10 Gennaio 2024

Il lavoro in costanza di NASpI e DIS-COLL

di Michele Carli Scarica in PDF

Con il presente elaborato verranno esaminati gli effetti originati dall’istaurazione di un rapporto di lavoro sulle provvidenze erogate in favore di soggetti che hanno perso involontariamente l’occupazione.

 

Premessa

Tra i principali requisiti necessari per l’accesso alla NASpI[1] e alla DIS-COLL[2] vi è lo stato di disoccupazione dei soggetti beneficiari, che deve permanere per tutto il periodo di spettanza delle provvidenze. Considerato che la perdita dello stato di disoccupazione fa venire meno il diritto all’erogazione delle prestazioni previdenziali, si ritiene opportuno esaminare in dettaglio quali siano le casistiche che si possono verificare e i conseguenti effetti sulle stesse.

 

Lo stato di disoccupazione

Con l’articolo 19, D.Lgs. 150/2015[3] – rubricato “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” – il Legislatore ha regolamentato il c.d. stato di disoccupazione, prevedendo che:

  • si considerano disoccupati i soggetti privi di impiego[4] che abbiano dichiarato al Sistema unitario delle politiche attive del lavoro[5], con modalità informatiche, la loro immediata disponibilità al lavoro[6] e alla partecipazione alle misure di politica attiva organizzate dai Centri per l’impiego territorialmente competenti;
  • in caso di istaurazione di rapporti di lavoro a termine fino a 6 mesi, lo stato di disoccupazione sarà sospeso per tutta la durata del contratto.

Con l’articolo 20, D.Lgs. 150/2015 – rubricato “Patto di servizio personalizzato” – è stato, inoltre, stabilito che i lavoratori, al fine di confermare il proprio stato di disoccupazione, dovranno contattare – entro 30 giorni dalla data in cui si sono dichiarati disponibili al lavoro e alle politiche attive – i Centri per l’impiego per la profilazione e la stipula del patto di servizio personalizzato. Nel caso in cui non provvedano in autonomia a quanto detto, sarà il Centro per l’impiego a convocarli.

Con il successivo articolo 21 viene precisato che la presentazione della domanda di NASpI o DIS-COLL, inoltrata all’Inps[7] dal soggetto interessato, equivale alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e alle politiche attive prevista dal richiamato articolo 19.

Per quanto attiene alle prestazioni di NASpI e DIS-COLL, sono previste le seguenti sanzioni, in caso di:

  • mancata presentazione alla convocazione da parte del centro per l’impiego per la stipula del patto di servizio del soggetto interessato, senza giustificato motivo:
  • decurtazione di 1/4 di una mensilità alla prima mancata presentazione;
  • decurtazione di una mensilità alla seconda mancata presentazione;
  • decurtazione della prestazione e dello stato di disoccupazione alla terza mancata presentazione;
  • mancata partecipazione, sempre in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento: saranno applicate le medesime conseguenze appena esaminate per la stipula del patto di servizio;
  • mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione[8] oppure alle attività di pubblica utilità a beneficio della comunità territoriale di appartenenza[9]:
  • decurtazione di una mensilità, alla prima mancata partecipazione;
  • decurtazione della prestazione e dello stato di disoccupazione alla successiva mancata presentazione;
  • mancata accettazione, senza giustificato motivo, di un’offerta di lavoro congrua ai sensi dell’articolo 25[10], D.Lgs. 150/2015: decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione.

In caso di decadenza dallo stato di disoccupazione, per i casi appena esaminati, non sarà possibile una nuova registrazione prima che siano decorsi 2 mesi e saranno, altresì, recuperate le somme indebitamente percepite.

Infine – in fase di conversione[11], con modificazioni, del D.L. 4/2019 – il Legislatore, con l’articolo 4, comma 15 – per quanto attiene allo stato di disoccupazione – ha previsto che

“Per le finalità di cui al presente decreto ed ad ogni altro fine, si considerano in stato di disoccupazione anche i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.

Come precisato dall’Anpal, con propria circolare n. 1/2019, la norma appena citata è stata introdotta nell’ordinamento per sanare l’incongruenza che si era generata, con l’avvento del D.Lgs. 150/2015, tra la normativa in materia di stato di disoccupazione[12], quella considerata ai fini del reddito di inclusione[13] e quella inerente alla compatibilità tra NASpI e redditi di lavoro dipendente e autonomo inferiori ai limiti di esenzione fiscale[14].

