28 Agosto 2019

Parità di trattamento salariale nel diritto del lavoro italiano ed europeo: commento alla sentenza C-154/18

di Gabriele Gamberini

Nella causa C-154/18 – Horgan e Keegan la Corte di Giustizia viene chiamata ad affrontare il tema della parità di trattamento salariale all’assunzione, dovendo valutare la legittimità di una “retribuzione di ingresso” per i neoassunti. Tale tematica può creare tensioni nel clima aziendale per la fisiologica tendenza dei lavoratori a confrontarsi tra loro. Per una corretta organizzazione di lavoro nell’impresa è dunque opportuno allineare le scelte datoriali al diritto antidiscriminatorio.

 

Premessa

Nel nostro ordinamento giuridico non esiste un principio generale di parità di trattamento nei negozi intersoggettivi privati, tale da precludere all’autonomia collettiva o individuale la possibilità di determinare, al di là di certe condizioni minime garantite dall’articolo 36, Costituzione, e salvo limiti particolari, differenziate posizioni retributive, e tale, quindi, da imporre l’attribuzione di un identico trattamento economico, a parità di qualifica e mansioni, a tutti i lavoratori dipendenti da una stessa impresa. Ciononostante, sovente le imprese si trovano a gestire casi di lavoratori che chiedono il riconoscimento di un determinato trattamento unicamente perché tale beneficio è stato concesso a un collega nella medesima posizione. Tali situazioni, se non affrontate correttamente, possono comportare un aumento (non dovuto) del costo del lavoro.

Il caso affrontato dalla Corte di Giustizia nella causa C-154/18 – Horgan e Keegan, sebbene riferito a un contenzioso tra 2 giovani dipendenti pubblici e il Ministro dell’istruzione irlandese, offre l’occasione per riflettere sul principio di parità di trattamento e sul diritto antidiscriminatorio.

 

Il caso

Il Ministero delle finanze irlandese, con la circolare n. 18 del 23 dicembre 2010, al fine di conseguire una riduzione strutturale dei costi del pubblico impiego nell’ambito del bilancio 2011, tra le misure del c.d. “National Recovery Plan”, applicava dei tagli al costo del personale a decorrere dalle assunzioni di dipendenti pubblici effettuate dal 1° gennaio 2011. In particolare, il Governo stabiliva una riduzione del 10% alla retribuzione dei dipendenti pubblici neoassunti (in prosieguo: neoassunti), prevedendo peraltro che detti lavoratori venissero inquadrati al livello di base del pubblico impiego e iniziassero dunque a svolgere le loro funzioni con inquadramento nella prima fascia della tabella salariale del relativo settore.

Nel giugno 2011, nell’ambito delle misure di cui sopra, veniva emanata anche la circolare n. 0040/2011 del Ministero dell’istruzione irlandese. Questa prevedeva che tutti coloro che avevano iniziato a lavorare come insegnanti nelle scuole pubbliche dal 1° gennaio 2011 erano soggetti ai nuovi livelli minimi retributivi – inferiori del 10% sia per quanto riguarda la paga base, sia per le indennità – e, in quanto neoassunti, venivano inquadrati al primo livello del contratto collettivo degli insegnanti pubblici.

Nel 2011 il Sig. Tomás Horgan e la Sig.ra Claire Keegan ottenevano l’abilitazione all’insegnamento in Irlanda.

Il Sig. Horgan, ai tempi ventiduenne, iniziava a lavorare come insegnante nella St Josephs Convent National School dal 3 ottobre 2011, mentre la Sig.ra Keegan, ai tempi ventitreenne, iniziava a lavorare dall’11 ottobre 2011. In virtù delle disposizioni indicate sopra, entrambi venivano inquadrati al primo livello – mentre per la prassi precedente avrebbero avuto diritto al secondo – e con una retribuzione inferiore del 10% rispetto ai precedenti minimi salariali.

