25 Gennaio 2017

Rinnovo del Ccnl Metalmeccanici industria

di Francesca Bravi

L’accordo di rinnovo

Il giorno 26 novembre dello scorso 2016, tra Federmeccanica, Assistal e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, si è stipulata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del Ccnl per l’industria metalmeccanica e dell’installazione di impianti, per il quadriennio che comprende gli anni 2016-2017-2018-2019. Durata quindi quadriennale e non triennale, come previsto dall’accordo quadro Riforma degli Assetti Contrattuali del 2009.

Le organizzazioni sindacali, al fine di dare piena e completa efficacia all’accordo, hanno previsto una consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori interessati, attraverso assemblee e un voto segreto, che si è tenuto nei giorni 19-20-21 dicembre 2016. Passo importante già da principio, in quanto l’ipotesi di accordo prevedeva la validazione dell’intesa esclusivamente a patto che la maggioranza semplice delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti si esprimesse a favore. La sottoscrizione formale dell’accordo sarebbe avvenuta solo in caso di esito positivo di detto referendum.

Questo lo scenario che ci si è parato davanti dopo oltre un anno di trattative, assemblee, manifestazioni e ben 20 ore di sciopero: oltre 3.000 i lavoratori che hanno partecipato al primo referendum con voto vincolante, più di 3/4 di loro hanno espresso voto favorevole.

Ad oggi, pertanto, il Ccnl Metalmeccanici industria risulta rinnovato e applicabile, con scadenza al 31 dicembre 2019.

La ventata di novità che esso porta nel mondo dell’industry 4.0, in cui si va a inserire il settore, merita sicuramente un approfondimento mirato.

La situazione in cui è maturato l’accordo, nell’anno successivo alla scadenza del precedente (31 dicembre 2015), è quella di completa crisi del mercato e delle aziende, con conseguente necessità di ristrutturazione del settore. Caratteristiche figlie dei problemi strutturali dell’economia e dell’industria italiana e non, in genere. Crisi che non ha consentito negli ultimi anni alle imprese di crearsi una visione strategica per il rilancio sul mercato, in quanto le operazioni difensive al fine conservativo sono prevalse, soprattutto nell’ottica di una riduzione del costo del lavoro. È ancora troppo presto perché si riesca ad avere una visione chiara di ciò che i recenti provvedimenti legislativi sul mercato del lavoro porteranno nel mondo giuslavoristico. Tutto ciò a fare da cornice ai sempre nuovi scenari di competitività che si presentano giornalmente in questo settore di mercato.

Questa l’impalcatura su cui l’accordo è andato man mano delineandosi e plasmandosi, su cui si basa quello che qualcuno ha definito compromesso, e per forza di cose così deve essere, in quanto ogni contratto, per definizione, è tale, sostanziandosi come incontro tra due parti.

 

Le novità introdotte

Ma entriamo nel merito delle importanti modifiche apportate. E l’attenzione, oltre che sui contenuti concreti che verranno in seguito analizzati, va riportata anche sui meccanismi di rinnovo utilizzati.

Viene posto l’accento su un aumento retributivo erogato in maniera nuova e differente rispetto al passato, che tiene in considerazione fedelmente e con certezza il peso dell’inflazione.

Aumento che inoltre viene concesso attraverso meccanismi parzialmente slegati dalla retribuzione diretta, dal mero aumento retributivo, il quale comunque non manca. La parte sostanziale di tale crescita viene concessa attraverso il welfare aziendale, al fine di ridurre al minimo il costo dell’impresa con massima resa per il reddito dei lavoratori.

I temi toccati dal rinnovo sono molteplici, partendo dalla retribuzione, per passare al welfare aziendale, con l’assistenza sanitaria integrativa, i flexible benefits e la previdenza complementare, per poi arrivare alla formazione e al diritto allo studio, senza dimenticare l’inquadramento professionale, l’orario di lavoro e i congedi parentali.

 

Parte economica/retributiva

Uno degli argomenti critici discusso nel periodo di trattative è stato l’aumento retributivo che era stato riconosciuto, dal precedente Ccnl, calcolato sull’inflazione previsionale. Il reale tasso di inflazione calcolato a consuntivo si era rivelato poi, infatti, in termini deflativi, generando così una sorta di debito in capo ai lavoratori ai quali l’aumento previsionale era stato concesso per intero. Per far fronte a tale problematica, a copertura di detto differenziale, la scelta per questo nuovo CCNL è stata quella di non concedere aumenti per il primo anno del rinnovo, il 2016.

Pertanto i livelli retributivi da cui si partirà saranno quelli in essere dal 1° gennaio 2015, così come risultanti dalla tabella sottostante.

Categorie Livelli retributivi
1 1.297,81
2 1.432,58
3 1.588,63
3 Super 1.622.96
4 1.657,28
5 1.774,89
5 Super 1.902,42
6 2.040,98
7 2.278,56
8 Quadro 2.333,17

 

In via sperimentale, per la vigenza del Ccnl, viene introdotta una nuova, se vogliamo avanguardistica, modalità di calcolo dei minimi contrattuali a far data dal 2017 e per i due anni successivi, 2018 e 2019, che terrà conto dell’inflazione ex post e non più ex ante, evitando così ogni eventuale scostamento tra previsionale e reale.

