Lo sciopero non ha bisogno di formalità
di Evangelista Basile Scarica in PDF
Con sentenza n. 11347 del 30 aprile 2025, la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente in tema di esercizio del diritto di sciopero. In particolare, la questione nasce da un giudizio d’impugnazione di un licenziamento per giusta causa, per avere il lavoratore partecipato a uno sciopero spontaneo della durata di un’ora.
La Corte di Cassazione – confermando la pronuncia dell’appello di nullità del licenziamento con applicazione della tutela reintegratoria piena – ha osservato innanzitutto che il diritto di sciopero, quale diritto costituzionalmente garantito dall’art. 40, Cost., non incontra limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti, non richiedendo proclamazione formale né osservanza di regole procedurali quando non si tratti di servizi pubblici essenziali.
L’astensione dal lavoro costituisce legittimo esercizio del diritto di sciopero quando sia decisa e attuata collettivamente per la tutela di interessi collettivi, anche di natura salariale, indipendentemente dalla presenza di proclamazione sindacale, dal numero dei partecipanti rispetto all’organico aziendale, dalla durata dell’astensione e dalla mancanza di preavviso al datore di lavoro.
La legittimità dello sciopero non dipende, quindi, dall’apprezzamento obiettivo della fondatezza, ragionevolezza e importanza delle pretese perseguite, né dalla formale comunicazione al datore di lavoro, né dall’intervento delle organizzazioni sindacali, potendo concretarsi anche nell’astensione spontanea di una pluralità di lavoratori per finalità retributive o più generalmente riguardanti il complesso degli interessi dei lavoratori disciplinati dal titolo terzo della parte prima della Costituzione. Secondo la Cassazione, dunque, i limiti esterni del diritto di sciopero attengono esclusivamente alle modalità di attuazione che assumano carattere delittuoso, lesive dell’incolumità e libertà delle persone, dei diritti di proprietà o della capacità produttiva delle aziende, ovvero che appaiano idonee a pregiudicare irreparabilmente la potenziale produttività dell’azienda, compromettendo la possibilità per l’imprenditore di continuare a svolgere la propria iniziativa economica. Il fatto che lo sciopero arrechi danno al datore di lavoro, impedendo o riducendo la produzione aziendale, risulta connaturale alla funzione di autotutela coattiva propria dello sciopero stesso e non ne compromette la legittimità. Il licenziamento intimato a causa della partecipazione a uno sciopero legittimo è nullo ai sensi dell’art. 15, Statuto dei Lavoratori, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria piena prevista dall’art. 2, D.Lgs. n. 23/2015, senza che rilevi la valutazione sulla proporzionalità della sanzione espulsiva, una volta accertata la nullità dell’atto di recesso per violazione di norma imperativa.