24 Gennaio 2018

Il nuovo sgravio contributivo per l’assunzione di giovani

di Cristian Valsiglio

La Legge 27 dicembre 2017, n. 205, pubblicata in G.U. n. 302/2017, S.O. n. 62 (c.d. Legge di Bilancio 2018), all’articolo 1, comma 100, prevede un esonero contributivo a favore dei datori di lavoro al fine “di promuovere l’occupazione giovanile stabile”.

La disposizione, in parte, ricalca le precedenti agevolazioni triennali e biennali volte a stabilizzare i rapporti di lavoro, seppur con sostanziali punti di differenza.

In particolare, il nuovo esonero contributivo è da ritenersi un intervento generalizzato, ovvero potenzialmente rivolto a tutti i datori di lavoro privati che operano in ogni settore economico del Paese, le cui unità produttive siano localizzate in qualsiasi area del territorio nazionale. La sua applicazione prescinde da criteri di discrezionalità amministrativa, pertanto la disposizione non risulta idonea a determinare un vantaggio a favore di talune imprese o settori produttivi o aree geografiche del territorio nazionale; di conseguenza, il predetto beneficio non deve essere considerato rientrante tra quelli disciplinati dall’articolo 107, Tfue (aiuti concessi dallo Stato ovvero mediante risorse statali).

Andiamo di seguito ad analizzare le potenzialità e i limiti del nuovo beneficio.

 

Strutturalità e obiettivo

La nuova agevolazione contributiva è strutturale e ha l’ambizioso obiettivo di “promuove l’occupazione giovanile stabile”. Lo sgravio contributivo, pur avendo una durata di 3 anni, potrà essere applicato, salvo future inversioni di rotta del Legislatore, alle nuove assunzioni dal 2018.

 

Ambiti soggettivi di applicazione

Lato datori di lavoro

Data la definizione normativa, ricorrendo ad altre analoghe interpretazioni dell’istituto previdenziale, vedi su tutte la circolare Inps n. 109/2017, si deve ritenere che il beneficio in oggetto possa essere applicato ai seguenti datori di lavoro:

1. datori di lavoro imprenditori

2. datori di lavoro non imprenditori e quindi anche:

  • enti pubblici economici;
  • istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici;
  • enti che – per effetto dei processi di privatizzazione – si sono trasformati in società di persone o società di capitali ancorché a capitale interamente pubblico;
  • ex Ipab trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, in quanto prive dei requisiti per trasformarsi in Asp, e iscritte nel registro delle persone giuridiche;
  • aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114, D.Lgs. 267/2000;
  • consorzi di bonifica;
  • consorzi industriali;
  • enti morali;
  • enti ecclesiastici.

Sono, al contrario, esclusi dall’applicazione del beneficio:

  • le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, ivi compresi le accademie e i conservatori statali, nonché le istituzioni educative;
  • le aziende e Amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;
  • le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni;
  • le istituzioni universitarie;
  • gli istituti autonomi case popolari;
  • le CCIAA e loro associazioni;
  • gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
  • le amministrazioni, le aziende e gli enti del Ssn;
  • l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran);
  • le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999.

 

Lato lavoratori

L’esonero spetta con riferimento ai soggetti che, alla data della prima assunzione incentivata:

  • non abbiano compiuto il 30° anno di età (il 35° anno di età solo per le assunzioni avvenute nel 2018);
  • non risultino essere stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro.

In merito a quest’ultima condizione sarà necessario verificare sul campo se la disposizione prevista dall’articolo 1, comma 801, L. 205/2017, ossia norma volta a consentire ai consulenti del lavoro di accedere alla piattaforma Anpal di verifica dello stato di disoccupazione e della storicità del percorso lavorativo del dipendente, consentirà di superare gli ostacoli volti alla chiara definizione dei soggetti potenzialmente titolati a consentire il beneficio.

Non è invece ostativo al beneficio l’eventuale periodo di apprendistato con altro datore di lavoro non proseguito in un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato al termine del periodo di formazione.

Che al centro dell’agevolazione sia il giovane lavoratore e non il datore di lavoro è chiaro dal fatto che il dipendente, che ha consentito la fruizione del beneficio ex L. 205/2017 per un tempo inferiore a 36 mesi, potrà permettere la prosecuzione dell’esonero al nuovo datore di lavoro, in piena deroga a quanto affermato al paragrafo precedente.

