29 Novembre 2017

Lavoro agile e Inail: le disposizioni dell’Istituto tra assicurabilità e infortuni

di Fabrizio Vazio

La recentissima L. 81/2017 contiene la regolamentazione del lavoro agile. La circolare Inail n. 48/2017 toglie alcuni dubbi in materia, ma l’indennizzo degli infortuni rimane una materia per nulla semplice e foriera di possibile contenzioso.

 

La norma: il principio generale

La L. 81/2017 (“Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”) contiene anche le norme relative al c.d. lavoro agile.

Fin dalla sua uscita, uno dei principali interrogativi è stato quello relativo alla tutela contro gli infortuni sul lavoro.

L’articolo 23, L. 81/2017, prevede che il lavoratore “agile” ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali

Ma nel concreto come sarà gestita la tutela assicurativa?

La circolare Inail n. 48/2017 chiarisce alcuni aspetti, pur lasciando dei dubbi.

Vediamo la norma e le disposizioni dell’Istituto assicuratore.

Il lavoro agile è quella modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Essa è disciplinata da un accordo fra le parti relativo alla modalità di lavoro.

L’accordo è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore.

Come si vedrà, tale accordo ha notevole rilievo ai fini assicurativi, vieppiù quando si tratti di infortuni in itinere.

 

Obbligo, classificazione tariffaria, comunicazioni

L’obbligo assicurativo

L’articolo 23, L. 81/2017, già citato, conferma una tendenza presente in tutta la norma: il lavoratore agile non differisce, quanto a tutela, dagli altri soggetti.

Tale lavoratore sarà quindi assicurato anche qualora usi semplicemente un computer per scopo lavorativo, in quanto ricorre il requisito oggettivo ex articolo 1, T.U. 1124/1965.

La tutela sarà, come si vede, adattata alla nuova categoria di lavoratori con riferimento soprattutto all’indennizzabilità degli infortuni.

 

Come verrà classificata l’attività svolta dal lavoratore “agile”?

Anche prima della circolare Inail n. 48/2017, su questo punto c’erano pochi dubbi.

L’Istituto assicuratore sottolinea che l’analisi della lavorazione eseguita in modalità di lavoro agile non differisce da quella normalmente compiuta in ambito aziendale, ai fini della riconduzione al corretto riferimento classificativo da adottare.

Insomma, se il lavoratore ha come compito il data entry con utilizzo di computer, il fatto che svolga tale attività in ufficio oppure esegua la prestazione in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, oltre a comportare l’obbligo assicurativo, non modifica certo la lavorazione svolta.

Perciò, può dirsi che la classificazione tariffaria della prestazione lavorativa segue quella cui viene ricondotta la medesima lavorazione svolta in azienda.

Nel caso di specie, il lavoratore era assicurato alla voce 0722 e tale rimane; per di più non varierà nemmeno l’imponibile, perché la norma stabilisce espressamente che il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51, D.Lgs. 81/2015, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda.

Va altresì ricordato, pur se la circolare non ne fa menzione, che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile.

 

Ma allora non devo comunicare niente all’Inail?

Salvo il caso in cui l’azienda fosse priva di codice cliente prima di occupare il lavoratore agile, no. È peraltro evidente che, in tale ultimo caso, l’obbligo della presentazione della denuncia di esercizio deriva dall’articolo 12, T.U. 1124/1965, e non è diretta conseguenza della normativa in materia di lavoro agile.

Va comunque notato che l’accordo individuale afferente il singolo lavoratore verrà comunicato al Ministero, che provvederà a girarlo all’Istituto assicuratore. L’Inail quindi potrà monitorare, a fini assicurativi, la nuova figura di lavoro.

 

La sicurezza sul lavoro e il regresso

Benché l’argomento non sia di stretta pertinenza Inail, l’Istituto si sofferma sulla norma (articolo 22) secondo la quale il datore di lavoro deve in primis consegnare al lavoratore stesso e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.

Non meno importante è il precetto secondo il quale il datore di lavoro deve fornire al lavoratore un’adeguata informativa circa il corretto utilizzo delle attrezzature/apparecchiature eventualmente messe a disposizione nello svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile, assicurandosi che detti strumenti siano conformi al Titolo III, D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., nonché alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto. In particolare, appare rilevante l’obbligo di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza con un’adeguata manutenzione.

Vero è che anche il lavoratore è chiamato a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro, al fine di fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali, ma tale previsione è in linea con l’obbligo previsto e dettagliato all’articolo 20, T.U. 81/2008, per ogni lavoratore, di prendersi cura della propria salute e sicurezza.

