25 Settembre 2019

Tracce di definizione del lavoro intermittente nei Ccnl

di Michele Donati

Nel corso del seguente articolo andremo ad esaminare e analizzare la presenza dell’istituto del lavoro intermittente nei vari Ccnl di settore, approfondendo quelli che sono gli aspetti che ciascun contratto mira ad approfondire. Scopriremo che tale disamina restituirà non poche sorprese.

 

Il lavoro intermittente e la contrattazione di settore: storia di un amore non ancora completamente sbocciato

Come molti istituti contrattuali, e più di altri, il contratto di lavoro intermittente è stato inserito nel corso degli anni in molteplici interventi normativi e, quindi, ha subito numerose mutazioni, che, invero, non hanno sostanzialmente stravolto la natura dell’istituto; e, come molte altre delle principali forme contrattuali, trova oggi la sua definizione all’interno del D.Lgs. 81/2015, che, negli articoli compresi tra il 13 e il 18, ne traccia i tratti identitari.

Chi legge conosce benissimo naturalmente l’istituto, quindi a volo d’angelo andremo a ricordare che il contratto intermittente si sostanzia nell’assenza di un orario prestabilito, che trova la sua genesi e il suo fondamento nella natura stessa delle mansioni svolte, le quali, appunto, sono caratterizzate da discontinuità nelle esigenze di impiego, e quindi dalla correlata impossibilità a stabilire a monte un orario di lavoro.

Il Legislatore del D.Lgs. 81/2015 ha, quindi, previsto che la nevralgica determinazione delle tipologie di mansioni caratterizzate dalla natura discontinua, sia demandata a:

  • contrattazione collettiva di settore;
  • decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ovvero, nelle more di una sua determinazione e pubblicazione del R.D. 2657/1923, così come integrato nel corso degli anni, e segnatamente dal D.M. 23 ottobre 2004.

È in ogni caso possibile, poi, stipulare contratti di lavoro intermittente con soggetti che non abbiamo compiuto ancora i 24 anni (e che possono così restare impiegati sino al compimento del 25° anno di età), ovvero che ne abbiano già compiuti 55.

A parere di chi scrive, a tal proposito, è bene in ogni caso precisare (anche se l’aspetto appare abbastanza cristallino) che la natura intermittente non poggia esclusivamente sulla definizione discontinua sancita dal R.D. 2657/1923, ovvero fornita dalla contrattazione collettiva di settore, essendo, invece, necessario che la concreta manifestazione del rapporto di lavoro sia tale da non consentire a monte una determinazione ex ante del fabbisogno di impiego del lavoratore.

L’articolo 13, comma 3, D.Lgs. 81/2015, fissa poi il limite di 400 giornate nel corso del triennio precedente determinato in maniera mobile, oltre il quale il rapporto deve intendersi trasformato a tempo pieno e indeterminato.

Salta subito all’occhio la centralità che il Legislatore nel 2015 conferiva alla contrattazione collettiva di settore, inserita addirittura come prima fonte di potenziale disciplina del lavoro intermittente, calata altresì nel concreto contesto di ciascun comparto. Tale rilevanza è indirettamente accresciuta dalla locuzione inserita, che conferisce alle fonti di natura negoziale collettiva di prevedere il ricorso al lavoro intermittente anche per far fronte a esigenze connesse a picchi di lavoro circoscritte in periodi predeterminati; i meno giovani ricorderanno a tal proposito che tale funzione e finalità era presente nella stesura originaria del D.Lgs. 276/2003, e poi nel corso degli anni era stata abrogata.

Aprendo, però, una qualsiasi banca dati e iniziando una disamina dei vari Ccnl, ciò che balza all’occhio è una realtà sorprendente: si fa davvero molta fatica a trovare tracce nei vari Ccnl del lavoro intermittente, e ciò accade non solo in via residuale sotto il profilo numerico, ma anche della diffusione del settore, senza contare che mancano all’appello settori e contratti collettivi di prim’ordine sotto il profilo del fabbisogno di mansioni discontinue.