Dal tenore letterale della disposizione, l’agevolazione in parola costituisce nei fatti una dote all’assunzione: pertanto il giovane, solo per il fatto di essere stato assunto una volta con il predetto beneficio, potrà, se l’incentivo non ha coperto i 36 mesi, consentire ad altri datori di lavoro (e pertanto in altre assunzioni) la prosecuzione nell’agevolazione, fino ad esaurimento, anche ove ampiamente superata l’età limite quale condizione del beneficio ex lege.

Resta da verificare l’operatività della predetta disposizione alla luce delle insufficienti informazioni in possesso del nuovo datore di lavoro; salvo l’eventuale presenza di una dichiarazione del vecchio datore di lavoro, che, magari anche al solo fine di stemperare l’eventuale contenzioso, sia disposto a fornire al dipendente dimissionario.

 

Condizioni di applicabilità

Ai fini dell’ottenimento del beneficio devono essere rispettate:

  • le condizioni e i principi previsti dall’articolo 31, D.Lgs. 150/2015;
  • le regole in materia di regolarità contributiva previste dall’articolo 1 (commi 1175 e 1176), L. 296/2006;
  • le norme anti licenziamento previste ad hoc dalla stessa L. 205/2017:
  • l’esonero contributivo spetta ai datori di lavoro che, nei 6 mesi precedenti l’assunzione, non abbiano proceduto a licenziamenti individuali per gmo ovvero a licenziamenti collettivi nella medesima unità produttiva, e dunque a prescindere della mansione svolta;
  • il licenziamento per gmo del lavoratore assunto o di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con la medesima qualifica del lavoratore assunto con l’esonero, effettuato nei 6 mesi successivi alla predetta assunzione, comporta la revoca dell’esonero e il recupero del beneficio già fruito.

Viste le molteplici definizioni normative di unità produttiva, presumibilmente, anche ai fini di facilitare i controlli informatici, l’Inps propenderà per la definizione ex D.Lgs. 148/2015 in materia di ammortizzatori sociali.

Secondo la definizione presente nella circolare Inps n. 9/2017, infatti “l’unità produttiva è lo stabilimento o la struttura finalizzata alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria o tecnico funzionale, intendendosi con tali accezioni il plesso organizzativo che presenta una fisionomia distinta ed abbia, in condizioni di indipendenza, un proprio riparto di risorse disponibili così da permettere in piena autonomia le scelte organizzative più confacenti alle caratteristiche funzionali e produttive dell’unità”.

Non sono previste ai fini dell’agevolazione in parola le limitazioni previste dal c.d. regime de minimis o la necessaria esistenza di un incremento occupazionale calcolato in termini di ULA.

 

Durata e quantum dell’agevolazione

Ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, assumono lavoratori con contratto di lavoro a tutele crescenti ex D.Lgs. 23/2015, spetta, per un periodo massimo di 36 mesi, l’esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail, nel limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.

Resta comunque ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

L’agevolazione ha una durata massima di 36 mesi e comporta un esonero contributivo pari al 50% dei contributi previdenziali nel limite di euro 3.000 su base annua. Al predetto esonero si deve ritenere applicabile quanto specificato dall’Inps con circolare n. 109/2017, la quale elenca in modo preciso i contributi non agevolabili.

L’esonero contributivo è riconosciuto, ex articolo 1, comma 108, L. 205/2017, nella misura del 100% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail, ai datori di lavoro privati che assumono, entro 6 mesi dall’acquisizione del titolo di studio:

  • studenti che hanno svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro pari almeno al 30% delle ore di alternanza (si vedano condizioni già presenti nell’articolo 1, comma 308 ss., L. 232/2016);
  • studenti che hanno svolto, presso il medesimo datore di lavoro, periodi di apprendistato di primo e terzo livello.

Anche in questo caso resta fermo, tuttavia, il limite massimo di 3.000 euro; condizione quest’ultima che, per certi versi, limiterebbe la portata dell’agevolazione aggiuntiva.

La nuova disposizione assorbe ovviamente i benefici contributivi previsti dall’articolo 1, comma 308 ss., L. 232/2016, che conseguentemente sono abrogati.

 

Ambito oggettivo di applicazione

Ad essere agevolate, a mente della norma in commento, sono le assunzioni “con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti” di cui al D.Lgs. 23/2015.

