Via libera alla possibilità di lavorare nelle more della conversione del permesso di soggiorno da stagionale a lavoro subordinato (non stagionale)
di Giuseppe Pacifico Scarica in PDF
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 10/2025, riconosce la possibilità di lavorare durante l’attesa della conversione del permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro stagionale in quello per lavoro subordinato non stagionale, applicando un principio già riconosciuto per altre tipologie di permesso (ad esempio, per motivi familiari).
Il chiarimento del Ministero del Lavoro si basa, infatti, sull’applicazione estensiva dell’articolo 5, comma 9-bis, T.U. Immigrazione, a mente del quale, nel caso di richiesta di rinnovo o conversione del permesso di soggiorno “lo straniero conserva tutti i diritti connessi al titolo posseduto fino alla decisione dell’autorità competente, purché la domanda sia stata presentata nei termini”. L’ambito operativo di tale disposizione era già stato “ampliato” mediante i chiarimenti contenuti nella nota n. 4079 emanata congiuntamente da Ministero del lavoro e delle politiche sociali e da INL il 7 maggio 2018, al caso di lavoratori stranieri richiedenti un permesso di soggiorno per motivi familiari, sul rilievo che si trattava pur sempre di permessi che consentono lo svolgimento di attività lavorative.
Allo stesso modo, ora la circolare n. 10/2025, mediante una nuova interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della norma richiamata, estende espressamente questa previsione anche ai titolari di permesso per lavoro stagionale, affermando che, dopo aver “svolto regolare attività lavorativa sul territorio nazionale per almeno tre mesi”, possano continuare a lavorare o iniziare una nuova attività (anche non stagionale) nelle more della definizione della domanda di conversione.
La conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a non stagionale è specificamente disciplinata dall’articolo 24, comma 10, T.U. Immigrazione, che, per effetto delle modifiche introdotte dal D.L. n. 145/2024 (e convertito con modificazioni dalla L. 187/2024), risulta ora esclusa dal sistema delle quote. In questo modo, il titolare di un permesso stagionale può, dunque, presentare la propria istanza di conversione in ogni momento dell’anno e senza alcun limite numerico, in presenza di qualsiasi offerta di lavoro a condizione che garantisca:
- un orario di lavoro di almeno 20 ore settimanali, se si tratta di lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato);
oppure
- una retribuzione mensile non inferiore al minimo previsto per l’assegno sociale nel caso di lavoro domestico.
Pertanto, il lavoratore straniero – non solo nelle more del rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, ma anche nei casi in cui sia in attesa della risposta sulla domanda di conversione del permesso per lavoro stagionale – potrà iniziare regolarmente l’attività lavorativa a carattere non stagionale, senza rischiare di perdere l’opportunità lavorativa alla base del l’istanza di conversione a causa dei tempi di attesa connessi al rilascio del permesso stesso, ed evitando il verificarsi di potenziali situazioni di lavoro irregolare o disoccupazione involontaria.
È ora chiaro che il diritto al lavoro in Italia durante l’attesa di una decisione amministrativa è garantito non solo per chi rinnova un permesso ordinario, ma anche per chi chiede di trasformare la propria posizione da stagionale a stabile.
Per poter lavorare regolarmente in tale “fase transitoria”, è necessario che vengano effettuati i seguenti adempimenti:
- presentazione della domanda di conversione del permesso di soggiorno stagionale (prima della scadenza del permesso o, al più tardi, entro 60 giorni dalla scadenza dello stesso);
- disponibilità della ricevuta che attesti l’avvenuta presentazione della domanda (rilasciata dal sistema ALI o dal SUI);
- comunicazione preventiva del rapporto di lavoro, effettuata telematicamente mediante:
- modello UNILAV per rapporti di lavoro subordinato;
- denuncia all’Inps per rapporti di lavoro domestico.
In presenza di queste condizioni, l’attività lavorativa, ancorché iniziata prima del rilascio del nuovo permesso di soggiorno, deve essere considera pienamente legittima.
Le ricadute pratiche di questa misura – promuovere la regolarità del lavoro, valorizzare la manodopera straniera già presente sul territorio e offrire più certezze giuridiche sia ai lavoratori che alle imprese – appaiono decisamente rilevanti, sia per i lavoratori stranieri in attesa di regolarizzazione, che per i datori di lavoro: rappresenta, infatti, per i primi, un importante elemento di integrazione, permettendo ai lavoratori stagionali di stabilizzarsi attraverso una continuità occupazionale che si traduce in un segnale positivo non solo in termini economici, ma anche politico-culturali, riconoscendo che chi ha già lavorato in Italia (per almeno 3 mesi) possa realmente perseguire un inserimento stabile e dignitoso; al contempo evita incertezze normative per i secondi, oltre a consentire loro di assumere personale già formato, presente legalmente sul territorio ed immediatamente disponibile, rivelandosi particolarmente utile proprio in quei settori a forte componente stagionale che necessitano anche di manodopera continuativa, quali agricoltura e ristorazione, senza trascurare nemmeno quello dell’assistenza familiare.