2 Agosto 2017

Le esigenze occasionali nei pubblici esercizi: lavoro intermittente vs lavoro extra

di Francesca Bravi

 

Le esigenze del mercato del lavoro richiedono sempre più rapidità e flessibilità di gestione. È in quest’ottica che si ritiene opportuno un raffronto tra le due tipologie contrattuali del lavoro intermittente e del lavoro extra.

 

Il quadro normativo generale

Non è possibile l’analisi di un unico testo normativo laddove si intendano approfondire i due temi del lavoro intermittente, anche detto a chiamata, e del lavoro extra, ossia il contratto di lavoro a tempo determinato previsto nel settore dei pubblici esercizi per specifiche esigenze che non superino i 3 giorni.

Nel caso del lavoro intermittente entreremo pertanto nel merito del D.Lgs. 81/2015 (Jobs Act – in vigore dal 25 giugno 2015), il quale è andato a integrare e modificare la previgente normativa in materia.

Per quanto invece attiene il lavoro extra si partirà dalla L. 56/1987, per approfondire poi la disciplina trattata nel contratto collettivo nazionale del lavoro dei Pubblici esercizi.

 

Il lavoro intermittente

Definizione e casi di ricorso al lavoro intermittente

Il contratto di lavoro intermittente, anche detto “lavoro a chiamata”, è normato dal Jobs Act; di preciso è stato il D.Lgs. 81/2015 a riordinare la materia, integrandola e parzialmente modificandola rispetto al passato, agli articoli dal 13 al 18.

Con tale contratto il lavoratore si pone a disposizione del datore, il quale può utilizzarne la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente. Questa tipologia contrattuale è compatibile sia con il tempo indeterminato che con il tempo determinato.

Esistono poi due differenti ipotesi di utilizzo di tale istituto, quelle oggettive e quelle soggettive, in base all’attività svolta le prime, ai requisiti del lavoratore le seconde.

Tra le ipotesi oggettive ritroviamo le prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, da utilizzare secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro a chiamata sono individuati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 23 ottobre 2004 (in G.U. 4 novembre 2004) dispone che è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923.

A mero titolo di esempio si riportano alcune delle mansioni per le quali, nel settore del turismo, è ammesso il ricorso a tale tipologia contrattuale: custodi, guardiani diurni e notturni, portinai, fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una applicazione assidua e continuativa), uscieri e inservienti, camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze‑letto, carrozze ristoranti e piroscafi, impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo.

Laddove non sia possibile stipulare il contratto di lavoro intermittente per le ipotesi oggettive, è pur sempre concesso qualora siano presenti le ipotesi soggettive, ossia con soggetti di età inferiore a 24 anni (prestazioni svolte comunque entro il venticinquesimo anno) e/o con soggetti di età superiore ai 55 anni, anche pensionati.

Si ricorda che il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Per il computo si andranno a contare le giornate di lavoro svolte dopo il 28 giugno 2013. Tale limitazione, però, precisa il Legislatore, sussiste per tutti i settori con l’eccezione di quelli del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

La risposta a interpello n. 26/2014 del Ministero del lavoro ci precisa che, ai fini dell’individuazione delle aziende interessate all’eccezione della limitazione suddetta, si dovranno considerare quelle iscritte alla Camera di Commercio con il codice attività Ateco 2007 corrispondente ai citati settori produttivi e quelle che, pur non rientrando nel codice Ateco corrispondente ai settori in questione, svolgano attività proprie del settore turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi.

 

Trattamento economico

Vige la parità di trattamento e il divieto di discriminazione per i lavoratori intermittenti che hanno diritto a percepire, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo pari a quello previsto per lavoratori di uguale livello, a parità di mansioni svolte. Il trattamento economico è maggiorato delle quote di mensilità aggiuntive.

È inoltre possibile suddividere l’istituto in esame in due categorie, riconoscendo in una l’obbligo di disponibilità e nell’altra no. Qualora il lavoratore abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alla chiamata, gli spetterà un’indennità di disponibilità. Nel caso invece di assenza di tale obbligo, il lavoratore non maturerà alcun trattamento economico e normativo nei periodi in cui non viene utilizzata la prestazione.

Sono le parti contrattuali a stabilire o meno la sussistenza di tale obbligo e, nel caso venga previsto, la relativa indennità. Si ricorda che tale indennità di disponibilità è divisibile in quote orarie e viene erogata nei periodi di inattività. È stabilita dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore al 20% della retribuzione mensile stabilita dai Ccnl. Essa si intende esclusa dal computo di ogni istituto di legge o contratto collettivo ed è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, senza sottostare alle regole previste per il minimale contributivo.

Nell’ipotesi di temporanea impossibilità alla risposta, qualora il lavoratore non lo comunichi tempestivamente, perderà il diritto all’indennità per 15 giorni. Mentre il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento obbligando il prestatore alla restituzione dell’indennità di disponibilità per la quota riferita al periodo successivo al rifiuto.

