12 Novembre 2019

Soci di Srl e base imponibile contributiva

di Roberto Lucarini

La Suprema Corte sembra aver preso gusto, in questo scorcio del 2019, nell’infierire sull’Inps in tema di base imponibile contributiva. La cosa non mi rattrista, ad essere sincero, visto che parecchie prese di posizione dell’Istituto previdenziale, in relazione alle gestioni ART/COM, mi paiono condizionate più da un’esigenza di entrata contributiva che da una visione serena della normativa in vigore.

Con la sentenza n. 23790/2019, del settembre scorso, gli Ermellini tornano, a distanza di un mese (precedente sentenza n. 21540/2019), a “bastonare” la tesi Inps circa la contribuzione previdenziale obbligatoria in relazione a redditi derivanti da partecipazione in società di capitale. La questione, ben riassunta dall’estensore della pronuncia appena citata, “attiene alla individuazione della base imponibile sulla quale il lavoratore autonomo iscritto alla relativa gestione previdenziale e, nel contempo, socio di società di capitale deve parametrare il proprio obbligo contributivo, cioè se si debba tener conto di tutti i redditi dal medesimo percepiti nel corso dell’anno di riferimento o se, all’opposto, si debba tener conto solo dei redditi connessi allo svolgimento di un’attività lavorativa”.

Occhio, quindi, alle normative di riferimento, che sono essenzialmente 2:

  • articolo 3-bis, D.L. 384/1992, a mente del quale “l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, articolo 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono“;
  • articolo 1, commi 202 e 203, L. 662/1996: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:

          –  (…)

          –  partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza…”.

Da tali disposizioni la Cassazione fa anzitutto rilevare che, “in sostanza, l’obbligo assicurativo sorge nei confronti dei soci di società a responsabilità limitata esclusivamente qualora gli stessi partecipino al lavoro dell’azienda con carattere di abitualità e prevalenza. Diversamente, la sola partecipazione a società di capitali, non accompagnata dalla relativa iscrizione contributiva da parte del socio e senza che emerga lo svolgimento di attività prevalente ed abituale all’interno dell’azienda, non può giustificare il meccanismo di imposizione contributiva prefigurato dall’Inps”.

Posto questo punto fondamentale, i giudici tornano a far presente, a un Inps un po’ distratto, come i redditi derivanti da partecipazione in società di capitale non possano essere annoverati tra i “redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef”, bensì tra i “redditi di capitale” (ex disposto ex articolo 44, comma 1, lettera e, Tuir). Data questa semplice evidenza, quindi, non potranno far parte della base imponibile contributiva, la quale non può essere stiracchiata a proprio piacimento, eludendo una lettura piana e ineluttabile del testo normativo.

Ora è vero che, come dice un vecchio proverbio, “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”; ma è altrettanto vero, al contrario, che anche l’Istituto previdenziale dovrà decidersi, necessariamente, a prendere nota di questo incessante bombardamento, a discapito delle proprie tesi, effettuato dai giudici di legittimità.

 

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