La ragione maggiormente plausibile di ciò risiede probabilmente nel fatto che, all’atto pratico, le mansioni caratterizzate da una più marcata discontinuità sono già ricomprese nel R.D. 2657/1923, che, alla veneranda età di quasi 97 anni (e anche grazie a qualche ritocco effettuato nel corso del tempo), riesce ancora a soddisfare le necessità più diffuse e stringenti in quei settori maggiormente caratterizzati da una difficile definizione ex ante della durata e della determinazione della prestazione lavorativa stessa.

Di riflesso, quindi, si potrebbe affermare che tale tesi spiega anche come mai la definizione del lavoro intermittente sia rintracciata maggiormente in Ccnl che, specie in alcuni casi, non rientrano in quelli più automaticamente accostabili a settori caratterizzati in maniera ordinaria da fabbisogno di mansioni discontinue.

Andremo ora ad esaminare come alcuni contratti collettivi disciplinano il lavoro intermittente; ciò appare utile per comprendere la logica del ricorso ai Ccnl e, soprattutto, la portata che tali interventi e previsioni possono in concreto avere.

Al termine, sarà dedicato un piccolo spazio ad alcune situazioni ad oggi controverse (specificatamente un paio), che ancora non trovano una loro precisa disciplina nella contrattazione di settore, ma che, in presenza di una specifica definizione negoziale in sede sindacale, potrebbero allargare l’ambito di applicazione dei rapporti intermittenti.

Come si vedrà, in molti casi, il comune denominatore degli interventi presenti negli accordi collettivi, è dato dalla volontà delle parti sociali di sopperire a un’assenza della legislazione prevista in materia.

 

Enti di istruzione, formazione e cultura

L’articolo 12, Ccnl in oggetto, consente di ricorrere al lavoro a chiamata anche per far fronte a esigenze di personale che si concentrano nei fine settimana ovvero in predeterminati periodi dell’anno (ferie, ricorrenze di festività civili e religiose), durante le quali può essere più intenso il fabbisogno di lavoratori, e al tempo stesso può permanere incertezza circa la tempistica e le modalità di utilizzo. In questo caso, a parere di chi scrive, la presenza di una previsione nella contrattazione collettiva di settore conferisce una legittimazione universale al ricorso al lavoro intermittente, legata quindi all’esigenza piuttosto che alle mansioni svolte in concreto dai lavoratori assunti.

 

Scuole private Federterziario

L’articolo 15.5, Ccnl richiamato, ripercorre la struttura normativa dell’istituto del lavoro intermittente, aggiungendo l’importante specificazione riferibile al settore specifico che il ricorso a tale istituto è ammesso in presenza di corsi di breve durata e caratterizzati da impossibilità a definire a monte una programmazione costante. Come visto anche nel caso precedente (e verosimilmente come avremo modo, a seguire, di analizzare negli altri casi di accordi legati al mondo dell’istruzione e della scuola), la contrattazione collettiva di settore si preoccupa di fatto di colmare una lacuna (o quanto meno una mancata previsione) del R.D. 2657/1923.

 

Scuole Private Fism

La locuzione che utilizza questo Ccnl presenta un finale ambiguo; l’articolo 28 recita infatti:

“Le parti convengono che il contratto di lavoro intermittente sia utilizzato presso gli enti che applicano il presente CCNL in relazione a particolari esigenze organizzative del lavoro connesse con la necessità di assicurare, mediante la chiamata di personale fornito di specifica professionalità, la continuità educativo-didattica nei servizi socio educativi e di fare fronte ad esigenze lavorative per particolari punte di attività scolastica”.

Il comma successivo conclude, però, asserendo che le parti si danno impegno a confrontarsi entro 180 giorni dalla stipula dell’accordo in oggetto (12 dicembre 2016), al fine di disciplinare la materia in questione.

A noi resta, quindi, l’incertezza, o quanto meno il dubbio, circa la possibilità o meno di ricorrere al lavoro intermittente per le aziende che applicano il Ccnl in esame.

 

Metalmeccanica Anpit

Il contratto collettivo in questione, dopo aver richiamato le mansioni discontinue presenti nel R.D. 2657/1923, che possono essere affini al settore di appartenenza (guardiani e personale di sorveglianza, addetti a centralini telefonici e privati, fattorini), ne estende la facoltà di ricorso anche a periodi connessi a ferie estive, vacanze natalizie ovvero pasquali, nonché ad altri momenti eventualmente definiti dalle parti stipulanti.