Per evitare le problematiche che si erano presentate nel corso di vigenza del precedente contratto, i minimi contrattuali e i relativi aumenti verranno infatti stabiliti a consuntivo; o, meglio, saranno adeguati sulla base della dinamica inflativa consuntivata misurata con l’Ipca al netto degli energetici importati, così come fornita dall’Istat, applicata appunto ai minimi stessi.

Nel mese di maggio di ogni anno di vigenza del contratto, le parti si incontreranno per calcolare, con il suddetto procedimento, gli incrementi retributivi. Per la prima annualità, nel mese di giugno 2017, il tasso che verrà preso a riferimento sarà quello medio di variazione dell’anno 2016 sul 2015.

Gli aumenti dei livelli minimi, a decorrere dal 1° gennaio 2017, assorbono gli aumenti individuali eventualmente riconosciuti successivamente a tale data, salvo che espressamente concessi con clausola di non assorbibilità, nonché gli incrementi fissi collettivi della retribuzione laddove concordati in sede aziendale successivamente alla medesima data, ad esclusione però degli importi connessi alle modalità di effettuazione della prestazione lavorativa.

Essenzialmente quindi sono esclusi da tale ragionamento, a titolo di esempio, le indennità e maggiorazioni per straordinario, turni, lavoro notturno e festivo.

Vedremo pertanto il primo aumento retributivo a giugno di quest’anno.

È stato calcolato inoltre un importo una tantum a titolo forfetario, pari a 80 euro lordi, che verrà erogato con le retribuzioni relative al mese di marzo 2017. Esso si intende già comprensivo di tutti i riflessi sugli istituti diretti e indiretti, di origine legale e contrattuale, e quindi non avrà alcuna ulteriore influenza su di essi. Viene ulteriormente precisato, poi, che è escluso dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto.

 

Welfare: flexible benefits

Altro aspetto di profondo rinnovamento è costituito dall’inserimento nell’accordo dei c.d. flexible benefits, elementi alternativi di retribuzione già da tempo utilizzati nel resto del mondo, che determinano un risparmio fiscale per l’impresa con massima resa per il dipendente (il c.d. carrello della spesa di cui si sente parlare ormai dalla Legge di Stabilità dello scorso anno).

Entra così a gamba tesa nel Ccnl il welfare, attraverso erogazione di beni e servizi adattabili alle esigenze dei lavoratori. A puro titolo di esempio possiamo pensare ai buoni spesa, buoni carburante, buoni asili nido e istruzione dei figli, etc..

A decorrere dal 1° giugno 2017 verranno attivati dalle aziende, a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti, dei piani di flexible benefits per un costo massimo di 100 euro, che diventerà pari a 150 euro dal 1° giugno 2018 e 200 euro dal 1° giugno 2019.

Parliamo quindi di una quota totale di aumenti defiscalizzati pari a 450 euro. L’esigenza di inserire nel contratto tale aspetto si sente ormai da un po’ di tempo almeno nelle grandi aziende; in tal modo si permette a tutte le imprese di poterne più agilmente fruire.

Al fine di poter beneficiare della detassazione vengono toccati anche i premi di risultato, i quali dovranno avere caratteristiche di non determinabilità a priori. Saranno completamente variabili in funzione dei risultati conseguiti, secondo i criteri e le modalità aziendalmente definiti dalle parti.

 

Welfare: previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa

Veniamo ora a previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa, aspetti la cui importanza viene sicuramente evidenziata ampiamente nell’accordo.

In tema di previdenza complementare, con pagamento minimo a carico del dipendente di una contribuzione aggiuntiva al Fondo Cometa pari all’1,20%, l’azienda sarà tenuta al versamento di un contributo, per detto dipendente, del 2% del minimo contrattuale.

Aumenta pertanto la percentuale minima del contributo obbligatorio a carico dell’azienda in caso di scelta del dipendente in merito al versamento di una contribuzione aggiuntiva, oltre al versamento del trattamento di fine rapporto al Fondo contrattuale. La decorrenza di detta variazione è il 1° giugno del 2017.

Viene inoltre ulteriormente sottolineata l’essenzialità della previdenza complementare, prevedendo la consegna, una volta all’anno, da parte delle aziende, di un’informativa riguardante i vantaggi derivanti dall’iscrizione al Fondo Cometa, e verranno comunque promosse iniziative congiunte al fine di sensibilizzare i lavoratori sull’importanza della previdenza complementare.

Anche nel Ccnl dei Metalmeccanici, un po’ in ritardo rispetto ad altri contratti collettivi, arriva poi l’assistenza sanitaria integrativa obbligatoria. Ricordiamo che aveva già fatto il suo ingresso negli scorsi anni, ma in forma facoltativa.

Dal 1° ottobre del 2017, invece, i dipendenti in forza alla medesima data saranno iscritti al Fondo MètaSalute, fatta salva la facoltà di esercitare rinuncia scritta.

