24 Maggio 2017

Geolocalizzazione dei veicoli aziendali alla luce delle indicazioni dell’INL e del Garante

di Rossella Schiavone

Premessa

La geolocalizzazione dei veicoli aziendali è ormai molto diffusa e l’argomento è tanto sentito da aver portato, recentemente, dopo la modifica dell’articolo 4, L. 300/1970, ad opera del Jobs Act, all’intervento in materia dell’Ispettorato nazionale del lavoro e del Garante per la protezione dei dati personali.

Poiché gli adempimenti obbligatori per l’installazione di tali sistemi a carico dei datori di lavoro – sia nel rispetto dello Statuto dei Lavoratori che, soprattutto, del Codice privacy – sono diversi e il mancato rispetto degli stessi comporta sanzioni molto elevate che finiscono per incidere notevolmente sul bilancio aziendale, appare opportuno analizzarli nel dettaglio.

 

La modifica dell’articolo 4 dello Statuto

Prima dell’entrata in vigore del Jobs Act non vi era alcun dubbio sul fatto che l’installazione di sistemi di geolocalizzazione su veicoli aziendali rientrasse nel campo di applicazione del vecchio articolo 4, comma 2, L. 300/1970.

Infatti si riteneva che tali sistemi fossero in linea di massima giustificati da esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro, per cui era ammessa la loro installazione previo esperimento della procedura stabilita dal Legislatore (accordo con la Rsa/Rsu o, in difetto, autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro).

Inoltre, in merito, il Garante per la privacy, con provvedimento generale sui “Sistemi di localizzazione dei veicoli nell’ambito del rapporto di lavoro” del 4 ottobre 2011, aveva già chiarito che tali sistemi sono leciti perché finalizzati a soddisfare le citate esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma, poiché i dati relativi all’ubicazione dei veicoli, in quanto direttamente o indirettamente associati ai lavoratori, costituiscono anche informazioni personali riferibili a questi ultimi, occorre che il trattamento di tali informazioni sia effettuato nel rispetto della disciplina contenuta nel Codice privacy e dell’articolo 4, L. 300/1970.

Quanto sopra è stato confermato anche nel caso in cui i dati di localizzazione del veicolo non siano associati immediatamente dal sistema informativo al nominativo dei lavoratori interessati, atteso che il datore di lavoro, titolare del trattamento, è di regola in condizione di risalire in ogni momento al lavoratore di volta in volta assegnatario di ciascun veicolo.

La disciplina di protezione dei dati personali non trova, invece, applicazione qualora le informazioni concernenti la gestione del parco automezzi (quali quelle relative al consumo di carburante e commisurazione delle distanze percorse dai singoli veicoli, utilizzate di regola al fine di programmare un’efficiente manutenzione) siano trattate senza poter essere in alcun modo ricondotte ai lavoratori.

Il nuovo comma 2, articolo 4, L. 300/1970, a seguito della modifica intervenuta ad opera del D.Lgs. 151/2015, stabilisce che non necessita l’accordo sindacale né l’autorizzazione ministeriale per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa né per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.

A questo punto è diventato essenziale stabilire se i GPS rientrino, o meno, tra gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa in quanto:

  • nel primo caso non necessiterebbero di accordo/autorizzazione;
  • nel secondo caso occorrerebbe rispettare la procedura di cui all’attuale articolo 4, comma 1, St.Lav., ovvero cercare l’accordo sindacale e, in mancanza di Rsa/Rsu o in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, richiedere l’autorizzazione all’Ispettorato territoriale del lavoro (già DTL) o, in caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, alla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

 

GPS strumento di lavoro?

La questione ha destato subito preoccupazione.

Intanto il Ministro del lavoro, con comunicato stampa del 18 giugno 2015, ha specificato che l’espressione “per rendere la prestazione lavorativa” comporta che l’accordo o l’autorizzazione non serve se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che “serve” al lavoratore per adempiere la prestazione.

Per il Ministro ciò significa che, nel momento in cui tale strumento venga modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione e, da strumento che “serve” al lavoratore per rendere la prestazione, il pc, il tablet o il cellulare diventano strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione.

Sulla scorta di ciò, la maggior parte delle DTL, ritenendo che i GPS non fossero strumenti che servivano al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, hanno continuato a richiedere il rispetto della procedura di cui al più volte citato articolo 4, comma 1.

Tuttavia, con nota n. 5689/2016, la DIL di Milano ha ritenuto che, nel caso in cui un lavoratore dell’autotrasporto guidi il veicolo aziendale dotato di GPS per esigenze assicurative e/o produttive e/o di sicurezza, e il GPS tracci gli spostamenti del lavoratore, lo strumento impiantato sul veicolo rientra nel nuovo articolo 4, comma 2, L. 300/1970, ovvero l’automezzo e il GPS servono entrambi, inscindibilmente e unitariamente, al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, quindi sono da intendersi strumento di lavoro nella loro unicità.