La dicitura, seppur impropria in quanto non identifica una nuova tipologia contrattuale, consente di ritenere non agevolabili:

  • le assunzioni con qualifica di dirigente;
  • i contratti di lavoro con clausola di esclusione dell’applicazione del D.Lgs. 23/2015.

L’esonero contributivo è ancorato alla presenza delle “tutele crescenti”: pertanto, l’esito della verifica di costituzionalità del D.Lgs. 23/2015 posta al vaglio della Corte Costituzionale dal Tribunale di Roma con ordinanza 26 luglio 2017 potrebbe generare un serio corto circuito.

Il beneficio resta comunque inapplicabile ai rapporti di lavoro domestico e ai rapporti di apprendistato; non è cumulabile, inoltre, con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previste dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi. Si ritiene, inoltre, che l’Inps possa considerare esclusi dal beneficio i contratti di lavoro intermittente a tempo indeterminato per la loro natura non stabilizzante.

 

Rapporto con l’apprendistato

Come detto in precedenza, l’impatto del nuovo esonero sull’apprendistato è bidirezionale: da una parte l’esonero non si applica al contratto di apprendistato, dall’altra il contratto di apprendistato non proseguito in ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato al termine della formazione non esclude il lavoratore dall’agevolazione.

Ma non solo: la norma cerca comunque di favorire le conferme del rapporto di apprendistato; infatti, il beneficio dell’esonero è concesso, per un periodo massimo di 12 mesi, fermo restando il limite di 3.000 euro su base annua, anche nei casi di prosecuzione, successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, di un contratto di apprendistato in rapporto a tempo indeterminato a condizione che il lavoratore non abbia compiuto il trentesimo anno di età alla data della prosecuzione. In tal caso, l’esonero è applicato a decorrere dal primo mese successivo a quello di scadenza del beneficio contributivo di cui all’articolo 47, comma 7, D.Lgs. 81/2015 (l’anno successivo alla prosecuzione).

Per espressa indicazione normativa non si applicano le seguenti disposizioni:

  • la prosecuzione dello sgravio in caso di precedente rapporto agevolato (comma 103);
  • le cause ostative del beneficio collegabili alla c.d. norma anti licenziamento (commi 104 e 105).

Anche se non specificatamente indicato dalla disposizione in commento, non sembrerebbe applicabile, salva differente e più favorevole interpretazione dell’Inps, il comma 102, il quale limitatamente “alle assunzioni” effettuate nel 2018 consente l’agevolazione ai lavoratori che non abbiano compiuto 35 anni; infatti il termine “assunzione” mal si concilia con la fattispecie della prosecuzione del contratto di apprendistato.

 

Rapporto con contratto a termine

L’esonero è altresì applicabile nei casi di conversione (rectius trasformazione), sempre successiva alla data di entrata in vigore della predetta legge (1° gennaio 2018), di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, fermo restando il possesso del requisito anagrafico del lavoratore alla data della trasformazione e l’applicazione delle condizioni (commi 104 e 105) sui licenziamenti.

Dato che la norma in tema di conversione del contratto (comma 106) è regolamentata esplicitamente dai commi da 100 a 108, a differenza di quanto sopra detto in tema di prosecuzione dell’apprendistato, è applicabile il comma 102, il quale consente l’agevolazione eccezionalmente per l’anno 2018 anche agli ultra trentenni.

 

Procedura di attivazione

A mente dell’articolo 1, comma 115, L. 205/2017, l’Inps dovrà monitorare il numero dei rapporti di lavoro instaurati e delle minori entrate contributive facendone relazione ai Ministeri del lavoro e delle finanze. Ci si augura che tale indicazione normativa, presente nei precedenti esoneri del 2015 e del 2016 e nell’ultimo esonero a favore dell’alternanza scuola-lavoro, non sfoci in richieste pre-autorizzatorie dell’agevolazione da parte dell’Inps, complicando in questo modo l’operato dei datori di lavoro. L’agevolazione de qua, tuttavia, spetta al datore di lavoro a prescindere dalla presenza di una formale domanda (invece presente per l’agevolazione dello scorso anno ai sensi dell’articolo 1, comma 308, L. 232/2016), pertanto si dovrebbe ritenere che la fruizione del beneficio possa essere automatico, come avveniva per i precedenti esoneri ex L. 190/2014 e L. 208/2015.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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