6 Aprile 2021

Obblighi vaccinali per il settore socio sanitario

di Luca Vannoni

Con la pubblicazione del D.L. 44/2021 nella G.U. n. 79 del 1° aprile 2021, il Governo ha deciso di affrontare, con l’articolo 4, la questione della vaccinazione COVID-19 nel settore socio-sanitario, fissandone, in primo luogo, l’obbligatorietà e prevedendo una serie di obblighi in capo al datore di lavoro. Come vedremo, rimangono ancora oscuri diversi passaggi, non irrilevanti, della disposizione.

Basti pensare ai destinatari della misura: rientrano nell’obbligo di vaccinazione “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali”, dove è impresa ardua ricostruire chi siano in modo univoco gli “operatori di interesse sanitario” e i confini dei settori “socio-sanitario” e “socio-assistenziale”.

Pur in un contesto così nebuloso, l’articolo 4, comma 1, D.L. 44/2021, specifica che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati: l’obbligo vaccinale può essere disatteso solo per preesistenti problematiche di salute accertate dal medico curante.

Tenuto conto dell’indefinitezza della categoria dei destinatari dell’obbligo, viene previsto un obbligo in capo a ordini professionali e, soprattutto, datori di lavoro, di trasmettere, entro 5 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. 44/2021 (e quindi dal 6 aprile 2021, tenuto conto della festività), l’elenco dei propri dipendenti con tale qualifica, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla Regione o alla Provincia autonoma nel cui territorio operano.

Non solo non è prevista una sanzione amministrativa per la mancata comunicazione, ma addirittura lo stesso adempimento è privo, a livello normativo, di qualunque indicazione operativa (in alcune Regioni sono stati approntati “al volo” dei file excel), tanto che la percezione è che con tale comunicazione si sia voluto creare uno strumento per profilare tali soggetti e capire chi vaccinare e dove.

Ad ogni modo, sulla base di tali dati, l’Asl accerta l’osservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le Autorità competenti, dà immediata comunicazione scritta dell’eventuale inosservanza all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza.

L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’Asl determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

Inoltre, il datore di lavoro, in assenza di vaccinazione, dovrà adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori – contrariamente ad altre disposizioni si prevede che il trattamento economico sarà determinato dalle mansioni esercitate e non da quelle di provenienza – che non implicano rischi di diffusione del contagio.

Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.

Tale sospensione mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

 

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