1 Agosto 2018

Gli obblighi contributivi sulle ferie e permessi arretrati e non goduti

di Francesco Bosetti

Tra gli aspetti più rilevanti che un datore di lavoro deve tenere in considerazione nella gestione del personale sono i termini temporali entro i quali i principali istituti di retribuzione indiretta, ovvero le ferie e permessi, devono essere fruiti per evitare di essere oggetto sia di obblighi contributivi anticipati rispetto a quanto avviene ordinariamente sia di sanzioni, la cui applicazione è prevista esclusivamente in caso di mancata fruizione delle ferie entro i termini previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Nell’articolo che segue andremo ad analizzare la disciplina che regola le tempistiche di godimento di ferie e permessi e i margini previsti dall’ordinamento per procrastinare il termine di “scadenza” entro il quale è possibile fruire di tali istituti, senza essere oggetto del relativo prelievo contributivo.

 

Ferie e permessi arretrati e non goduti

Accade di frequente che in azienda si verifichino situazioni nelle quali la totalità o parte dei lavoratori si ritrovino ad avere un rilevante accumulo di ore di ferie e permessi relativi ad anni precedenti e non ancora goduti; tale fattispecie si verifica, ad esempio, a causa di prolungati periodi nei quali vi è un rilevante aumento dell’attività lavorativa senza che vi sia una corrispettiva assunzione di nuovo personale o un’inefficiente distribuzione dei carichi lavorativi tra i dipendenti presenti in azienda, che comporta solo per taluni la possibilità di usufruire regolarmente dell’istituto delle ferie.

Le situazioni appena descritte non devono essere sottovalutate dal datore di lavoro, in quanto l’ordinamento prevede, seppur con fonti normative e modalità diverse a seconda si tratti di ferie o permessi, una scadenza temporale alla fruizione da parte dei lavoratori di tali istituti, che, se non rispettata, può portare sia a sanzioni che a penalizzazioni economiche sotto forma di pagamento anticipato dei contributi sulle ore di ferie e di permessi non usufruiti.

Alla luce di ciò risulta, pertanto, opportuno che l’azienda stabilisca, ove possibile e compatibilmente con la tipologia dell’attività lavorativa svolta, un piano di programmazione annuale del lavoro, in modo che non si verifichino accumuli di ferie e permessi arretrati, partendo da un’importante considerazione alla base di tale valutazione:

  • il periodo delle ferie è di norma stabilito dal datore di lavoro, tenendo conto delle esigenze aziendali e degli interessi del prestatore di lavoro, con l’obbligo di comunicare preventivamente al lavoratore il periodo di fruizione delle stesse (articolo 2019 cod. civ.). Come stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 7951/2001, l’esatta determinazione del periodo feriale spetta unicamente all’imprenditore quale espressione del potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete solo la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale;
  • i permessi rappresentano un diritto disponibile per il lavoratore, il cui esercizio è legato a necessità personali, e l’epoca del loro godimento non può in alcun modo essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro.

 

L’istituto delle ferie

Il nostro ordinamento, allo scopo di reintegrare le energie psicofisiche del lavoratore, riconosce il diritto, sancito dall’articolo 36, Costituzione, a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane (articolo 10, D.Lgs. 66/2003), conferendo alla contrattazione collettiva la facoltà di stabilire condizioni di maggior favore per quanto attiene sia alla durata, con la previsione di periodi annuali di ferie superiori al minimo previsto dalla legge, sia alle modalità di godimento, garantendo una maggiore continuità di fruizione rispetto a quanto previsto dalla norma.

Il periodo minimo di 4 settimane non può essere indennizzato a causa della mancata fruizione da parte del lavoratore, tranne in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, e pertanto è nullo qualsiasi patto che preveda il mancato godimento di ferie dietro corrispettivo economico.

Il periodo minimo annuale legale di ferie deve essere goduto:

  • per almeno 2 settimane nel corso del periodo di maturazione, consecutive in caso di richiesta del lavoratore; qualora non sia possibile rispettare il periodo minimo di 2 settimane di ferie o il diverso periodo previsto dalla contrattazione collettiva nell’anno di maturazione per cause imputabili esclusivamente al lavoratore (ad esempio assenze prolungate per maternità, malattia, infortunio, servizio civile) il datore di lavoro non può essere ritenuto responsabile (Ministero del lavoro, interpello n. 4908/2006);
  • per le restanti 2 settimane, entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione; la contrattazione collettiva può prorogare il termine di 18 mesi entro cui godere delle ferie annuali, ma non può rinviare il godimento di tale istituto oltre un limite tale per cui la funzione di tale istituto non risulti snaturata (Ministero del lavoro, interpello, n. 4908/2006).

