14 Aprile 2020

Riders: mascherine e guanti in via d’urgenza dal Tribunale di Firenze

di Evangelista Basile

Con decreto del 1° aprile 2020 il Tribunale di Firenze ha accolto, inaudita altera parte, il ricorso in via d’urgenza promosso da un rider, col quale questi chiedeva che gli venissero messi a disposizione – a cura (e onere) della società committente – i dispositivi individuali di protezione contro il rischio COVID-19.

La stessa società committente, infatti, pare che avesse consigliato ai riders – ai fini dello svolgimento degli incarichi affidati – di utilizzare guanti, gel igienizzati, mascherine e prodotti di pulizia dello zaino. Secondo la società committente, però, spettava ai riders munirsi dei predetti articoli, trattandosi di collaboratori autonomi (c.d. co.co.co.).

Di diverso avviso il giudice del lavoro del capoluogo toscano, secondo cui, invece, è compito dell’azienda committente reperire e distribuire ai propri riders tutti i dispositivi individuali di protezione.

Per il magistrato del lavoro, considerato che la prestazione è gestita tramite una piattaforma digitale, i rapporti di collaborazione in esame devono essere ricondotti nell’àmbito di applicazione dell’articolo 2, D.Lgs. 81/2015, che regola le collaborazioni coordinate e continuative c.d. etero-organizzate ed estende – in base alla norma citata e anche secondo la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione – le tutele del rapporto di lavoro subordinato anche a tali collaboratori.

In particolare, nel rispetto del disposto di cui all’articolo 47-septies, D.Lgs. 81/2015 – secondo cui “Il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81” – il giudice fiorentino ha esteso al rider le norme in materia di sicurezza sul lavoro dei lavoratori subordinati, ritenendo applicabile, nel caso specifico, l’articolo 71, T.U. sicurezza, che impone al datore di lavoro (e non al committente) di mettere a disposizione dei dipendenti attrezzature idonee a tutelare la loro salute e sicurezza.

In sintesi, sulla base del combinato disposto degli articoli 2 e 47-septies, D.Lgs. 81/2015, il Tribunale di Firenze – sezione lavoro – ha ritenuto di imporre anche ai committenti gli obblighi che normalmente l’articolo 71, D.Lgs. 81/2008, impone ai soli datori di lavoro nei confronti dei lavoratori subordinati.

Se da una prima analisi la decisione del magistrato fiorentino appare condivisibile, la stessa ci rammenta ancora una volta il problema – non risolto dal Legislatore – connesso all’àmbito delle tutele del lavoro dipendente applicabili (o non applicabili) anche ai collaboratori etero-organizzati. Oltretutto, proprio in riferimento alle disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro, il problema si pone in modo ancor più manifesto, atteso che alcune di esse contemplano sanzioni di natura penale. La stessa Corte di Cassazione, nella pronuncia richiamata dal Tribunale di Firenze, pur precisando che esistono fattispecie in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione è ontologicamente incompatibile con la collaborazione da regolare, non ha individuato entro quali limiti i collaboratori possono essere parificati ai lavoratori subordinati.

E lasciare alla discrezionalità del singolo giudice la decisione attinente a quali norme possono trovare applicazione al caso concreto determina una pericolosa aleatorietà nell’esercizio del potere giudiziale, che si rivela ancor più inaccettabile (e forse incostituzionale, in ragione dell’articolo 25, comma 2, Cost.) con riferimento alle norme che contemplano sanzioni di natura penale.

Da ultimo, vale la pena sottolineare un aspetto processuale curioso e innovativo. Il giudice del lavoro fiorentino, stante le disposizioni adottate dal Governo per la gestione dei processi in questo periodo di emergenza sanitaria COVID-19, ha previsto che il procedimento cautelare si svolga con un mero scambio di memorie scritte, senza la necessità della presenza personale delle parti (almeno nella prima fase).

Ci si chiede se una simile modalità possa essere in futuro estesa anche quando (speriamo il prima possibile) il sistema giustizia tornerà alla sua normale operatività, soprattutto in quei casi in cui la comparizione personale delle parti e dei loro procuratori nell’aula giudiziaria si dimostra davvero superflua (si pensi alle mere udienze di rinvio o di precisazione delle conclusioni), con conseguenti vantaggi economici e di tempo per tutte le parti coinvolte nel processo (giudici, cancellieri, privati e avvocati).

In altri termini, potrebbe il momento storico più difficile degli ultimi decenni diventare un’importante occasione per mettere in discussione e rivedere la nostra – ormai radicata – idea di organizzazione della giustizia e delle sue modalità di svolgimento?

Sarebbe a mio avviso utile che, all’indomani della tragica esperienza che stiamo vivendo, il nostro Paese facesse tesoro delle soluzioni tecnologiche positive che la fase emergenziale ci ha costretto ad accelerare e sperimentare con successo.

 

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