28 Gennaio 2019

La settimana finanziaria

di Mediobanca S.p.A.

IL PUNTO DELLA SETTIMANA: La BCE rivede al ribasso ii rischi sulla crescita economica dell’Area Euro

La BCE:

  • riconosce il rallentamento della congiuntura dell’Area Euro
  • mantiene invariata la politica monetaria
  • rivede al ribasso la valutazione dei rischi per la crescita
  • supporta la rimodulazione delle aspettative di mercato sui prossimi rialzi dei tassi di interessi

Come previsto, nel primo meeting di politica monetaria del 2019, la BCE ha mantenuto invariato lo statement rispetto alla riunione dello scorso dicembre, ribadendo il suo impegno a mantenere invariati i tassi di interesse “almeno fino all’estate del 2019, e in ogni caso per tutto il tempo necessario” e a reinvestire i titoli in scadenza per “un lungo periodo di tempo oltre la data in cui inizierà ad aumentare i tassi di interesse“, ma ha rivisto al ribasso la propria valutazione dei rischi sulla crescita economica. Il Consiglio Direttivo è stato unanime nel riconoscere che i rischi sono ora rivisti al ribasso e nell’individuarne le cause, per lo più di natura esterna, nel: a) protezionismo commerciale, b) Brexit, c) rallentamento del ciclo globale guidato dalla Cina, d) nonché gli eventi legati all’industria automobilistica tedesca. Durante la conferenza stampa, Draghi ha sottolineato che la modifica della valutazione dei rischi potrebbe avere implicazioni per la condotta della politica monetaria, ma che il Consiglio Direttivo non ha per ora discusso una modifica.Durante la sessione di Q&A, il Presidente Draghi ha ulteriormente spiegato che c’è stata unanimità anche nel valutare bassa la probabilità di una recessione nell’Area Euro, dal momento che le condizioni finanziarie restano accomodanti, lo sviluppo del mercato del lavoro è positivo, i salari sono in accelerazione e la riduzione del prezzi del petrolio dovrebbero sostenere il reddito disponibile delle famiglie. Inoltre, secondo la BCE, il miglioramento dei bilanci bancari europei (avvenuto negli ultimi anni) ha messo l’economia al riparo e rende il Consiglio Direttivo fiducioso sul fatto che la decelerazione non si trasformerà in una recessione. Relativamente alle prossime mosse di politica monetaria, il Presidente Draghi ha segnalato che non vi è alcuna fretta di annunciare nuove TLTRO per sostituire quelle che scadono il prossimo anno, dichiarando che le TLTRO e le LTRO sono state in passato uno strumento efficace di politica monetaria, capace di ridurre la frammentazione del sistema bancario e di trasmettere in modo efficace l’allentamento di politica monetaria nei diversi paese e ai diversi segmenti dell’economia. Quindi, nuove TLTRO saranno usate se necessario e quando vi sarà un’esigenza di politica monetaria e non in modo automatico. Tuttavia, è ragionevole attendersi, anche alla luce dei confronti interni avvenuti già durante questo meeting, che nella seconda metà del 2019 la BCE annuncerà nuove TLTRO, probabilmente di durata più breve rispetto a quella attualmente in vigore. Ricordiamo che le quattro tranche di finanziamenti al sistema bancario scadranno tra giugno 2020 e marzo 2021.Relativamente ai prossimi rialzi dei tassi il Presidente Draghi, senza confermare in modo esplicito le attese del mercato, ha fatto capire che la recente rimodulazione delle stesse per un primo rialzo dei tassi dopo settembre 2019, risulta coerente con la funzione di reazione della BCE e così facendo, i mercati stanno già assicurando condizioni finanziarie più accomodanti, attraverso l’appiattimento della curva dei rendimenti. Infatti, secondo il Presidente Draghi le condizioni di credito in generale restano accomodanti all’interno dell’Area Euro e le condizioni più restrittive identificate dall’ultima lending survey della BCE riguardano principalmente l’Italia. Nel nostro paese vi è evidenza che il peggioramento del contesto economico ha influenzato la domanda di credito e che le condizioni finanziarie per le imprese sono peggiorate. Infine, il presidente Draghi ha voluto rassicurare i mercati sulle “munizioni” a disposizione della BCE, nell’eventualità che il rallentamento economico divenisse permanente: Draghi ha dichiarato che” tutta la cassetta degli attrezzi è disponibile”, suggerendo che gli acquisti di attività, i tassi di interesse negativi, un rafforzamento ulteriore della forward guidance restano tutte opzioni ancora percorribili qualora divenisse necessario.