In conclusione, dal combinato disposto delle norme esaminate nel presente paragrafo, emerge che sono considerati in stato di disoccupazione i soggetti che, oltre a dichiararsi immediatamente disponibili al lavoro e alle politiche attive, alternativamente rispettano uno dei seguenti requisiti:

  • non svolgono attività lavorativa di natura autonoma o subordinata;
  • svolgono attività lavorativa di natura autonoma o subordinata il cui reddito sia pari o inferiore alle detrazioni spettanti previste dall’articolo 13, Tuir.

In considerazione di ciò, coloro che rispettano i requisiti appena descritti sono in stato di disoccupazione e/o possono iscriversi e/o rimanere iscritti al collocamento ordinario e mirato (sia ai fini dell’accesso sia del mantenimento dello stato di disoccupazione).

 

Nuova attività lavorativa di natura subordinata in costanza di NASpI

Entrando nel vivo della trattazione andiamo adesso ad analizzare le varie casistiche che si potrebbero verificare quando un percettore di NASpI instauri un rapporto di lavoro di natura subordinata.

L’articolo 9, D.Lgs. 22/2015, stabilisce la decadenza della prestazione nella circostanza in cui il lavoratore, durante il percepimento della NASpI, sottoscriva un contratto di lavoro subordinato che generi un reddito annuale superiore al limite di esclusione fiscale. In pratica, i beneficiari potranno percepire redditi nel limite massimo della c.d. no tax area ovvero un reddito che generi un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni previste dall’articolo 13, Tuir. Per l’anno 2023 il reddito massimo percepibile è quantificabile, in considerazione della normativa vigente, in 8.174 euro.

L’Anpal, con propria circolare n. 1/2019, ha chiarito che la valutazione del reddito presunto dovrà essere eseguita in termini prospettici ovvero si dovrà valutare l’inidoneità potenziale del nuovo rapporto lavorativo a produrre nell’anno un reddito superiore alla soglia di esenzione fiscale. Dovrà pertanto essere valutata, in termini disgiunti rispetto alla durata del rapporto lavorativo, la retribuzione annua imponibile ai fini fiscali ovvero la retribuzione lorda spettante al netto della contribuzione previdenziale a carico del lavoratore dipendente[15].

Nel caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a 6 mesi la prestazione sarà sospesa d’ufficio per la durata del contratto a termine. La contribuzione versata durante il periodo di sospensione sarà utile sia ai fini dei requisiti di accesso[16] sia della durata[17] della provvidenza.

Si ricorda che il computo dei 6 mesi è riferito al singolo rapporto lavorativo, anche se il lavoratore ha instaurato più rapporti lavorativi nel medesimo anno. In considerazione di quanto appena esposto, se il lavoratore instaura un ulteriore contratto di lavoro, anche senza soluzione di continuità, il periodo della sospensione ricomincia a decorrere, benché la somma dei periodi dei 2 contratti sia superiore a 6 mesi. Allo scadere del contratto, prima della fine dei 6 mesi, il lavoratore tornerà ad essere in stato di disoccupazione e la relativa anzianità decorrerà dalla fine della sospensione. Se, invece, il contratto, per qualsivoglia motivo, superi i 6 mesi, e la retribuzione prospettica annua sia superiore a 8.174 euro, l’interessato decadrà dallo stato di disoccupazione.

Il lavoratore assunto con un rapporto di lavoro subordinato, il cui reddito rientri nei limiti della c.d. no tax area, conserverà il diritto a percepire la provvidenza esclusivamente nel caso in cui abbia provveduto a comunicare all’Inps, entro 30 giorni dall’inizio della nuova attività, il reddito annuo presunto[18].

In quest’ultima ipotesi la NASpI – ai sensi e per gli effetti dell’articolo 10, D.Lgs. 22/2015 – sarà “ridotta di un importo pari all’80 % del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al periodo precedente è ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi”.

Un’ulteriore condizione, per non decadere dal diritto al percepimento della provvidenza, riguarda il fatto che il nuovo datore di lavoro, o l’utilizzatore in caso di somministrazione, sia soggetto diverso dal datore di lavoro, o dall’utilizzatore, per il quale il lavoratore prestava la propria attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI. Non dovranno, inoltre, verificarsi rapporti di collegamento o di controllo ovvero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti tra i datori di lavoro, o utilizzatori, titolari del vecchio e del nuovo rapporto di lavoro.