I neo-insegnanti ritenevano dunque di essere oggetto di discriminazione fondata sull’età, poiché le novità che riguardavano gli insegnanti assunti dal 1° gennaio 2011 avevano in particolare un impatto (negativo) sui giovani[1]. Secondo il Sig. Horgan e la Sig.ra Keegan il governo irlandese aveva quindi creato 2 gruppi comparabili: da un lato gli insegnanti pubblici neoassunti (new appointees appointed on or after 1 January 2011) e, dall’altro, coloro che invece avevano iniziato a lavorare nelle scuole pubbliche prima di tale data. Tuttavia, benché i 2 gruppi di insegnanti svolgessero le medesime mansioni, erano soggetti sia a un trattamento retributivo, sia a un inquadramento contrattuale differente. Si consideri che secondo le stime del sindacato dei docenti irlandesi (National Teachers’ Organisation – INTO), tali disposizioni causerebbero un danno retributivo ai neossunti, nel corso della carriera, pari a circa 100.000 euro, che, in altre parole, andranno a percepire il 4% della retribuzione in meno rispetto ai colleghi assunti precedentemente. Infatti, gli insegnanti assunti prima del 1° gennaio 2011 venivano inquadrati al secondo livello e avevano una retribuzione iniziale di base annua lorda pari ad 36.890 euro, mentre coloro che venivano assunti dopo quella data venivano inquadrati al primo livello e percepivano una retribuzione annua lorda pari ad 32.240 euro, ossia 4.650 euro in meno rispetto ai colleghi assunti anche solo qualche giorno prima.

 

I ricorsi all’Equality Tribunal e alla Labour Court irlandesi

Il Sig. Horgan e la Sig.ra Keegan impugnavano le misure del National Recovery Plan dinanzi all’Equality Tribunal irlandese[2], ritenendo che ne derivasse una disparità di trattamento fondata sull’età ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera f) dell’Employment Equality Acts[3]. In particolare, i ricorrenti ritenevano di svolgere le medesime mansioni dei propri colleghi insegnanti assunti prima del 1° gennaio 2011, ai sensi dell’articolo 7 dell’Employment Equality Acts[4], e asserivano dunque di avere diritto al medesimo trattamento retributivo, conformemente a quanto previsto dall’articolo 29 dell’Employment Equality Acts[5].

Il Ministero dell’istruzione riteneva, invece, che non sussistessero discriminazioni, poiché non risultava provato che le persone di una determinata età erano soggette a un trattamento peggiore rispetto agli altri insegnanti che svolgevano le medesime mansioni. Peraltro, la riduzione del trattamento economico non aveva avuto un effetto deterrente verso l’accesso dei giovani alla professione di insegnante, poiché il trend anagrafico degli insegnanti neoassunti era sempre stabile. Parte resistente riteneva, pertanto, legittimo che coloro che avevano maggiore anzianità di servizio ricevessero un trattamento economico superiore rispetto ai neoassunti. Il Ministero riteneva, inoltre, che non potesse intravedersi una discriminazione fondata sull’età, perché l’abilitazione all’insegnamento poteva essere ottenuta a qualsiasi età e, dunque, non tutti coloro che erano stati interessati dai tagli erano giovani. Infine, secondo il convenuto, le misure previste dal National Recovery Plan erano oggettivamente giustificate dall’esigenza di salvaguardare i conti pubblici, al fine di raggiungere una riduzione dei costi strutturali del pubblico impiego. Il Ministro dell’istruzione Richard Bruton aveva peraltro dichiarato che, in ogni caso, fino alla fine del 2020 le finanze pubbliche non avrebbero potuto sostenere l’allineamento dei 2 sistemi, poiché l’operazione sarebbe costata circa 200 milioni di euro, che non erano previsti a budget.