Non sfugge che, ogniqualvolta gli obblighi di manutenzione incombenti sul datore di lavoro non vengano rispettati e si verifichi un infortunio, l’Inail, ricorrendone i requisiti, potrà attivare l’azione di regresso prevista dagli articoli 10 e 11, T.U. 1124/1965. Ancora una volta, la disciplina prevista per il lavoro agile non differisce da quella generale.

 

Se il soggetto si fa male fuori dai locali aziendali sarà indennizzato?

Per espressa disposizione legislativa, gli infortuni occorsi mentre il lavoratore presta la propria attività lavorativa all’esterno dei locali aziendali e nel luogo prescelto dal lavoratore stesso sono tutelati se causati da un rischio connesso con la prestazione lavorativa.

Se ben si vede, ancora una volta il lavoratore “agile” non è penalizzato rispetto agli altri soggetti tutelati.

Infatti, per ogni infortunio vale il criterio secondo il quale l’evento, avvenuto con causa violenta, è tutelato se il soggetto è assicurabile e si verifica in occasione di lavoro.

Va tenuto conto che l’occasione di lavoro implica l’esposizione a rischio collegabile all’attività lavorativa in modo diretto o indiretto, con la sola esclusione del rischio elettivo.

 

La tutela dell’infortunio in itinere

Qui il problema è delicato.

Va ricordato che l’articolo 12, D.Lgs. 38/2000, prevede fra l’altro che, salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega 2 luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, a esigenze essenziali e improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato.

Non è difficile comprendere che adattare tale norma al caso di un lavoratore che ordinariamente opera fuori dai locali aziendali “senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro” risulta complicato.

Non è strano, perciò, che il Legislatore abbia previsto una diversa regolamentazione.

L’articolo 23, L. 81/2017, prevede infatti che il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza

Analizziamo la questione.

Non è facile stabilire, in concreto, se siano soddisfatti i criteri di legge, che appaiono invero piuttosto indefiniti.

Il punto centrale, come sottolinea la circolare Inail, è certamente l’accordo con il dipendente ovvero l’accordo collettivo aziendale che ha previsto il lavoro agile. Sarà l’analisi di tale documento a far capire, ad esempio, se il lavoratore si stava muovendo per recarsi nel luogo di lavoro, sia pure esterno all’azienda, e se tale luogo era stato scelto, ad esempio, per rendere in modo ottimale la prestazione.

Il problema è che non sempre l’accordo consentirà di verificare se il caso sia indennizzabile.

In tal caso, è necessario che le specifiche circostanze relative anche alla ragionevolezza della scelta afferente il luogo della prestazione siano oggetto di specifica verifica da parte dell’Istituto. Non è difficile che in tali casi gli ispettori Inail possano compiere i necessari accertamenti, avvalendosi, se del caso, anche dei poteri propri degli ufficiali di polizia giudiziaria ad essi spettanti dopo la nascita dell’Ispettorato del lavoro.

Va ribadita, tuttavia, un’indicazione già fornita più volte: la denuncia di infortunio è l’adempimento al quale è tenuto il datore di lavoro nei confronti dell’Inail in caso di infortuni sul lavoro dei lavoratori dipendenti o assimilati soggetti all’obbligo assicurativo, indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per l’indennizzabilità (articolo 53, T.U. 1124/1965).

Qualora, quindi, il datore di lavoro sia in possesso di un certificato medico di infortunio, ma ritenga che l’evento non sia qualificabile come tale (ad esempio per rischio elettivo), deve comunque redigere la denuncia, vieppiù dopo l’avvio dell’obbligo della denuncia di infortuni anche di un solo giorno.

L’Inail ricorda infatti, nella circolare n. 42/2017, che il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione d’infortunio di un solo giorno a fini statistici e informativi, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r), D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 548 a 1.972,80 euro di cui all’articolo 55, comma 5, lettera h), medesimo D.Lgs..

Con riferimento agli infortuni superiori ai 3 giorni, è altresì prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.096 a 4.932 euro, con esclusione, in tale caso, delle sanzioni conseguenti alla violazione dell’articolo 53, D.P.R. 1124/1965 (da un minimo di 1.290 a un massimo di 7.745 euro).

Il delicato, e non ancora del tutto chiarito, intreccio di sanzioni (elevate!) consiglia ancora una volta di non indugiare nel denunciare gli eventi occorsi al lavoratore agile (e agli altri prestatori d’opera!): sarà l’Inail a valutare l’indennizzabilità del caso, fermo restando che il datore di lavoro potrà indicare nella denuncia di infortunio perché ritenga che il caso non sia da ammettere al pagamento.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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