Il lavoratore, a cui fanno capo 2 o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale, che interrompa uno dei 2 rapporti a seguito di licenziamento, di dimissioni per giusta causa o di risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura obbligatoria ex articolo 7, L. 604/1966[19], e il cui reddito derivante dal rapporto non cessato non generi un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni previste dall’articolo 13, Tuir, ricorrendo tutti gli altri requisiti, potrà percepire la NASpI, ridotta nei termini di cui all’articolo 10, D.Lgs. 22/2015, a condizione che comunichi all’Inps, entro 30 giorni dall’istanza di accesso alla NASpI, il reddito annuo previsto.

Si ricorda, infine, che la contribuzione relativa all’Ago per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attività di lavoro subordinato non dà luogo ad accrediti contributivi ed è riversata integralmente alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24, L. 88/1989[20].

 

Nuova attività lavorativa di natura autonoma in costanza di NASpI

Vediamo adesso gli effetti che produce l’attività di lavoro autonomo sulla provvidenza.

L’articolo 10, D.Lgs. 22/2015 prevede che, se il percettore di NASpI avvia un’attività lavorativa autonoma, o di impresa individuale, dalla quale ottenga un reddito che corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ex articolo 13, Tuir, deve informare l’Inps entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo presunto. Per l’anno 2023 il reddito autonomo massimo percepibile è quantificabile, in considerazione della normativa vigente, in 5.500 euro. Anche in questo caso la NASpI sarà “ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al periodo precedente è ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi”.

Se il lavoratore non è soggetto all’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi dovrà inoltrare all’Inps un’autodichiarazione inerente al reddito ricavato dall’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale entro il 31 marzo dell’anno successivo. Ove omettesse di presentare l’autodichiarazione sarà tenuto a restituire la provvidenza percepita dalla data di inizio della nuova attività lavorativa.

La circolare Anpal n. 1/2019 ci ricorda che, a differenza delle nuove attività di lavoro subordinato, in nessun caso lo svolgimento di attività di lavoro autonomo dà luogo a sospendere il periodo di disoccupazione. Con il medesimo provvedimento di prassi l’Anpal precisa che fanno eccezione i redditi di lavoro autonomo – ex articolo 50, comma 1, Tuir – in quanto sono equiparati a redditi di lavoro dipendente per i quali resta vigente il limite massimo reddituale, per l’anno 2023, di 8.174 euro annui. A tal fine, rilevano in particolare:

  • i compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca, anche se con rapporto di lavoro autonomo (anche in forma di collaborazione), sempre che il reddito ricavato da tali attività sia compreso entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 %;
  • i redditi percepiti in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita.

Per quanto attiene alle regole di imputazione del reddito si dovrà seguire il principio c.d. di cassa sia ai fini dell’imputazione dei compensi sia delle spese. Dal reddito saranno detratti, se dovuti, i contributi previdenziali versati alle gestioni previdenziali obbligatorie.

Nella circostanza in cui vengano superati i limiti reddituali esaminati nel presente paragrafo, i lavoratori avranno l’obbligo di comunicarlo ai servizi competenti, con la conseguente perdita dello stato di disoccupazione, che decorrerà dalla data del superamento stesso. In caso di omissione il lavoratore sarà responsabile civilmente degli oneri aggiuntivi sostenuti dalla Pubblica Amministrazione inerenti alla mancata decadenza dello stato di disoccupazione.

Si ricorda, infine, che la contribuzione relativa all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attività di lavoro autonomo o di impresa individuale, alla stregua di quella versata per il lavoro subordinato, non dà luogo ad accrediti contributivi ed è riversata integralmente alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti di cui all’articolo 24, L. 88/1989[21].

 

Nuova attività lavorativa di natura subordinata in costanza di DIS-COLL

Con l’articolo 15, comma 11, D.Lgs. 22/2015, il Legislatore ha regolamentato gli effetti che si verificano sulla provvidenza nel caso in cui il percettore di DIS-COLL instauri un rapporto di lavoro di natura subordinata. Se il nuovo rapporto di lavoro è superiore a 5 giorni, il lavoratore decadrà dal diritto al percepimento della provvidenza stessa. Se il contratto di lavoro subordinato ha una durata inferiore a 5 giorni, la DIS-COLL sarà sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie[22] di assunzione che il nuovo datore di lavoro invierà, con modalità telematiche, al Centro per l’impiego territorialmente competente. Al termine della sospensione l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.

