione le ipotesi in cui il lavoratore sia somministrato presso un’impresa utilizzatrice francese e le ipotesi di cabotaggio. Sono però comprese anche le operazioni di trasporto internazionale con arrivo o partenza in Francia, restando escluse soltanto le operazioni di mero transito senza carico o scarico.

Il datore di lavoro deve redigere un attestato di distacco, con validità massima di 6 mesi, che può essere relativo anche a una pluralità di distacchi. L’attestato è conservato a bordo del veicolo e presentato in occasione dei controlli, mentre un’ulteriore copia è conservata dal datore di lavoro.

A bordo del veicolo dovrà risultare disponibile anche una copia del contratto di lavoro. A richiesta dovrà essere esibito il formulario A1. Dovrà ovviamente anche essere garantita l’erogazione di un salario minimo non inferiore a quello spettante in Francia (9,61 euro orari). Deve inoltre anche essere designato un rappresentante del datore di lavoro in Francia, che possa svolgere le funzioni di collegamento con i servizi di controllo francesi.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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