26 Maggio 2020

La mutazione del contratto a termine

di Roberto Lucarini

Si può ben dire che il contratto a tempo determinato ha subito, nel corso degli ultimi anni, diverse mutazioni; se non genetiche almeno regolamentari. Senz’altro più di quelle, ormai mediaticamente abusate, effettuate dal maledetto virus in circolazione e dai nostri modi di vivere. Visto che un vaccino anti contratto a tempo determinato non è alle viste, i Governi succedutisi al potere hanno provato almeno a rimodellare il tipo contrattuale secondo le loro idee, meglio ideologie.

Dopo il Jobs Act, coi suoi 36 mesi di durata acausale, ecco il Decreto Dignità (oramai ogni Decreto ha un proprio nome, come le avversità meteo), che ha ridimensionato il tutto a 24 mesi; 12 acausali e i successivi 12 necessitanti di causali per persone che osano sfidare il destino. In tutto questo balletto di norme ecco piombare come un falco sul nostro mercato, oltreché sulla nostra pelle, il COVID-19. E con esso, oltre i rischi sanitari, la certezza di una crisi economica che si ricorderà nel tempo.

Incertezza e indeterminatezza sono le parole chiave per chi fa impresa; una cura, sia pure non risolutiva, si chiama flessibilità. Ecco, dunque, tornare di moda il contratto a termine, adesso, però, intrappolato nelle pastoie normative di quel Decreto che, a dirla tutta, gli ha tolto dignità. Anche chi ha provocato il ridimensionamento del tipo contrattuale, essendo tuttora al potere, non ha potuto fare a meno di capire, bontà sua, che questa forma contrattuale, in emergenza, va liberata. E ci hanno provato, va detto; ma senza coraggio, quindi al minimo sindacale.

Dopo avere ammesso, a mezzo della Legge di conversione del Decreto Cura Italia, proroghe o rinnovi di contratti a termine ad aziende che usufruiscono degli ammortizzatori sociali, disattivando il divieto posto nel Codice dei contratti, si è anche eliminata la necessità dei c.d. periodi di stop and go tra contratti in successione. Il tutto, si ribadisce, per i soli datori di lavoro che usufruiscono delle varie forme di integrazione salariale e per i soli periodi del loro utilizzo.

Col recente Decreto Rilancio (per chi crede che l’effetto rilancio ci sia davvero) si è andati anche oltre, disattivando le causali per proroghe o rinnovi contrattuali, a valere per ogni datore di lavoro, ma solo fino al 30 agosto prossimo. Ciò, tuttavia, si badi bene, solo per quei contratti in essere al 23 febbraio scorso; il perché di questa limitazione può essere spiegato solo da quel genio che l’ha partorita.

In ogni caso, una specie di avviso ai naviganti; in questo momento di crisi vi offriamo questa bella novità, ma non fateci l’abitudine.

Dato il caos normativo imperante, vi assicuro che non è facile nemmeno fare un sunto: i datori che utilizzano gli ammortizzatori sociali, e solo per questo periodo, possono prorogare e rinnovare i contratti a termine senza utilizzare causali, ove la norma le richiederebbe, e possono evitare gli stacchi contrattuali in caso di rinnovi. Gli altri datori, invece, possono prorogare e rinnovare i contratti a termine senza utilizzare causali, ove la norma le richiederebbe, ma solo se tali contratti erano efficaci al 23 febbraio scorso e fino al 30 agosto 2020; però devono rispettare gli stacchi contrattuali in caso di rinnovi. Siccome i suddetti datori di lavoro possono passare da una categoria all’altra, con facilità, ecco fornito un bel rebus.

Con questo giochino, assai pericoloso peraltro, ci divertiremo per un po’, quando sopra le nostre scrivanie arriveranno le richieste per proroghe o rinnovi contrattuali. Ad ognuna, infatti, sarà opportuno fare una bella radiografia (o magari un bel tampone) prima di decidere il da farsi; uscire fuori dai binari, in effetti, non è poi così difficile.

Da sottolineare, infine, la poca chiarezza della norma posta nel D.L. 34/2020, che, seppur di breve dettato, lascia al momento un bel dubbio. Vi è scritto che “è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020”, ma non si dice se con tale scadenza si intenda la durata della proroga o rinnovo, ovvero la data ultima per la stipula di una proroga o rinnovo. Come di consueto, purtroppo, ci si muoverà alla cieca, utilizzando la necessaria prudenza per evitare di combinare pasticci. Meglio, al momento, pensare al 30 agosto come data ultima del periodo di proroga o del rinnovo; se poi, con l’inevitabile circolare, daranno notizie ci adegueremo.

E pensare che, un tempo, la data del 30 agosto poteva coincidere con una bella gita al mare! Mamma mia come siano ridotti.

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Contratti di lavoro temporanei: contratto a termine e somministrazione