 

Nuova attività lavorativa di natura autonoma in costanza di DIS-COLL

Per quanto concerne, invece, la compatibilità tra la DIS-COLL e l’attività di lavoro autonomo, con il comma 12 del richiamato articolo 15[23], D.Lgs. 22/2015, è stato previsto che, se il beneficiario della provvidenza intraprende un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale – dalla quale derivi un reddito corrispondente a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13, Tuir – dovrà darne comunicazione all’Inps entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, indicando il reddito annuo che prevede di percepire. Nel caso in cui il lavoratore ometta di comunicare il reddito presunto all’Inps decadrà dal diritto alla DIS-COLL. Si ricorda quanto già emerso nel corso della presente trattazione: per l’anno 2023 il reddito autonomo massimo percepibile è quantificabile, in considerazione della normativa vigente, in 5.500 euro. La DIS-COLL sarà “ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al periodo precedente è ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi”.

Se il lavoratore non è soggetto all’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi dovrà presentare all’Inps un’autodichiarazione inerente al reddito ricavato dall’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale entro il 31 marzo dell’anno successivo. Ove omettesse di presentare l’autodichiarazione sarà tenuto a restituire la provvidenza percepita dalla data di inizio della nuova attività lavorativa autonomo o di impresa individuale.

 

 Il rapporto tra lavoro intermittente e lo stato di disoccupazione

In caso di ricorso al lavoro intermittente il lavoratore conserverà lo stato di disoccupazione per tutta la durata del contratto a condizione che la retribuzione annua percepita sia inferiore al limite di reddito esente da imposizione fiscale per il lavoro subordinato, fissato, per l’anno 2023, in 8.174 euro. Contrariamente, per quanto attiene alla sospensione dello stato di disoccupazione, si possono verificare 2 situazioni distinte in funzione del diritto o meno del lavoratore a percepire la c.d. indennità di disponibilità ex articolo 16, D.Lgs. 81/2015.

Se il lavoratore non ha diritto a percepire l’indennità di disponibilità, lo stato di disoccupazione verrà sospeso nei periodi di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre il lavoratore resterà disoccupato nei periodi di non lavoro. In considerazione di ciò, per quanto riguarda la sospensione o la decadenza dello stato di disoccupazione si dovranno computare esclusivamente i periodi di effettivo lavoro che sono stati oggetto di comunicazione preventiva ex articolo 15, comma 3, D.Lgs. 81/2015. Nel caso in cui il lavoro effettivo si protragga oltre 180 giorni continuativi presso il medesimo datore di lavoro il lavoratore decadrà dallo stato di disoccupazione esclusivamente se la retribuzione annua prospettica sia superiore a 8.174 euro.

Per quanto riguarda, invece, i lavoratori con diritto a percepire l’indennità di disponibilità lo stato di disoccupazione sarà sospeso per tutta la durata del contratto a condizione che la retribuzione annua prospettiva sia superiore a 8.174 euro. Qualora la durata effettiva del rapporto di lavoro intermittente superi i 180 giorni il lavoratore decadrà dallo stato di disoccupazione dal momento in cui la retribuzione annua prospettica sia superiore a 8.174 euro. Quanto appena esposto trova fondamento nella posizione assunta dall’Inps con proprio messaggio n. 1162/2018.

 

I tirocini extracurricolari, i lavori di pubblica utilità/socialmente utili e lo stato di disoccupazione

Considerato che il tirocinio non configura un rapporto di lavoro – indipendentemente dal fatto che sia prevista l’erogazione di un’indennità c.d. di partecipazione – il tirocinante potrà rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e alle politiche attive ed essere considerato in stato di disoccupazione. Per il medesimo principio, il soggetto in stato di disoccupazione, che attivi un tirocinio, manterrà lo stato di disoccupazione.

Le stesse considerazioni possono estendersi anche in caso di inizio di un lavoro di pubblica utilità o lavoro socialmente utile, poiché anche in questa ipotesi non si determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.