Conseguenza di tale indirizzo interpretativo era che, nel caso di specie, non necessitava alcun accordo sindacale preventivo o autorizzazione della DTL.

Finalmente, in data 7 novembre 2016, l’Ispettorato nazionale del lavoro, con circolare n. 2/2016, ha fornito i tanto attesi indirizzi interpretativi, ritenendo che, in linea di massima e in termini generali, i sistemi di geolocalizzazione rappresentino un elemento “aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa, ma per rispondere a esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro.

Solo in casi del tutto particolari – qualora i sistemi di localizzazione siano installati per consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa (e cioè la stessa non possa essere resa senza ricorrere all’uso di tali strumenti) ovvero l’installazione sia richiesta da specifiche normative di carattere legislativo o regolamentare (ad esempio uso dei sistemi GPS per il trasporto di portavalori superiore a 1.500.000 euro, etc.) – gli stessi finiscono per “trasformarsi” in veri e propri strumenti di lavoro e, pertanto, si può prescindere, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, L. 300/1970, sia dall’intervento della contrattazione collettiva che dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsti dalla legge.

In definitiva, eccetto che in casi del tutto particolari, l’installazione di sistemi di geolocalizzazione sui mezzi aziendali necessita di previo accordo sindacale o autorizzazione ministeriale.

 

Il recente intervento del Garante

In data 16 marzo 2017 il Garante, con provvedimento n. 138, ha risposto a una richiesta di verifica preliminare relativa a un sistema di localizzazione satellitare da installare su alcuni veicoli aziendali di una società che permette di:

  • gestire il tempestivo intervento degli operatori in caso di guasti alla rete o agli impianti del servizio idrico integrato;
  • garantire la sicurezza dei lavoratori con particolare attenzione ai lavoratori c.d. “in solitudine”;
  • gestire i rapporti contrattuali con l’utenza;
  • impartire disposizioni logistiche e scambiare comunicazioni col personale conducente dei veicoli in caso di urgenze o sopravvenienze;
  • provvedere agli adempimenti correlati al rapporto di lavoro (compilazione del rapporto di guida, commisurazione del tempo di lavoro);
  • verificare la congruità e l’efficacia del sistema di distribuzione dei carichi di lavoro;
  • verificare il rispetto delle prescrizioni normative di marcia su strada pubblica alla luce di eventuali sanzioni amministrative;
  • tutelare il patrimonio aziendale;
  • rilevare l’esatta ubicazione degli automezzi in caso di incidente stradale e in caso di furto;
  • ricostruire la dinamica di eventuali sinistri.

In tale occasione il Garante ha confermato che gli scopi perseguiti con l’installazione del sistema sono conformi a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, L. 300/1970, e risultano in termini generali leciti, anche alla luce della normativa di settore in materia di controlli a distanza dei dipendenti.

Infatti, confermando di condividere quanto stabilito dalla circolare n. 2/2016 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nel caso di specie, anche per il Garante il sistema di localizzazione dei veicoli non è direttamente preordinato all’esecuzione della prestazione lavorativa, con conseguente applicazione del citato articolo 4, comma 1.

Nell’attestare la liceità del trattamento dei dati in questione è stato, inoltre, prescritto che gli stessi siano trattati dal sistema non continuativamente, bensì con una periodizzazione temporale strettamente aderente ai principi di pertinenza e non eccedenza in relazione alle finalità perseguite.

Per quanto concerne i dati necessari a ricostruire la dinamica di eventuali sinistri occorsi ai veicoli, il trattamento prospettato dalla società, consistente nell’eventuale conservazione dei dati raccolti in un limitato ambito temporale (30 secondi precedenti e successivi all’evento), esclusivamente a seguito del verificarsi di un incidente, è stato ritenuto conforme al principio di pertinenza e non eccedenza.

Inoltre, per il Garante, il trattamento sarebbe lecito anche se prevedesse un breve termine di conservazione, ritenuto necessario in vista dello svolgimento delle attività di ricezione e verifica della denuncia di sinistro da parte degli incaricati della società.

Infine, per il trattamento per finalità di tutela dei diritti in caso di eventuale contestazione di violazione amministrativa con modalità non immediata, la configurazione del sistema in modo tale da consentire la conservazione dei dati raccolti in un arco temporale limitato (anche in questo caso individuato in 30 secondi precedenti e successivi il fatto oggetto del verbale di contestazione), per il periodo di tempo strettamente necessario all’eventuale ricezione della relativa notifica (ossia 90 giorni), in vista dell’esclusiva finalità di documentare eventuali errori dei dispostivi automatici di rilevamento delle infrazioni o comunque di contestare la riconducibilità dell’illecito alla società, è stato ritenuto parimenti conforme al menzionato principio di pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità perseguite.