 

SETTIMANA TRASCORSA

ECONOMIA MONDIALE: Le ultime stime del FMI certificano un rallentamento della crescita economica

Il FMI nelle sue stime del World Economic Outlook di gennaio 2019 prevede un rallentamento della crescita mondiale nel 2019: il Pil mondiale nel 2019 – al netto dell’inflazione – crescerà del 3,5% e non del 3,7% come previsto in ottobre 2018. Una decelerazione dello 0,2% deriva da una minor crescita in Europa (soprattutto per Germania e Italia) e in Asia, dove la crescita della Cina è stimata pari al 6,2% invece del precedente 6,6%. Il FMI ha, inoltre, rivisto al ribasso di un decimo di punto percentuale anche le proprie previsioni di crescita per il 2020 a 3,6%. A livello nazionale, il FMI ha però confermato le sue stime di espansione per gli USA a 2,5% nel 2019 e di rallentamento a 1,8% nel 2020 e per la Cina a 6,2% nel 2019. La revisione più importante è stata quella subita dalla Germania, su cui pesa il rallentamento dei consumi privati e della produzione industriale. L’economia tedesca dovrebbe crescere di 1,3% nel 2019 dal 1,9% precedente portando la crescita dell’Area Euro nel suo complesso a 1,6% da 1,9% del WEO di ottobre. Il peggioramento per il FMI è attribuibile all’introduzione di nuovi standard per l’emissione di gas inquinanti per le automobili, che obbligano i produttori tedeschi a una difficile conversione produttiva del settore automotive tedesco. Per il nostro Paese, le cui previsioni di crescita sono stare riviste al ribasso di un -0.4% per l’anno in corso e sono imputabili a “preoccupazioni relative a rischi finanziari e relativi al debito pubblico”.

EUROPA: il PMI dell’Area Euro continua a rallentare

All’inizio della settimana le indicazioni provenienti dalla fiducia dei consumatori dell’Area Euro e dall’indice ZEW in Germania avevano lasciato sperare che si potesse iniziare a vedere un cauto miglioramento del ciclo economico dell’Area. Infatti, l’indice di fiducia dei consumatori compilato dalla Commissione Europea del mese di gennaio è aumentato in modo marginale da -8.3 a -7.9, guidato principalmente dal calo dell’inflazione a fine 2018. Pur non conoscendo ancora la scomposizione per paese, i principali indici di fiducia dei consumatori di Thomson Reuters mostrano un miglioramento del sentiment in tutte le principali economie dell’Area Euro. In Germania l’indice ZEW è risultato migliore delle attese, in aumento a -15 dal precedente -17,5. Il consenso degli analisti prevedeva invece un ulteriore calo. L’indice ZEW delle current conditions è calato a 27,6 da un precedente 45.3, ancora al di sopra della media di lungo termine, ma una deviazione standard al di sotto del livello di settembre.

Tuttavia, ulteriori segnali negativi sono arrivati a metà settimana dai dati preliminari degli indici PMI relativi al mese di gennaio, che hanno deluso le attese, trascinati al ribasso dal manifatturiero tedesco e dai servizi francesi. L’indice relativo al manifatturiero è sceso a 50.5 dal 51.4 di dicembre, che era previsto stabile, mentre l’indicatore sui servizi è calato a 50.8 da 51.2, contro attese per un modesto rimbalzo a 51.5. Non sono ancora disponibili i PMI per Italia e Spagna.  Negativo è stato anche l’andamento dell’IFO nel mese di gennaio. Il calo dell’indice IFO Business Climate a 99.1 a gennaio, da 101.0 a dicembre, è stato significativamente peggiore rispetto alle previsioni di consenso di 100.6 e rappresenta un ulteriore elemento di conferma per i timori di una stallo dell’economia tedesca. Rispetto alla metà dello scorso anno, il settore manifatturiero ha subito un forte rallentamento, ma l’indagine di gennaio mostra un calo in tutti i principali settori: produzione (da 14.9 a 11.2), servizi (da 27.0 a 24.5), costruzioni (da 29.3 a 20.0) e vendite al dettaglio (da 9.2 a 4.6). Un’ulteriore fonte di preoccupazione è il calo ancora più marcato nella componente delle aspettative, che è scesa da 97.3 a 94.2, ed è diminuita da oltre 100.0 recentemente a settembre.

