9 Gennaio 2018

L’irresistibile ascesa della responsabilità solidale 

di Marco Frisoni

Anche nel diritto del lavoro, come nella vita di tutti i giorni, accade di assistere a rapide ascese di taluni istituti normativi, sovente per effetto di scelte ideologiche e/o politiche del Governo in quella fase in carica, salvo poi assistere a repentine discese agli inferi, con tanto di accompagnamento sotto forma di abiura e con innalzamento verso la gloria di un diverso intervento normativo.

Orbene, a ben vedere, scandagliando con attenzione il variegato e mutevole panorama giuslavoristico, si individuano altresì casistiche e fattispecie che, al contrario del percorso altalenante sopra evidenziato, manifestano una progressiva e costante avanzata, talvolta a piccoli passi, verso vette forse inimmaginabili, vuoi per effetto di precise scelte del Legislatore, sia per interventi mirati, ad hoc (o, forse, ad personam) della giurisprudenza chiamata a pronunciarsi su casi concreti.

In particolare, viene a rilievo la vicenda della responsabilità solidale, regolata dal codice civile (articoli 1292 ss.), che ha trovato cittadinanza sempre più diffusa nell’ambito lavoristico, quale strumento di tutela e protezione della parte fisiologicamente debole del rapporto contrattuale, rappresentata, come noto, dal lavoratore.

A titolo esemplificativo, riscontrata una primigenia forma di responsabilità in solido nell’articolo 1676 cod. civ. (diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente), le disposizioni succedutesi nel tempo hanno identificato in tale meccanismo un adeguato sistema di difesa, in special modo del credito retributivo del prestatore di lavoro nel critico contesto della filiera degli appalti, a partire dalla rigorosa L. 1369/1960 e sino a giungere al D.Lgs. 276/2003 (c.d. Legge Biagi).

In buona sostanza, committente e appaltatore (oltre a eventuali subappaltatori) rimangono ammantati da una responsabilità solidale, atteso che, in base all’articolo 29, Legge Biagi, per l’appunto, nei casi di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di 2 anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.

In altre parole, per mezzo della suddetta impostazione normativa, si garantisce, da un lato la tutela creditizia dei lavoratori (anche autonomi) che hanno speso le proprie energie psico-fisiche nell’appalto (o subappalto) del caso e, su un diverso versante, la soddisfazione “pubblicistica” dell’obbligazione previdenziale a beneficio degli enti preposti.

Giova altresì rammentare come il medesimo coacervo dispositivo sia previsto anche per la somministrazione professionale (a termine ovvero a tempo indeterminato) di manodopera, legando pertanto in maniera osmotica, sul piano della responsabilità solidale, l’agenzia per il lavoro e l’utilizzatore.

Quale ultimo sviluppo della vicenda, si deve segnalare la sentenza n. 254/2017 della Corte Costituzionale, che, a seguito di ordinanza del 14 luglio 2016 della Corte d’Appello di Venezia, è stata chiamata a pronunciarsi in ordine alla legittimità dell’articolo 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 (in particolare per contrasto agli articoli 3 e 36, Costituzione), nella parte in cui non prevede la responsabilità solidale nell’alveo del contratto di subfornitura di cui alla L. 192/1998, fattispecie in merito alla quale è sorto nel tempo un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale in cui si sono confrontati orientamenti tesi, da una parte, a ricondurre (in un rapporto di genere/specie) la subfornitura nell’alveo dell’appalto (in tal caso, con pedissequa applicazione della responsabilità solidale) e, dall’altra, a sancirne l’autonomia.

Orbene, il giudice delle leggi, ritenendo infondata la questione d’illegittimità della norma in questione, specifica che, in ogni caso, anche in espressa assenza di specifica norma, appare possibile dare attuazione alla responsabilità solidale anche nel contratto di subfornitura (fra committente e subfornitore) con un’interpretazione costituzionalmente orientata e che valorizzi la ratio sottesa alla disposizione stessa.

L’impressione che traspare dalla pronuncia della Consulta sembra andare nel senso di individuare nella responsabilità solidale uno strumento a valenza generale idoneo a tutelare in maniera incisiva i prestatori di lavoro, soprattutto in quegli ambiti di decentramento produttivo ove l’utilizzo indiretto di lavoro può comportare non poche criticità e rischi in tal senso.

 

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