 

Case di cura Anpit

Il contratto collettivo in questione definisce all’articolo 82 il ricorso al lavoro intermittente nel proprio settore.

Interessante sin da subito l’approccio, nel momento in cui vengono definite nel concreto le mansioni (sebbene a titolo esemplificativo) che possono giustificare il ricorso al lavoro intermittente; più che un ampliamento delle figure già comprese nel R.D., sembra trattarsi di una specificazione di quelle in esso contenute e riferibili al concreto contesto del comparto:

  • servizi di portineria, guardiania, ricevimento e accoglienza;
  • fattorino e addetto alla consegna corrispondenza e/o merci, con uso di normali mezzi di trasporto;
  • servizi di pulizie;
  • servizi di manutenzione del verde;
  • servizi di disinfestazione, derattizzazione e disinfezione;
  • addetti al volantinaggio;
  • addetti ai call center;
  • promotori e addetti al merchandising;
  • altre attività a carattere discontinuo.

Il comma successivo dello stesso articolo, poi, stabilisce la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente nei fine settimana, così come nei periodi di ferie, e in quelli coincidenti con le ricorrenze civili e religiose, oltre a ulteriori momenti la cui determinazione è demandata a eventuali previsioni delle medesime parti sociali firmatarie dello stesso accordo.

 

Cooperative sociali – sistema cooperativo

L’articolo 30, Ccnl in esame, fissa le ipotesi di ricorso al lavoro intermittente e, primo tra quelli sinora esaminati, reintroduce un concetto (precedentemente previsto in ipotesi di rapporti di lavoro a termine), che rappresenta una vecchia conoscenza degli operatori di settore: nello specifico viene ammessa la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente per ragioni Tecnico-organizzativo-produttive dell’azienda, oltre che per ragioni sostitutive (fatti salvi i preordinati divieti di legge).

Sempre il medesimo articolo, poi, prevede la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente nel periodo natalizio (22 dicembre-6 gennaio), durante le festività pasquali e nei mesi di luglio e agosto; vista la particolare attività svolta, la ratio sottesa a tale apertura sembra doversi rintracciare nella volontà delle parti sociali di garantire la continuità nei servizi erogati dalle case di cura anche durante determinati momenti nei quali può essere minore la presenza di personale, e contestualmente può anche essere più complesso definire a monte le esigenze organizzative[2].

 

Laboratorio Analisi – Federlab – Cifa

La disciplina del ricorso al lavoro intermittente prevista dal Ccnl in oggetto si inserisce nel filone dell’individuazione di periodi più ampi di potenziale ricorso; la novità che si rintraccia in questo accordo è la previsione che consente di stipulare contratti a chiamata (oltre all’ormai consueto periodo feriale e connesso alle festività civili e religiose) anche per esigenze discontinue individuate per le ipotesi nelle quali si rende necessario il ricorso al lavoro straordinario.

 

Sicurezza sussidiaria non armata Aiss

La discontinuità delle mansioni legate alla custodia, alla sorveglianza e alla vigilanza, è talmente acclarata da essere in più punti, e per le più disparate attività, presente nel R.D. 2657/1923.

Nonostante ciò, il presente e il prossimo Ccnl che andremo ad esaminare sono riconducibili a detto ambito e, a parere di chi scrive, tali previsioni sono di indubbia importanza. Se è vero, infatti, che gli incarichi di vigilanza e sorveglianza sono frequentemente ricorrenti nella fonte normativa che definisce e contiene le mansioni discontinue, è vero anche che tale enunciazione è spesso molto specifica e che, in astratto, non appare possibile e corretto individuare per analogie le figure che possono rientrare tra quelle passibili di lavoro a chiamata.

L’articolo 26, Ccnl Sicurezza sussidiaria non armata Aiss, prevede che, stante l’estrema e diffusa discontinuità che caratterizza in maniera complessiva e trasversale il settore (anche legata a esigenze connesse a particolari eventi), anche al fine di incentivare l’occupazione, viene ammesso il ricorso al lavoro intermittente senza limiti di età e per tutte le mansioni e i livelli previsti nella declaratoria dell’accordo collettivo in esame.