Infatti, nel provvedimento viene specificato che, anche se l’individuazione del conducente risultante effettivamente alla guida del veicolo aziendale in un dato giorno e nell’orario di servizio sia ricavabile già dalla consultazione dei documenti relativi all’autenticazione effettuata con il badge a bordo del veicolo, l’utilizzo di alcuni dati raccolti con il sistema di localizzazione può contribuire all’eventuale contestazione del verbale, ma sempre a patto che l’accesso ai dati avvenga esclusivamente a seguito della ricezione della notifica della violazione e che i dati vengano automaticamente cancellati o anonimizzati decorso il termine di 90 giorni.

 

I tempi di conservazione

La questione forse più interessante trattata dal Garante con il provvedimento de quo è inerente ai tempi di conservazione dei dati raccolti. In proposito è stato stabilito che, nel caso di specie, la società possa conservare:

  • i dati trattati in caso di sinistri, individuando un breve termine ritenuto necessario per la ricezione e la valutazione della denuncia di sinistro da parte del personale addetto;
  • i dati raccolti dal sistema, in relazione ai trattamenti effettuati per finalità di tutela dei diritti in caso di contestazione di violazione amministrativa con modalità non immediata, per 90 giorni e predisporre meccanismi di cancellazione automatica delle informazioni memorizzate allo scadere del termine previsto;
  • i dati raccolti dal sistema di geolocalizzazione per la gestione degli adempimenti correlati al rapporto di lavoro e, in particolare, per la commisurazione del rapporto di lavoro e per la regolare tenuta del Libro Unico del Lavoro, per 5 anni, con esclusivo riferimento alle informazioni che nello stesso devono essere annotate in base alla disciplina di riferimento.

 

Gli adempimenti previsti dalla legge

Il provvedimento n. 138/2017 del Garante privacy costituisce, altresì, occasione per rammentare quali sono gli adempimenti, a carico dell’azienda, per l’installazione di sistemi di geolocalizzazione ai veicoli aziendali.

Il primo adempimento cui è tenuto il datore di lavoro è la ricerca dell’accordo con la Rsa/Rsu o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse Province della stessa Regione ovvero in più Regioni, tale accordo può essere cercato con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (si rammenta che la ricerca dell’accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale è solo una possibilità a disposizione dell’azienda e non già un obbligo).

In mancanza di accordo (o perché non esiste in azienda la Rsa/Rsu o perché l’accordo, benché cercato, non sia stato raggiunto) occorre presentare una richiesta di autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Si evidenzia che, qualora l’impresa abbia unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, la richiesta di autorizzazione va presentata, obbligatoriamente, alla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Il passo successivo è la nomina degli incaricati del trattamento interni all’azienda, che possono accedere alle informazioni raccolte, nonché la designazione, quali responsabili esterni del trattamento, degli operatori economici che forniscono i servizi di localizzazione del veicolo e di trasmissione della posizione del medesimo, dando loro le istruzioni necessarie su tipologie dei dati da trattare, modalità e tempi di conservazione.

Occorre, poi:

  • fornire ai dipendenti della società, coinvolti dai trattamenti, un’informativa comprensiva di tutti gli elementi contenuti nell’articolo 13, D.Lgs. 196/2003 (tipologia di dati, finalità e modalità del trattamento, compresi i tempi di conservazione), anche in conformità al principio di correttezza in base al quale il titolare è tenuto a rendere chiaramente riconoscibili agli interessati i trattamenti che intende effettuare;
  • adottare le misure di sicurezza previste dagli articoli 31 ss., Codice privacy, al fine di preservare l’integrità dei dati trattati e prevenire l’accesso agli stessi da parte di soggetti non autorizzati.

Dopodiché è obbligatorio effettuare la notifica al Garante prima dell’inizio del trattamento dei dati di geolocalizzazione, ai sensi dell’articolo 37, comma 1, lettera a), D.Lgs. 196/2003.

La notificazione va eseguita unicamente in via telematica, compilando i campi del modello disponibile sul sito internet del Garante, al seguente indirizzo:

https://web.garanteprivacy.it/rgt/NotificaInserimento.php?h_act=U&x=576.8067159925122.

La notificazione al Garante va accompagnata dal pagamento dei diritti di segreteria, il cui importo è fissato in 150 euro.

Il pagamento può essere effettuato utilizzando:

  • conto corrente presso Banca Popolare di Sondrio – Ag. 26 – Roma – CODICE IBAN: IT14 H056 9603 2260 0000 3900 X58 – CODICE SWIFT: POSOIT22;
  • conto corrente presso Poste Italiane S.p.A. – IBAN IT 59 O 07601 03200 000051620359;
  • bollettino di conto corrente postale n. 51620359;

tutti intestati a “Garante per la protezione dei dati personali”, Piazza di Montecitorio, 115/121 (00186 Roma), indicando come causale “diritti di segreteria per notificazione”.

Infine, qualora si vogliano utilizzare i dati lecitamente raccolti per sanzionare disciplinarmente i dipendenti, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 4 St. Lav., occorre predisporre un disciplinare interno in cui indicare in modo chiaro e particolareggiato, l’utilizzo corretto dei veicoli aziendali messi a disposizione dei lavoratori e se, in che misura e con quali modalità verranno effettuati controlli, anche se giustificati da esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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