6 Novembre 2020

Proposte di lettura da parte di un bibliofilo cronico

di Andrea Valiotto

L’elefante di Carlo Magno 

Giuseppe Albertoni

Il Mulino

Prezzo – 16,00

Pagine – 184

Nell’anno 802 giungeva ad Aquisgrana per l’imperatore Carlo Magno un dono davvero fuori dal comune: un elefante, di nome Abul Abbas, che il califfo di Baghdad Harun al-Rashid aveva inviato a seguito della richiesta che lo stesso Carlo Magno gli aveva espressamente fatto qualche anno prima. Ma perché quell’inconsueto desiderio di Carlo? E che significato dare allo scambio di doni fra l’imperatore e il califfo? Quella dell’elefante di Carlo Magno può apparire la storia di una stramberia, l’avventura un po’ triste di un povero animale finito a morire nel freddo clima germanico, ma in realtà tutta la vicenda, se attentamente interrogata, svela molto dei rapporti diplomatici del tempo, della politica del dono, del significato politico che il possesso di un elefante, come attributo di regalità, poteva avere, e anche dell’immagine che allora l’Europa cristiana si faceva del mondo.

 

Segui il tuo demone

Ivano Dionigi

Laterza

Prezzo – 14,00

Pagine – 136

Guardano il cielo stellato ma non si meravigliano, sono angosciati dall’esistenza ma non sono tragici, elaborano ricette ma non redigono nuove tavole della legge, parlano di tutto ma non di noi. I contemporanei non ci sono attuali. Sono i classici i competenti in umanità e i maestri di saggezza: con i loro precetti – obbedire al tempo, seguire il demone, conoscere se stessi, non eccedere, conoscere la natura – ci soccorrono nel rispondere alla domanda di Agostino: «Tu chi sei?». Sono i classici che, liberandoci dalla saturazione e dalle spire del presente, ci ricollegano alla memoria dei trapassati e ci interpellano sulla responsabilità verso i nascituri, rendendoci partecipi di quella grande comunità – res publica maior la chiamava Seneca – che ci precede e ci eccede. Il libro spinge questa riflessione fino ai nostri giorni. Intercetta le domande dei giovani, abitati da una divorante ansia di verità e chiamati a una missione supplementare e difficile: arrivati in un mondo fatto su misura per i loro padri, devono costruirne uno per loro stessi e per i loro figli. Torna così attuale l’invito che Max Weber, echeggiando la saggezza classica, rivolse ai giovani nei giorni segnati dalle macerie della prima guerra mondiale. Alla loro domanda: «Professore, cosa dobbiamo fare?», rispose semplicemente: «Ognuno segua il demone che tiene i fili della sua vita».

 

Morte di una sirena

Thomas Rydhal, A. J. Kazinski

Neri Pozza

Prezzo – 18,00

Pagine – 448

Copenaghen, 1834. Anna lavora in una zona della città dove le botti d’acquavite prendono fuoco per strada, i panettieri vendono pretzel infilati sui bastoni, i marinai ballano tra di loro e i mendicanti e i ladri si aggirano senza sosta. Per provvedere alla Piccola Marie, la figlia di sei anni, riceve fino a tarda ora uomini ubriachi ed eccitati che non le chiedono nemmeno il nome, le strappano i vestiti di dosso e la prendono. Una sera viene condotta a forza in una casa elegante e, davanti a una grande porta spalancata sul mare, qualcuno pone fine alla sua giovane vita. Il suo corpo viene ritrovato nell’immondezzaio della città, il canale dove si raccolgono tutti i rifiuti di Copenaghen. Un corpo bellissimo con gli occhi chiusi, ma con i capelli che, come quelli di una sirena, scintillano di conchiglie.