 

Sicurezza sussidiaria non armata Federpol

Il Ccnl in oggetto, oltre ad esporre i medesimi concetti del precedente (in maniera, invero, più approfondita, puntuale e dettagliata), opera una deroga ancora più incisiva, laddove viene prevista la non applicazione del limite delle 400 giornate di lavoro nel triennio, superate le quali scatterebbe la conversione del rapporto a tempo pieno e indeterminato.

 

Studi professionali

Molto interessante la previsione del Ccnl in oggetto, che all’articolo 56 individua 3 fattispecie tipiche e specifiche di settore, che possono giustificare il ricorso al lavoro intermittente; si tratta, nello specifico, di periodi di intensificazione dell’attività di studio legata a:

  • dichiarazioni economiche nell’area professionale economico-amministrativa e nelle altre attività professionali;
  • archiviazione documentale in tutte le aree professionali;
  • informatizzazione del sistema o di documenti per tutte le aree professionali.

 

Autotrasporto merci e logistica

In questo comparto è interessante segnalare la rimozione di una contraddizione in termini molto rilevante, operata dall’accordo del 3 dicembre 2017, mediante il quale è stato rimosso il divieto di ricorrere al lavoro intermittente, per le aziende applicanti il Ccnl in questione.

Il corto circuito nasceva dal fatto che il ricorso all’istituto delle prestazioni a chiamata era escluso per le realtà operanti nel settore oggetto d’indagine, sebbene proprio la mansione di addetto al trasporto di oggetti e persone risulta essere tra quelle ricomprese in quelle classificate come discontinue dal R.D. 2657/1963, con la conseguenza, paradossale, che ad esempio un autotrasportatore poteva essere assunto come intermittente presso la generalità delle aziende, escluse proprio quelle che applicavano il Ccnl Autotrasporto merci e logistica.

 

Interventi auspicabili in materia da parte della contrattazione collettiva

Dopo aver passato in rassegna ciò che già esiste, concludiamo andando a provare a individuare aree e comparti ove la contrattazione collettiva di settore potrebbe esprimersi per fugare dubbi, ovvero aprire nuove possibilità.

Verranno in particolare citati 2 Ccnl, per ragioni diverse: il primo per un esempio concreto accaduto tempo fa nella reale quotidianità professionale; il secondo, invece, figlio di alcune difficoltà interpretative legate alla risposta all’interpello n. 1/2018 (promosso dal Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro) fornita dal Ministero del lavoro.

 

Impianti sportivi e palestre

Il primo Ccnl che andiamo a trattare è quello degli Impianti sportivi, accordo nel quale, invero, il lavoro discontinuo (riferito alle figure professionali individuate dal R.D. 2657/1923) viene citato, ma con altre finalità (innalzamento del normale orario di lavoro sino alla soglia delle 45 ore settimanali).

Potrebbe essere utile inserire tra le mansioni discontinue quella relativa al personale addetto a mansioni di istruttore a corsi, specie nei casi nei quali, per ragioni di varia natura, la necessità di avvalersi di dette figure può incarnare caratteri di difficile prevedibilità ex ante.

 

Alimentari e panificazione artigianato

Ancora più utile potrebbe essere, se vogliamo, una previsione all’interno del Ccnl in questione.

Si ricorderà la risposta del Ministero del lavoro all’interpello promosso dal Cno, volto a chiarire se il punto 5, R.D. 2657/1923 (camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti, piroscafi) potesse essere riferito anche alle figure assunte nelle aziende rientranti nel comparto degli alimentari artigiani. Chi opera nel settore sa che, di fatto, tale casistica è (ed era al momento dell’interpello) ricorrente, per figure che nel Ccnl Alimentari e panificazione artigianato assumono, ad esempio, la declaratoria di banconieri.

La risposta del Ministero del lavoro, che ha ammesso la possibilità di ricorrere correttamente a tale riferimento, non ha del tutto fugato i dubbi tra gli operatori del settore (ivi compresi tra gli stessi funzionari dell’INL); a parere di chi scrive, inoltre, tale accostamento può avere riflessi anche nella possibilità di derogare alla soglia delle 400 giornate nel triennio antecedente mobile.

Non è questa la sede per fornire le risposte a tali quesiti, ma visto l’argomento del presente articolo, appare auspicabile un intervento in materia da parte delle parti sociali del Ccnl in esame.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Contratti collettivi e tabelle“.

 

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