Hanno diritto all’iscrizione a tale Fondo i lavoratori non in prova, assunti a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che parziale, gli apprendisti, i dipendenti con contratto a tempo determinato non inferiore a 5 mesi, i lavoratori in aspettativa per malattia, i sospesi in Cig e, per massimo 12 mesi, i cessati a seguito di procedure di licenziamento collettivo. La contribuzione sarà a completo carico dell’azienda e prevederà un versamento mensile di 13 euro, pari a 156 euro annui. Essa, inoltre, prevede una tutela aggiuntiva per i familiari fiscalmente a carico dei lavoratori iscritti, compresi i conviventi di fatto, senza aggravi di costo. È inoltre possibile l’iscrivibilità, ovviamente a proprio carico, per i familiari non fiscalmente a carico appartenenti al nucleo familiare.

L’accordo inoltre precisa che, in caso di presenza di altre forme di sanità integrativa già riconosciute dal datore di lavoro unilateralmente o comunque per effetto di accordi collettivi, a far data dal 1° ottobre di quest’anno, dovranno essere armonizzati gli importi minimi fino al raggiungimento di 156 euro, così come per il Fondo assistenziale contrattuale. Viene inoltre indicato che questo limite economico rappresenterà l’unico parametro di riferimento per il confronto con altre forme di assistenza sanitaria integrativa.

 

Sommando tutte le novità sopra analizzate, pertanto sia gli adeguamenti retributivi previsionali che i benefici concessi tramite previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa e flexible benefits, l’aumento medio mensile complessivo si aggira intorno ai 92 euro pro-capite.

 

Formazione continua e diritto allo studio

Non è però tutto qui. Le parti, riconoscendo la necessità di recuperare il gap che si è andato generando negli anni sulle competenze digitali in connessione con l’innovazione tecnologica e organizzativa del processo produttivo, hanno deciso di introdurre un investimento strategico sulla formazione continua. Finalmente si apre uno spiraglio sul potere della formazione per lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze professionali dei lavoratori.

Dal 1° gennaio di quest’anno le aziende coinvolgeranno i propri lavoratori in forza a tempo indeterminato in percorsi di formazione continua della durata di 24 ore pro capite per ogni triennio, elaborando progetti aziendali o partecipando a quelli previsti territorialmente o settorialmente.

Ulteriore passo avanti in materia, nel caso in cui entro il secondo anno del triennio i dipendenti non siano stati coinvolti in percorsi formativi e per i quali non sia stato nemmeno programmato un coinvolgimento entro il terzo anno, saranno riconosciute 24 ore, fino a concorrenza del monte ore totale, per partecipare a iniziative formative. Di esse 2/3 saranno a carico dell’azienda (16 ore). Il datore di lavoro sosterrà direttamente i costi delle iniziative formative fino a un massimo di 300 euro.

In aggiunta, all’inizio di ogni triennio, a far data dal 1° gennaio 2017, verrà determinato un monte ore messo a disposizione di tutti i dipendenti per l’esercizio del diritto allo studio, materia già presente in precedenza, ma che è stata razionalizzata, rendendola più flessibile e fruibile.

Ulteriore aggiunta il congedo parentale utilizzabile anche a ore (gruppi di 2 o 4 ore giornaliere) e la cumulabilità dei permessi ex L. 104/1992 con i 3 giorni di permesso retribuito in caso di decesso o grave infermità.

 

Conclusioni

In ultimo è utile ricordare che i sindacati stipulanti Fim, Fiom e Uilm chiedono ai lavoratori non iscritti al sindacato una quota associativa straordinaria di 35 euro, da trattenere sulla retribuzione relativa al mese di giugno 2017.

Insieme ai prospetti paga di aprile di quest’anno, le aziende dovranno distribuire l’apposito modulo, che consente ad ogni dipendente di accettare o rifiutare la richiesta.

In merito si evidenzia la risposta a interpello del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 18/2016, che precisa: “il c.d. contributo di assistenza contrattuale consiste in un onere economico talora richiesto da organizzazioni sindacali “per assicurare l’efficienza delle proprie strutture sindacali al servizio dei lavoratori e dei datori di lavoro”. Il contributo si qualifica pertanto come elemento rientrante nella parte obbligatoria del contratto collettivo e non nella parte economica e normativa…Da ciò deriva l’assenza di un obbligo di versare tale contributo (…). La fruizione dei benefici normativi e contributivi previsti dalle disposizioni di legge non può essere negata all’impresa non iscritta all’associazione firmataria del CCNL che intende applicare, qualora la stessa non abbia provveduto al versamento del contributo di assistenza contrattuale”.

Moltissime, e di portata non sottovalutabile quindi, tutte le modifiche e le novità introdotte da questo nuovo accordo, partorito dopo mesi di trattative. Non ci rimane che dare il via all’applicazione di questa nuova e, a tratti rivoluzionaria, dimensione di contrattazione collettiva.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Contratti collettivi e tabelle“.

 

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