 

Noi, i sopravvissuti

Tash Aw

Einaudi

Prezzo – 20,00

Pagine – 304

Pochi chilometri separano il minuscolo villaggio dove vive Ah Hock dalle torri scintillanti di Kuala Lumpur. Pochi chilometri e interi universi. Eppure Ah Hock ha creduto al grande sogno malaysiano: nasci senza prospettive, ma con la pazienza e il duro lavoro puoi conquistarti il tuo pezzetto di benessere e forse anche di felicità. Poi un giorno ti trovi di fronte un uomo che ti assomiglia, ma è un diseredato senza diritti che minaccia il tuo sogno. E allora devi scoprire fino a che punto la violenza del mondo di fuori è ormai parte di te. Tash Aw leva un inno affilato a chi nonostante tutto non rinuncia a sopravvivere. Questa è la confessione di un improbabile assassino. Si chiama Ah Hock e anni addietro, in un angolo buio sull’argine di un fiume, ha ucciso un uomo che non conosceva né odiava. Del suo efferato crimine sono note le circostanze materiali – l’identità della vittima, l’arma del delitto, l’entità e le conseguenze della pena – ma per spiegare i meccanismi spietati e inesorabili che hanno finito per armare il suo braccio, trasformando il bravo figlio di una madre sola, amico affidabile e poi marito fedele, in un omicida, non bastano le carte processuali. La storia di Ah Hock è una storia di piccoli passi e grandi speranze in un paese, la Malaysia, dove la lotta per sopravvivere ed emergere deve fare i conti con un tessuto di tremende contraddizioni economiche, razziali e sociali, e dove è facile restare incastrati negli ingranaggi di una modernizzazione a macchia di leopardo. Dal minuscolo villaggio di pescatori sulla costa occidentale in cui è nato, un puntino accanto a Kuala Selangor che nessun navigatore satellitare saprebbe trovare, il ragazzo si trasferisce con la madre su un pezzetto di terra tutto loro, su cui sudare e sognare come fosse l’Eden, perché «il mare era sempre agitato, sempre lí a contorcersi, deformarsi, rotolare via o sopraffarci. Non eravamo mai certi di niente col mare, ma il suolo, il nostro suolo, era solido». Però anche la terra tradisce, e allora è la volta della grande città, le luci di Kuala Lumpur, i mille lavori, la modesta ascesa, fino ad accorgersi che nella catena del potere esercitato e subíto non è piú lui l’ultimo anello. Quel posto ora è occupato da bangladesi, indonesiani, birmani, schiere di immigrati clandestini senza diritti né futuro, masse indistinte di povera carne spendibile, per alcuni, come il suo vecchio amico Keong, nient’altro che «carichi» da far pervenire vivi all’acquirente. Quando un rovescio di fortuna minaccia di fargli perdere tutto, Ah Hock deve decidere da che parte stare. A raccogliere la sua confessione un registratore, e dietro a quello una faccia, una voce, una storia che non potrebbe essere piú diversa da quella di Ah Hock, e tuttavia speculare alla sua. Sono la faccia, la voce e la storia di un’altra Malaysia, quella che vuole capire, ma per farlo guarda giú dai resort in cima alla collina. Una Malaysia colta, ricca, benintenzionata, estrinseca. La Malaysia che prende la parola, anche se non è la sua.

 

Parla, ricordo

Vladimir Nabokov

Adelphi

Prezzo – 13,00

Pagine – 364

«Nabokov amava richiamare alla mente con im­mediatezza frammenti del passato: li voleva lì, da­vanti a lui, tra gli occhi e le mani; e col massimo piacere continuò a compiere questo gesto per tut­ta la vita, fino a quando essa non fu che ripetizio­ne, memoria che ingoiava e moltiplicava memo­ria. Non aveva senso storico: non amava il tempo; e non volle mai disegnare sé stesso come una per­sona che nasce, cresce, matura, diventa un pezzo di storia. Lui non era mai cresciuto. Aveva troppo rispetto per le proprie origini: quel grumo di sen­sazioni e di inclinazioni che lo avevano reso felice nell’infanzia. Voleva restare un vecchissimo ragaz­zo non cresciuto, “ardente e impennacchiato co­me il fuoco degli uccelli nel bosco rotante del mondo”».