 

Divieti

Non è possibile ricorrere al lavoro intermittente in determinati casi espressamente previsti dalla legge. Per sostituire lavoratori in sciopero, per esempio. Non è ammesso nemmeno nelle unità produttive in cui, nei 6 mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti collettivi o presso unità produttive in cui sia in essere una sospensione o riduzione d’orario per cassa integrazione guadagni, per lavoratori adibiti alle medesime mansioni. Infine sussiste il divieto di stipula di tale contratto per i datori di lavoro che non hanno provveduto a effettuare la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

Forma

La forma prevista per la stipula del contratto di lavoro intermittente è quella scritta ad probationem, ai fini quindi della prova, ed è la legge stessa che prevede gli elementi obbligatori da inserire in tale atto.

È richiesta l’indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto, oltre al luogo e alle modalità dell’eventuale disponibilità, con precisazione del preavviso di chiamata del lavoratore, che non può comunque essere inferiore a un giorno lavorativo.

Inoltre è necessario prevedere e comunicare il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità ove prevista, con inerenti tempi e modalità di erogazione.

Anche le forme e le modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché quelle di rilevazione della prestazione, devono essere oggetto del contratto di lavoro, e ancora le misure di sicurezza necessarie in base al tipo di attività.

Il decreto prevede poi l’obbligo, per le aziende che utilizzano il lavoro a chiamata, di informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente (fatte salve eventuali previsioni più favorevoli dei contratti collettivi).

È prevista la comunicazione preventiva di assunzione ai competenti servizi come per la generalità dei lavoratori dipendenti, da predisporre una sola volta all’avvio del rapporto di lavoro e non ogni volta che avviene una chiamata. Pertanto, entro le ore 24 del giorno antecedente l’inizio del rapporto sarà necessario inviare telematicamente al Centro per l’Impiego il modello Unificato LAV, al fine di denunciare l’avvio di un rapporto di lavoro intermittente.

Una delle particolarità nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale è la comunicazione di avvio dell’attività lavorativa vera e propria in fase di chiamata. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, infatti, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio (oggi ITL).

Si tratta di comunicazione differente e non sostitutiva rispetto all’Unilav sopracitato e può essere effettuata anche nel giorno stesso della prestazione, purché prima dell’effettivo impiego del lavoratore.

La succitata comunicazione può essere effettuata tramite 3 differenti canali:

  1. attraverso il servizio informatico sul portale Cliclavoro;
  2. via e-mail all’indirizzo Pec intermittenti@pec.lavoro.gov.it;
  3. tramite l’App per smartphone o tablet ‘Lavoro Intermittente’.

Un’ulteriore modalità di comunicazione è quella che prevede l’invio di un sms al numero di telefono 339.9942256, ma è concessa esclusivamente in caso di prestazione da rendersi non oltre le 12 ore dalla comunicazione. Inoltre, tale ultimo metodo può essere utilizzato solo dalle aziende registrate al portale Cliclavoro e abilitate all’utilizzo del lavoro intermittente. L’sms deve contenere almeno il codice fiscale del lavoratore.

In caso di omissione di tale comunicazione la sanzione prevista è amministrativa e va da 400 euro a 2.400 euro per ciascun lavoratore.

Da evidenziare, infine, che, ai fini del computo dei dipendenti, per l’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale, il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.

È inoltre obbligatorio l’inserimento dei lavoratori intermittenti nel Libro unico del lavoro.

 

Contribuzione

Per quanto attiene alla normativa sul rispetto del minimale contributivo, per il lavoro intermittente è necessario suddividere le due casistiche dei periodi lavorati e di quelli di disponibilità. Nella prima ipotesi sono applicabili le previsioni dettate per i lavoratori non a chiamata del medesimo settore, con eventuale riproporzionamento del minimale in misura oraria in caso di durata dell’attività inferiore a quella prevista contrattualmente. Nella seconda ipotesi, invece, la contribuzione è dovuta sull’effettivo ammontare dell’indennità di disponibilità, in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.

Per quanto attiene alla copertura contributiva, i lavoratori intermittenti ne hanno diritto per le settimane di lavoro, o di disponibilità con percezione di indennità, coperte da contribuzione obbligatoria pari o superiore al minimale di accredito.

È poi data la possibilità, ai lavoratori intermittenti che abbiano percepito una retribuzione inferiore al minimale, di chiedere l’autorizzazione al pagamento di contribuzione volontaria a integrazione fino a concorrenza.

In merito al pagamento del premio Inail il calcolo viene effettuato prendendo come base le retribuzioni erogate sia per le ore di lavoro prestate che per l’indennità erogata a titolo di disponibilità.

 

Il lavoro extra

Definizione e normativa

Il lavoro extra è un istituto cucito su misura per il settore del turismo e dei pubblici esercizi.