L’Equality Officer chiamato a giudicare il caso riconosceva che i 2 gruppi di insegnanti svolgevano effettivamente la medesima attività e analizzava, quindi, l’eventuale sussistenza di una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 19, comma 4, dell’Employment Equality Acts[6]. Secondo l’Equality Tribunal sussisteva una palese differenza tra i trattamenti retributivi di 2 gruppi omogenei, ma tale differenza non poteva considerarsi discriminatoria, poiché aveva una finalità legittima, ossia quella di ottenere una riduzione strutturale del costo del lavoro pubblico, nell’ambito di una riforma finanziaria nazionale oggettivamente giustificata dalla situazione di crisi in cui versava il Paese, con una recessione al -7,5%, un tasso di disoccupazione al 13,8%, deflazione al 6,5% e un aumento del deficit pubblico da 33,6 miliardi di euro a 40,46 miliardi di euro. Peraltro, la riduzione del trattamento retributivo ai neoassunti era solo una delle misure messe in atto dal Governo per ridurre i costi e stabilizzare l’economia. Inoltre, non pare che il Governo avesse a disposizione altre opzioni per raggiungere il medesimo scopo. Si pensi, ad esempio, che non era possibile ridurre le retribuzioni più alte, quali quelle dei dirigenti scolastici, in virtù di un accordo del 2010 con cui il Governo irlandese si era impegnato con i sindacati del pubblico impiego a non effettuare ulteriori licenziamenti collettivi e a non ridurre ulteriormente le retribuzioni al personale in forza in cambio di una tregua sindacale. Non erano ipotizzabili nemmeno altre soluzioni, come ad esempio l’innalzamento del rapporto tra il numero di alunni e quello di insegnanti, che avrebbe implicato una riduzione delle assunzioni, che, allo stesso modo della misura qui in esame, avrebbe potuto avere impatti negativi sui più giovani.

In seguito al rigetto del ricorso i 2 insegnanti presentavano appello al Tribunale del lavoro irlandese (Labour Court). Quest’ultimo riconosceva che le misure del National Recovery Plan avevano condotto alla coesistenza di 2 categorie di lavoratori che svolgevano un lavoro di pari valore, ma retribuito in modo diverso, e che vi era una manifesta differenza di età tra queste 2 categorie. Infatti, al momento della loro assunzione, gli insegnanti entrati in servizio nel corso del 2011, tra cui il Sig. Horgan e la Sig.ra Keegan, erano generalmente più giovani degli insegnanti assunti prima di tale anno, considerati come rientranti nella categoria delle persone meglio retribuite. Tuttavia, il criterio determinante per stabilire il trattamento retributivo applicabile agli insegnanti è costituito dall’anno della loro entrata in servizio. Pertanto, tutti gli insegnanti assunti dopo il 1° gennaio 2011 hanno avuto il medesimo trattamento meno vantaggioso, indipendentemente dalla loro età al momento dell’assunzione. Allo stesso modo, tutti gli insegnanti assunti prima di tale anno mantengono il trattamento precedente, indipendentemente dalla loro età al momento dell’assunzione. Pertanto, la data di assunzione parrebbe essere un criterio apparentemente neutro riguardo all’età.

La Labour Court decideva, dunque, di rimettere il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per stabilire se i nuovi minimi retributivi per i neoassunti nel pubblico impiego comportassero una discriminazione indiretta basata sull’età come sostenevano i ricorrenti.

 

Il principio della parità di trattamento

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, comma 2, lettera b), Direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Per parità di trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta.

Tale Direttiva è, dunque, volta al contrasto alle discriminazioni fondate, tra l’altro, sull’età per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro.

In particolare, ai sensi del predetto articolo, sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio, tra gli altri, le persone di una determinata età rispetto ad altre persone. Tuttavia, tale differenza di trattamento non costituisce discriminazione ove sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

 

La decisione della Corte di Giustizia

In via preliminare, la Corte prende atto che il Sig. Horgan, la Sig.ra Keegan e gli altri insegnanti assunti dopo il 1° gennaio 2001 svolgono un lavoro analogo a quello degli insegnanti assunti prima di tale data, ma percepiscono un trattamento economico inferiore. Tale disparità di trattamento deriva dalla data di assunzione degli insegnanti, che funge da spartiacque tra l’applicazione ai neoassunti dei vecchi minimi salariali, con inquadramento al secondo livello, o dei nuovi (inferiori del 10%), con inquadramento al primo livello.

L’unico criterio da cui discende l’applicazione delle nuove norme è la qualità di “dipendente pubblico neoassunto dal 1° gennaio 2011”, indipendentemente dall’età anagrafica del dipendente pubblico al momento della sua assunzione. La data di assunzione è, dunque, un elemento obiettivo e neutro, palesemente estraneo a ogni considerazione relativa all’età delle persone assunte.