USA: Le vendite di case esistenti a dicembre scendono al livello più basso in tre anni

Le vendite di case esistenti a dicembre sono scese del 6,4% a 4,99 milioni (consenso 5,25 milioni, valore precedente 5,32 milioni a novembre), segnando una variazione negativa pari a -10,3% a/a e raggiungendo il livello più basso da tre anni. Il prezzo medio di vendita è risultato in aumento del 2,9% a/a e pari a $ 253,600, a fronte di scorte di invenduto in esaurimento. Gli economisti della NAR attribuiscono il rallentamento in parte all’aumento dei tassi di interesse. Inoltre, questo conferma i recenti segnali di allarme nel mercato immobiliare, tra cui l’indagine NAR che ha mostrato già un rallentamento del mercato immobiliare.L’indice PMI manifatturiero è salito da 53.8 a 54.9, mentre l’indice PMI si è ridotto da 54.4 a 54.2. I dettagli dei sondaggi sono in larga misura coerenti con il messaggio degli indici principali: le componenti relative ai nuovi ordini chiave, alla produzione e agli indici occupazionali sono tutti aumentati, anche nell’indice dei servizi la componente relativa ai nuovi business è aumentata.

ASIA: rallentano i dati sulla crescita cinese

In Cina, il PIL di T4 si è attestato a 6.4% a/a (consenso 6,5%, valore precedente 6.5%). La crescita del 2018 è stata pari a 6,6%, la più bassa in 28 anni. La produzione industriale di dicembre è aumentata del 5,7% a/a (consenso 5,3% e valore 5,4% nel mese precedente). Le vendite al dettaglio sono aumentate dell’8,2% (consenso e valore precedente ‘8,1%). Gli investimenti in immobilizzazioni sono cresciuti del 5,9% nel 2018 rispetto al consenso del 6,0% e del 5,9% in gennaio-novembre. Gli investimenti immobiliari sono diminuiti al 9,5% dal 9,7%. Le acquisizioni di terreni e le vendite di abitazioni commerciali per superficie hanno subito una decelerazione marginale. Le esportazioni del Giappone hanno registrato il calo più marcato in due anni a dicembre, trainate in gran parte dalla debolezza della Cina. Le esportazioni sono diminuite del 3,8% a/a (consenso -1,3% a/a), segnando il primo calo da settembre 2018 e il maggiore da ottobre 2016. Le importazioni sono aumentate dell’1,9% a/a, rispetto al consenso per un aumento del 3,7%, in forte rallentamento rispetto al 12,5% del mese precedente.

PERFORMANCE DEI MERCATI
MERCATI AZIONARI

I mercati azionari continuano a guardare con preoccupazione sia ai segnali di rallentamento della congiuntura internazionale sia ai rapporti commerciali US-Cina, in attesa dei colloqui US con la Cina della prossima settimana. A questo si associa il rischio geopolitico globale che è percepito essere sui massimi degli ultimi anni.

Chiudono intorno alla parità i listini europei, dove la mancanza di indicazioni sul destino del TLTRO ha pesato sulle banche europee questo giovedì, che nel pomeriggio hanno cancellato i guadagni giornalieri.  Più volatili, invece, i listini statunitensi,dove prosegue ormai da 35 giorni lo shutdown amministrativo – il presidente del Council of Economic Advisers (CEA) ha detto che il proseguimento dello shutdown per tutto il T1 2019, potrebbe portare a una crescita “molto bassa o molto vicina a zero” in T1, pur generando un forte rimbalzo in T2, con una stima CEA del costo dello shutdown pari a 0.13 punti percentuali in meno per ogni settimana di chiusura – e continua la stagione delle trimestrali societarie, con le società corporate che pubblicano i risultati dopo i numeri in chiaroscuro delle banche degli scorsi giorni. L’Asia, cauta ad inizio settimana dopo i dati macro cinesi, chiude oggi positiva.

I mercati emergenti consolidano questa settimana i guadagni accumulati, dopo il rialzo messo a segno da inizio anno.

 

 VIEW STRATEGICA

La correzione registrata negli ultimi mesi dal mercato sovrastima la probabilità di una imminente recessione globale, riportando così le valutazioni fondamentali vicino a valori neutrali. L’asset class continua ad offrire un profilo rischio/rendimento più attraente rispetto al comparto obbligazionario. 

MATERIE PRIME E VOLATILITA’

Guardando alle materie prime, i prezzi del petrolio sono saliti di circa l’1% dopo le minacce di sanzioni lanciate dagli Usa al Venezuela, sullo sfondo delle recenti tensioni politiche.

Continua la moderazione delle volatilità implicite.

 

 

TASSI DI CAMBIO

La debolezza dell’euro è rimasta contenuta nonostante i segnali di rallentamento della congiuntura europea.