 

 

Lavoro occasionale/Libretto di famiglia e stato di disoccupazione

I lavoratori chiamati a prestare la propria opera tramite prestazioni di lavoro occasionale ex articolo 54-bis, D.L. 50/2017[24], sono considerati in stato di disoccupazione per espressa previsione di legge in quanto il comma 4 del richiamato articolo 54-bis sancisce che

“i compensi percepiti dal prestatore sono esenti da imposizione fiscale, non incidono sul suo stato di disoccupato e sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno”.

 

Lo svolgimento congiunto di più attività lavorative, di diversa natura, e lo stato di disoccupazione

In conclusione, si ricorda che l’Anpal[25] ha precisato che il lavoratore potrà conservare, altresì, lo stato di disoccupazione nel caso in cui lo stesso intrattenga più rapporti di lavoro, anche di natura diversa[26], purché non superino:

  • in ciascuno degli ambiti i rispettivi limiti di reddito necessari per il mantenimento dello stato di disoccupazione;

complessivamente tra tutti i diversi redditi il limite massimo di mantenimento dello stato di disoccupazione previsto per il lavoro subordinato ovvero, per il 2023, 8.174 euro.

 

[1] Indennità di disoccupazione dei lavoratori subordinati ex articolo 1, D.Lgs. 22/2015.

[2] Indennità di disoccupazione dei lavoratori parasubordinati ex articolo 15, D.Lgs. 22/2015.

[3] Pubblicato nella G.U. n. 221/2015 ed entrato in vigore l’8 ottobre 2016.

[4] Con il comma 4 del medesimo articolo 19 viene precisato che i lavoratori potranno dichiarare la loro immediata disponibilità al lavoro, in caso di licenziamento, anche in costanza di preavviso. In questo caso saranno considerati lavoratori “a rischio disoccupazione”.

[5] Ex articolo 13, D.Lgs. 150/2015.

[6] Con il comma 7, sempre del richiamato articolo 19, al fine di evitare l’ingiustificata registrazione di un soggetto disoccupato che non sia disponibile al lavoro e alle politiche attive, è stato previsto, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2015, che le normative nazionali e regionali – le quali condizionano l’accesso alle prestazioni di carattere sociale allo stato di disoccupazione – si intenderanno riferite alla condizione di non occupazione.

[7] Che la trasmetterà all’Anpal.

[8] Ex articolo 20, comma 3, lettera b), D.Lgs. 150/2015.

[9] Ex articolo 26, D.Lgs. 150/2015.

[10]Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvede alla definizione di offerta di lavoro congrua, su proposta dell’ANPAL, sulla base dei seguenti principi: a) coerenza con le esperienze e le competenze maturate; b) distanza dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico; c) durata della disoccupazione; d) retribuzione superiore di almeno il 20 per cento rispetto alla indennità percepita nell’ultimo mese precedente …”. Per quanto attiene ai limiti percentuali previsti dalla lettera d) si ricorda che possono variare in funzione delle diverse provvidenze; pertanto, per un’analisi completa, di rimanda alla lettura dell’articolo 26.

[11] L. 26/2019.

[12] Articolo 19, D.L.gs. 150/2015.

[13] Articolo 3, comma 3, D.Lgs. 147/2017.

[14] Articoli 9 e 10, D.Lgs. 22/2015.

[15] Ai fini del controllo, il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro provvede a effettuare i relativi calcoli a partire dalla retribuzione lorda comunicata ai sensi dell’articolo 9-bis, comma 2, D.L. 510/1996, convertito, con modificazioni, dalla L. 608/1996, scomputandone i contributi a carico del lavoratore.

[16] Articolo 3, D.Lgs. 22/2015.

[17] Articolo 5, D.Lgs. 22/2015.

[18] Per l’anno 2024 si veda il messaggio Inps n. 4361/2023.

[19] Prevista per le aziende di grandi dimensioni ex articolo 18, comma 8, L. 300/1970 ovvero per i “datori di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché’ al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”.

[20]Articolo 9, comma 4, D.Lgs. 22/2015.

[21] Articolo 10, comma 2, D.Lgs. 22/2015.

[22] Articolo 9-bis, comma 2, D.L. 510/1996, convertito, con modificazioni, dalla L. 608/1996.

[23] D.Lgs. 22/2015.

[24] Convertito con modificazioni dalla L. 96/2017.

[25] Circolare n. 1/2019.

[26] Autonomo, parasubordinato, subordinato e occasionale.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Guida pratica previdenziale“.

Come instaurare rapporti di lavoro in smart working