9 Febbraio 2016

Lo statuto dei lavoratori autonomi e lo smart job

di Evangelista Basile

 

Dopo la scorpacciata di norme conseguente all’attuazione del Jobs Act nel corso del 2015 si pensava che la vena del Legislatore “giuslavorista” si fosse esaurita. Invece, neppure il tempo di digerire i tanti decreti legislativi e viene annunciata una nuova legge di iniziativa governativa in materia di lavoro.

Nello specifico, si tratta di un disegno di legge – già approvato dal Consiglio dei Ministri – sul lavoro autonomo non imprenditoriale e sull’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. Non è dato sapere quando le norme entreranno in vigore e se – nell’iter di approvazione – subiranno delle modifiche rispetto alle prime bozze attualmente circolanti; tuttavia, a me pare che il progetto corra spedito e non è dunque escluso che arrivi velocemente a conclusione.

Vediamo in estrema sintesi in cosa consistono queste nuove misure.

Il primo titolo del disegno di legge rappresenta una specie di statuto dei lavoratori autonomi non imprenditori, ai quali il Legislatore intende assegnare tutele minime per limitare lo “strapotere” contrattuale di alcuni committenti. Sul punto, va detto subito che già l’art.2, D.Lgs. n.81/15 – sul riordino dei contratti – contiene una norma di tutela molto importante, quella cioè che attribuisce le stesse protezioni dei lavoratori subordinati ai collaboratori autonomi continuativi la cui prestazione di lavoro è personale ed etero-organizzata dal committente. Quindi, mi pare ovvio che le nuove tutele riguarderanno gli altri collaboratori autonomi, quelli – per così dire – non etero-organizzati.

Alcune misure sembrano tratte dalle norme a tutela dei consumatori (o dei subfornitori) o dalla disciplina da poco abrogata del lavoro a progetto: disposizioni volte a limitare possibili clausole abusive (forma scritta del contratto, tutela dei tempi di pagamento, recesso con preavviso congruo, etc.), disciplina delle invenzioni, indennità di maternità, tutela della gravidanza, malattia, infortunio ed estensione agli autonomi delle norme sulla sicurezza sul lavoro. A queste tutele minime, non particolarmente innovative e incisive (a dire il vero), si aggiungono altre norme più interessanti sulla deducibilità delle spese di formazione e sull’applicazione del rito del lavoro per le controversie che hanno ad oggetto i rapporti di lavoro autonomo. Quest’ultima mi pare una novità molto importante e condivisibile, perché il rito del lavoro è senza dubbio una delle migliori procedure partorite dal nostro codice di procedura civile e i giudici del lavoro – specializzati nella materia del lavoro in generale – hanno senz’altro le competenze professionali per occuparsi con successo anche del lavoro autonomo.

Meno chiara è invece la modifica che il Legislatore intende apportare all’art.409 c.p.c., introducendo in una norma di natura processuale una definizione di coordinamento nel lavoro autonomo, in base alla quale – a quanto capisco – si intende rimarcare che il collaboratore autonomo è genuinamente “coordinato” col committente se “organizza autonomamente la propria attività lavorativa”. La norma rischia di generare problemi di interpretazione e di coordinamento con l’art.2, D.Lgs. n.81/15, potendo assumere – nella materia delle collaborazioni autonome continuative – una valenza di diritto “sostanziale”.

La seconda parte del disegno di legge si occupa del lavoro agile o smart job, ossia di misure volte a favorire l’articolazione flessibile delle modalità di svolgimento del lavoro subordinato. A me pare che il “lavoro agile” – per come è descritto nel disegno di legge – fosse già possibile a legislazione invariata, potendo le parti convenire questa “agilità” in via contrattuale individuale o collettiva. Forse è utile la norma che disciplina la materia degli infortuni e delle malattie professionali, perché – quando il lavoro viene svolto fuori dal “perimetro aziendale” – occorre capire in quali casi l’Inail coprirà l’eventuale sinistro.

Un brivido sulla schiena mi è corso quando – in una della bozze del disegno di legge in commento – ho letto l’estensione del lavoro agile anche al pubblico impiego: non vorrei che in questo ambito – dove le ultime cronache evidenziano livelli di inefficienza imbarazzanti – le prestazioni di lavoro divengano talmente “agili” da svincolarsi da qualsiasi tentativo di verifica e controllo.