Pertanto, secondo la Corte, le nuove condizioni di retribuzione introdotte dall’Irlanda non erano basate su un criterio indissolubilmente o indirettamente legato all’età degli insegnanti e, dunque, non si può ritenere che la nuova normativa abbia introdotto una disparità di trattamento fondata sull’età ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera b), Direttiva 2000/78.

In ragione di quanto precede, la Corte non ha nemmeno ritenuto necessario accertare la legittimità della finalità perseguita dal Governo irlandese e l’appropriatezza e necessità dei mezzi impiegati per il suo conseguimento.

Il caso tornerà, dunque, dinanzi alla Labour Court irlandese per la decisione, alla luce della chiara posizione della Corte di Giustizia sulla misura del National Recovery Plan.

 

Conclusioni

Il caso in esame induce, quindi, a una riflessione sui confini entro cui muoversi quando, per esigenze oggettive e comprovate, è necessario ridurre il costo del lavoro, per non rischiare di danneggiare particolarmente determinate categorie di lavoratori rispetto ad altre.

Fermo restando quanto previsto nel nostro ordinamento dall’articolo 15, L. 300/1970, secondo cui è nullo qualsiasi patto o atto diretto a, tra l’altro, fini di discriminazione di età e che, comunque, perché sia configurata la fattispecie dell’atto discriminatorio, occorre provare l’elemento psicologico, ossia l’intenzione di porre in essere un trattamento differenziato deteriore per uno dei motivi previsti dalla legge, come visto sopra, in Italia un datore di lavoro non è tenuto a riconoscere la stessa retribuzione per le medesime mansioni, salvo il rispetto del minimo salariale previsto dalla contrattazione collettiva.

Anche la Corte di Giustizia ha, quindi, riconosciuto la piena discrezionalità al datore di lavoro (in questo caso il Governo irlandese) sulla tipologia di misura da adottare al fine di conseguire una riduzione strutturale dei costi del lavoro (in questo caso il pubblico impiego), fermo restando il rispetto dei diritti quesiti e la necessità di non creare distinzioni tra categorie di lavoratori comparabili senza un giustificato motivo.

È, pertanto, possibile porre in essere trattamenti differenziati, ma i datori di lavoro devono considerare attentamente gli impatti delle variazioni su tutta la forza lavoro, per non incorrere in conseguenze impreviste. È, dunque, necessario individuare un criterio che sia palesemente slegato dall’età dei lavoratori e avere una giustificazione oggettiva per diversificare i trattamenti.

[1] Secondo i ricorrenti, il 68% degli insegnanti neoassunti in quegli anni aveva meno di 26 anni e più del 55% era addirittura under 24.
[2] Si tratta di un organo indipendente paragiudiziario deputato a valutare e a mediare i casi di discriminazione. È stato sostituito dal 1° ottobre 2015 dalla Workplace Relations Commission.
[3] Ai sensi dell’Employment Equality Acts sussiste discriminazione, tra l’altro, quando una persona viene trattata in maniera meno favorevole rispetto a come è, è stata o sarebbe trattata un’altra di età differente (c.d. the age ground).
[4] L’Employment Equality Acts considera comparabili (c.d. like work) le mansioni di 2 persone se: entrambe operano nelle medesime condizioni; sono intercambiabili; le attività svolte dall’una hanno la stessa natura delle attività svolte dall’altra; le attività svolte dall’una hanno il medesimo contenuto professionale di quelle svolte dall’altra in termini di competenze, capacità fisiche e mentali e grado di responsabilità.
[5] Secondo tale articolo, a parità di mansioni lavorative deve corrispondere pari retribuzione.
[6] Ai sensi di tale articolo, letto in combinato disposto con l’articolo 29, comma 4, dell’Employment Equality Acts, sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione apparentemente neutra riservi a una persona di una determinata età un trattamento retributivo inferiore rispetto a quello percepito da altri colleghi.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Il giurista del lavoro“.

 

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