2 Agosto 2018

Il requisito della residenza all’estero ai fini dell’agevolazione per i lavoratori impatriati

di Cristian Valsiglio

L’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 51/E/2018, afferma che il beneficio previsto dall’articolo 16, comma 2, D.Lgs. 147/2015, per i lavoratori impatriati, è ammesso laddove il contribuente agevolabile abbia mantenuto la residenza all’estero per almeno 2 periodi d’imposta precedenti al trasferimento in Italia.

Nel quesito l’istante, cittadino italiano, chiede chiarimenti in ordine all’applicabilità al suo caso concreto e personale del regime speciale per i lavoratori impatriati, di cui all’articolo 16, comma 2, D.Lgs. 147/2015.

Come si ricorderà, l’articolo 16, D.Lgs. 147/2015, ha introdotto un particolare regime agevolativo in favore dei c.d. lavoratori impatriati, in base al quale, a decorrere dall’anno d’imposta 2016, verificandosi le condizioni richieste dalla medesima disposizione, il reddito prodotto in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente all’80% o al 70% del suo ammontare per l’anno di imposta 2016 (a seconda se trattasi di lavoratrice o lavoratore) e, a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 150, lettera a), n. 2, L. 232/2016, al 50% del suo ammontare a partire dall’anno d’imposta 2017.

L’agevolazione prevista dall’articolo 16, D.Lgs. 147/2015, è applicabile a decorrere dal periodo d’imposta in cui il soggetto trasferisce la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, Tuir, e per i 4 periodi d’imposta successivi, ove ricorrano i requisiti e le condizioni previsti, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 dell’articolo 16, D.Lgs. 147/2015.

Mentre il comma 1 dell’articolo 16, D.Lgs. 147/2015, prevede che possano beneficiare dell’agevolazione i soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2, Tuir, ove ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • non essere stati residenti in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento;
  • svolgere l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
  • prestare l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;
  • rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;

il comma 2 della medesima norma consente l’agevolazione laddove il contribuente agevolabile possegga i seguenti requisiti:

  • essere in possesso di un titolo di laurea;
  • aver svolto continuativamente un’attività di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
  • essere cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale;
  • svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia.

Proprio relativamente a queste ultime condizioni interviene l’Agenzia delle entrate, precisando che, pur nel silenzio della norma, per fruire del beneficio fiscale in parola il contribuente, per i 2 periodi d’imposta antecedenti a quello in cui si rende applicabile l’agevolazione, non deve essere stato iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e non deve avere avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale, circostanze, queste ultime, che richiedono verifiche di fatto non esperibili in questa sede.

A distanza di anni la predetta agevolazione non trova pace interpretativa, richiedendo una copiosa letteratura di circolari e interpelli.

 

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