Un’incognita fondamentale rimane quella legata a quando avverrà il primo del rialzo dei tassi di riferimento, come evidenziato anche nell’intervento di ieri della BCE. La sterlina si è apprezzata marcatamente sulla scia delle speranze legate a un nuovo piano May sulla Brexit, dopo che il Sun ha riportato che il Partito Unionista nordirlandese ha deciso di offrire un sostegno condizionato al piano della premier britannica. Fattore fondamentale per i movimenti della sterlina sta diventando quindi il repricing delle probabilità di una Hard Brexit, che stanno diminuendo.

 VIEW STRATEGICA

La divergenza di politica monetaria delle due principali banche centrali, ha creato un gap nel percorso di rialzo dei tassi che dovrebbe iniziare a restringersi nel corso del 2019, determinando un indebolimento del dollaro US nei confronti della moneta unica europea.

MERCATI DEI TITOLI DI STATO

La settimana è stata guidata dagli appuntamenti delle banche centrali: questa settimana si sono avute la riunione della BoJ e della BCE, che hanno entrambe recepito il rallentamento della crescita globale. Settimana prossima sarà la volta del FOMC, che dovrebbe confermare il nuovo atteggiamento di “pazienza e flessibilità”, sancendo un periodo di pausa sul sentiero dei tassi. Inoltre secondo quanto riportato oggi dal WSJ, La Fed sta pensando a fermare al riduzione del proprio bilancio, prima (ossia ad un livello più alto) di quanto inizialmente ipotizzato. La riunione della BoJ si è conclusa con l’annuncio di politiche monetarie invariate: tasso overnight a -0,1%, rendimento a 10 anni “intorno a zero” e acquisti di JGB attuati in modo “flessibile” per raggiungere una variazione annua di circa 80 tln di yen. L’aggiornamento dell’Outlook for Activity and Prices della BoJ contiene modifiche alle previsioni di inflazione e crescita. In particolare, le previsioni per l’inflazione (al netto del rialzo atteso dell’imposta sui consumi) sono   state riviste verso il basso: a 0,8% da 0,9% per l’anno fiscale 2018, a 1,1% da 1,6% per l’anno fiscale 2019 e a 1,5% da 1,6% per l’anno fiscale 2020. Per la crescita, le previsioni sono più basse nell’anno fiscale 2018 (a 0,9% da 1,4%), a causa dei disastri naturali dell’estate scorsa, mentre per gli anni successivi ci sono marginali revisioni verso l’alto (anno fiscale 2019 a +0,9%, anno fiscale 2020 a 1%). La BoJ mantiene la previsione di graduale ritorno dell’inflazione verso il 2%, nonostante l’interruzione prevista per il 2019, causata in gran parte dalla correzione dei prezzi energetici. Conseguentemente a questa revisione delle previsioni di inflazione, il segmento a breve della struttura a termine è rimasto praticamente piatto, mentre quello a lungo è sceso.La BCE ha rivisto al ribasso la valutazione dei rischi e il Presidente Draghi ha “convalidato” le attuali aspettative di mercato su un primo rialzo dei tassi di interesse dopo dicembre 2019, pur riconoscendo scarsa visibilità sulla persistenza dell’attuale rallentamento del momentum dell’economia.

VIEW STRATEGICA

Governativo US Il ciclo economico è positivo ma mostra segni di rallentamento La FED ha adottato un atteggiamento più dipendente dai dati e dai mercati preparandoli ad una pausa prolungata nel suo ciclo di rialzo dei tassi, complice anche la moderazione dell’inflazione. Il rischio di recessione negli Stati Uniti rimane limitato ma in aumento.

Governativo Euro. L’inflazione non mostra segni di aumento in un contesto di perdita di momentum per la crescita economica. La BCE continuerà pertanto ad esser presente sul mercato attraverso la politica di reinvestimento dei titoli che giungeranno a scadenza nel corso del 2019 restando attendista sul rialzo dei tassi.

 

LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?

  • Europa: il focus sarà sulle stime di crescita per il T4 e di inflazione per il mese di gennaio     
  • Stati Uniti: la combinazione del FOMC e dei dati sul mercato del lavoro fornirà un importante aggiornamento sull’economia US. Inoltre, l’ISM manifatturiero dovrebbe stabilizzarsi su livelli coerenti con proseguimento della crescita su ritmi inferiori a quelli del 2018. Prevista anche la stima del PIL di T4, ma Il dato non verrà pubblicato finché non sarà concluso lo shutdown.

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