 

Il divieto di monetizzazione delle ferie

Il divieto di monetizzazione è il principio fondamentale posto alla base dell’istituto delle ferie ed è stato introdotto dal Legislatore con il D.Lgs. 66/2003, al fine di garantire la finalità di tale istituto, ovvero quella di tutelare la salute della persona che può essere compromessa dallo svolgimento continuativo della prestazione lavorativa; tuttavia, l’ordinamento prevede delle ipotesi in cui è possibile monetizzare le ferie residue e non godute:

  • ferie maturate nei contratti a tempo determinato di durata inferiore all’anno (Ministero del lavoro, circolare, n. 8/2005);
  • ferie residue al momento della cessazione del rapporto di lavoro che avvenga in corso dell’anno (Ministero del lavoro, interpello n. 5221/2006);
  • ferie previste dalla contrattazione collettiva eccedenti il periodo minimo di 4 settimane previsto dalla legge (Ministero del lavoro, circolare, n. 8/2005; Inps, messaggio, n. 79/2003);
  • lavoratore inviato all’estero, non in trasferta, qualora vi sia l’impossibilità oggettiva della fruizione delle ferie giustificata dal brevissimo tempo che intercorre tra la decisione di inviare il lavoratore all’estero e la sua partenza, che non consente una programmazione delle ferie stesse in relazione alle esigenze produttive/organizzative dell’impresa (Ministero del lavoro, interpello n. 15/2008).

 

Gli obblighi contributivi sulle ferie “scadute”

L’Inps ha stabilito che il datore di lavoro è chiamato al versamento dei contributi dovuti sulle ferie residue rispetto alle 4 settimane minime spettanti e non ancora godute decorsi 18 mesi dalla loro maturazione; pertanto, sulle ferie maturate entro l’anno 2016 e non ancora fruite dai lavoratori entro il 30 giugno 2018, i datori di lavoro sono chiamati a versare la relativa contribuzione, comprensiva della quota a carico del lavoratore, entro il 20 agosto 2018.

Tale versamento costituisce un pagamento anticipato dell’onere contributivo: nel momento in cui il lavoratore usufruirà effettivamente delle ferie o in occasione della corresponsione dell’indennità per intervenuta cessazione del rapporto di lavoro, l’azienda potrà procedere al recupero dei contributi già versati in precedenza.

Il Ministero del lavoro, con interpello n. 5221/2006, ha esteso l’obbligo del versamento anticipato dei contributi anche ai periodi di ferie ulteriori rispetto alle 4 settimane minime di legge e non ancora godute; in questo caso, una possibile scelta è quella di convertire, in accordo con il lavoratore interessato, le ferie eccedenti al minimo legale in indennità sostitutiva, in modo da versare in maniera definitiva i relativi contributi.

L’ordinamento prevede 2 possibilità di differire la fruizione delle ferie non godute e il relativo versamento dei contributi in un termine più ampio e diverso rispetto a quello stabilito ordinariamente, ovvero decorsi 18 mesi della maturazione: la prima legata a una facoltà esercitata dalla contrattazione collettiva o aziendale, la seconda legata a una situazione soggettiva relativa al dipendente:

  1. nel caso di previsione contrattuale, sia di livello collettivo che individuale, che preveda un termine per la fruizione delle ferie più ampio rispetto a quello legale, tale termine diventa il momento entro il quale versare anche la contribuzione; pertanto, è possibile spostare la scadenza di fruizione, con conseguente spostamento anche del relativo obbligo contributivo;
  2. nelle ipotesi d’interruzione temporanea della prestazione di lavoro per le cause previste dalla legge (malattia, infortunio, maternità), verificatesi nel corso del termine di 18 mesi, lo stesso rimane sospeso per un periodo di durata pari a quello del legittimo impedimento medesimo, salvo poi decorrere dal giorno in cui il lavoratore riprende l’attività lavorativa (Inps, messaggio, n. 18850/2006); il Ministero del lavoro, con interpello n. 19/2011, ha incluso tra le ipotesi di interruzione temporanea anche la concessione di Cigo, Cigs e Cig in deroga.

In merito alla prima possibilità, è opportuna una considerazione: preso atto che lo spostamento del termine di fruizione delle ferie comporta il differimento dell’obbligo contributivo, è necessario ricordare che tale spostamento non deve portare a snaturare la funzione dell’istituto delle ferie, ovvero il recupero delle energie psicofisiche, tutelata costituzionalmente dall’articolo 36.

Pertanto, risulta opportuno prestare attenzione alla stipula di accordi individuali di differimento ferie, che, se da un lato permettono di evitare il versamento anticipato dei contributi, dall’altro possono creare problematiche relative alla genuina fruizione delle ferie.

 

Sanzioni

Il mancato godimento del periodo minimo legale delle ferie, o di quello più ampio previsto dai contratti collettivi, è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria come segue (articolo 18-bis, comma 3, D.Lgs. 66/2003):

Numero lavoratori/anni Sanzione
Violazione riferita a fino a 5 lavoratori per un solo anno Da 100 a 600 euro
Violazione riferita a più di 5 lavoratori ovvero che si è verificata in almeno 2 anni Da 400 a 1.500 euro
Violazione riferita a più di 10 lavoratori ovvero che si è verificata in almeno 4 anni Da 800 a 4.500 euro

 

Il Ministero del lavoro, con la circolare n. 8/2005, ha precisato che, per essere soggetto delle sanzioni previste, è sufficiente che il lavoratore non abbia goduto anche solo di una parte delle ferie cui ha diritto; pertanto, il datore di lavoro è passibile di sanzioni anche nell’ipotesi in cui il godimento di detto periodo di ferie annuale sia in corso di godimento, in quanto il periodo deve essere fruito nel corso dell’anno di maturazione e non oltre tale termine.

Al fine di evitare l’applicazione della sanzione amministrativa, il datore di lavoro deve imputare prioritariamente le ferie maturate nei periodi rispetto ai quali è più vicina la data di scadenza del termine di godimento (Ministero del lavoro, interpello n. 496/2006).

 

L’istituto dei permessi

Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro per un determinato numero di ore senza subire alcuna decurtazione della retribuzione, tramite la fruizione dell’istituto dei permessi, indicati dai Ccnl come Rol (riduzione orario lavoro) e ex festività (relative alle 4 ricorrenze religiose non più considerate festive agli effetti civili).

I Rol e ex festività, che possono essere fruiti a ore, gruppi di ore o a giornate intere, trovano la loro regolamentazione nell’ambito della contrattazione collettiva che oltre a quantificarne la misura stabilisce, nella maggior parte dei Ccnl, il termine entro il quale essi devono essere fruiti, pena il pagamento in busta paga dell’indennità sostitutiva relativa ai permessi non fruiti (non vige il divieto di monetizzazione previsto per le ferie) e il conseguente versamento dei contributi previdenziali (in questo caso non anticipato, ma definitivo).

La lettera circolare del Ministero del Lavoro n. 8489/2007 ha precisato che il mancato rispetto della fruizione dei permessi nei termini stabiliti dalla contrattazione collettiva non comporta alcuna ipotesi sanzionatoria, né penale né amministrativa; alla base della posizione ministeriale vi è la considerazione che i permessi sono un istituto la cui regolamentazione è rimessa alla disciplina delle parti e, pertanto, il Legislatore non ha previsto interventi di tipo sanzionatorio nel caso di irregolarità nella loro gestione.

Si evidenzia, tuttavia, che la violazione del Ccnl applicato in azienda in seguito alla mancata fruizione dei permessi entro il termine contrattuale o al mancato pagamento della relativa indennità sostitutiva entro tale scadenza non permette all’azienda di aver diritto a eventuali agevolazioni contributive legate a nuove assunzioni, come previsto dall’articolo 1, commi 1175-1176, L. 296/2006.

 

Gli obblighi contributivi sui permessi “scaduti”

Come già anticipato, la maggior parte dei contratti collettivi prevedono per i permessi un termine di fruizione entro il quale, se non goduti, deve essere corrisposta al lavoratore la relativa indennità sostitutiva e versati i corrispondenti contributi previdenziali.

A supporto dell’azienda che si trovi nell’impossibilità di non poter far fruire alla scadenza prevista i permessi residui o erogare la relativa indennità sostitutiva, vengono a supporto 2 importanti disposizioni di prassi:

  • la nota n. 9044/2011 del Ministero del lavoro, nella quale si precisa che il termine ultimo di godimento dei permessi può essere fissato sia dalla fonte contrattuale collettiva, di livello nazionale o aziendale, che da quella individuale; con tale posizione il Ministero ha concesso la possibilità di stipulare accordi individuali che prevedano lo spostamento del termine di “scadenza” dei permessi, con conseguente slittamento del termine per il versamento dei contributi;
  • il messaggio Inps n. 14605/2011, il quale stabilisce come sia nella disponibilità delle parti del rapporto di lavoro di prevedere una deroga alla contrattazione collettiva sul termine ultimo di fruizione del monte ore e che, in tali casi, l’insorgenza dell’obbligazione contributiva verrà rinviata con il predetto termine.

Pertanto, alla luce di queste 2 disposizioni, sono 4 le situazioni che potrebbero configurarsi in relazione al momento impositivo dei contributi sui permessi non ancora goduti:

  1. nell’ipotesi in cui il contratto collettivo non preveda un termine per la fruizione di Rol ed ex festività, l’obbligo del versamento dei contributi scatta al momento della loro reale fruizione e in occasione della cessazione del rapporto di lavoro. L’Inps, con messaggio n. 14605/2011, ha stabilito che, nel caso in cui né la contrattazione collettiva né le parti individuali stabiliscano un termine per il godimento dei permessi, essi possono essere gestiti liberamente, senza previsione di scadenza per la connessa obbligazione contributiva;
  2. qualora il contratto collettivo preveda un termine per l’utilizzo dei permessi, i Rol e le ex festività non ancora fruiti vengono corrisposti in busta paga al lavoratore a titolo di indennità sostitutiva e il datore di lavoro dovrà provvedere al conseguente versamento dei contributi all’Inps;
  3. nell’ipotesi in cui un accordo individuale abbia disposto il termine ultimo di godimento diverso da quello previsto dal Ccnl, l’obbligazione contributiva sorge, oltre che al momento della loro reale fruizione, alla data del nuovo termine di differimento stabilito dall’accordo individuale;
  4. nel caso in cui un accordo individuale stabilisca l’accantonamento dei permessi a tempo indeterminato senza un termine ultimo per il godimento, l’obbligazione contributiva sorge, oltre che al momento della loro reale fruizione, al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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