Non è semplice reperire né riferimenti normativi in merito né un’analitica disciplina. Se ne trova un riferimento, di esclusione però, nel Jobs Act, e bisogna invece risalire al 1987 per leggere una breve descrizione di tale tipologia contrattuale in una legge.

Partendo dalla disciplina prevista per il contratto a termine dal D.Lgs. 81/2015, troviamo un riferimento normativo che esclude tale fattispecie dalla disciplina inerente, appunto, al contratto a tempo determinato. L’articolo 29, al comma 2, stabilisce infatti, che si ritengono esclusi dalla disciplina suddetta “i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi  individuati dai contratti collettivi, fermo l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente”.

Questo articolo si limita pertanto a rimandare alla contrattazione collettiva gli ambiti di manovra entro i quali è possibile ricorrere a tale particolare tipologia di impiego.

È necessario tornare indietro nel tempo per ritrovare la fonte normativa di tale istituto. È infatti la L. 56/1987, che, all’articolo 23, comma 3, introduce un particolare contratto, della durata di un giorno, stabilendo che “nei settori del turismo e dei pubblici esercizi è ammessa l’assunzione diretta di manodopera per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore ad un giorno, determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Dell’avvenuta assunzione deve essere data comunicazione all’ufficio di collocamento entro il primo giorno non festivo successivo”.

Nel 1998 la durata massima è stata portata da 1 a 3 giorni, termine massimo che ancora oggi è in vigore, pertanto il c.d. lavoro extra è concesso per una durata di massimo 3 giornate.

Il D.L. 5/2012 ha poi modificato i termini di invio della comunicazione di avvio di tale tipologia contrattuale, andando a sopprimere la norma che consentiva di dare comunicazione dell’avvenuta assunzione di lavoratori extra al Centro per l’Impiego entro i 5 giorni successivi.

In esito a tale abrogazione, anche questi lavoratori sono soggetti agli obblighi di comunicazione previsti in via generale per i settori del turismo e dei pubblici esercizi, pertanto vale la possibilità di effettuare una comunicazione, comunque preventiva ma sintetica, da integrare nei 3 giorni successivi all’attivazione del rapporto di lavoro.

 

Campo di applicazione

La normativa di riferimento, seppur scarna, pone comunque un limite evidente e inequivocabile, precisando che il lavoro extra è utilizzabile nel settore del turismo e dei pubblici esercizi. È quindi d’uopo effettuare una prima analisi su quali attività è possibile far rientrare in tali settori.

Appare utile ricordare che le imprese turistiche sono quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica.

Per quanto attiene ai pubblici esercizi, la legge opera invece una dettagliata elencazione di attività, tra le quali si possono ricordare alberghi, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano bevande, stabilimenti di bagni, sale da gioco.

È necessaria però un’analisi della contrattazione collettiva per l’individuazione dei casi specifici in cui è ammesso il ricorso a tale istituto.

 

Contrattazione collettiva

È pertanto necessario e indispensabile rifarsi alla contrattazione collettiva per carpire la disciplina del lavoro extra, nello specifico il contratto collettivo del turismo e dei pubblici esercizi, ed eventuali accordi integrativi territoriali.

Tale contratto, nel precisare che si intendono per lavoro extra e di surroga quegli speciali servizi in occasione dei quali è consentita l’assunzione diretta di manodopera per una durata non superiore a 3 giorni, va ad elencare le attività che ne consentono l’utilizzo:

  • banquetting;
  • meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze di gruppi nonché eventi similari;
  • attività di assistenza e ricevimento agli arrivi e alle partenze in porti, aeroporti, stazioni e altri luoghi similari;
  • prestazioni rese in occasione del fine settimana;
  • prestazioni rese in occasione delle festività;
  • ulteriori casi individuati dalla contrattazione integrativa, territoriale e/o aziendale.

In merito a tale ultimo punto un esempio è il contratto integrativo di Milano per il settore alberghiero, che consente l’assunzione diretta di lavoratori extra e di rinforzo in sostituzione di assenze non previste o non programmabili di personale in organico (malattia, infortunio, congedi e permessi) per periodi non superiori ai primi 3 giorni. Anche per la provincia di Roma il contratto integrativo dello stesso settore norma il settore, stabilendo che il lavoro extra è ammesso di regola per i servizi di cucina, sala e piano e che ulteriori aree possono essere individuate dalla Commissione paritetica entro 7 giorni dalla richiesta motivata dell’azienda. Tra l’altro detto accordo, anche se parecchio datato, va a individuare anche le retribuzioni applicabili ai lavoratori extra.

Il contratto collettivo prevede inoltre che i nominativi e le qualifiche dei lavoratori extra debbano essere comunicati all’Ente bilaterale con cadenza quadrimestrale, nel rispetto delle normative che regolano la riservatezza dei dati personali e la tutela della privacy.
Inoltre è precisato che, ai fini dell’impiego di detto personale, dovrà essere data comunque precedenza ai lavoratori non occupati.

Nulla più viene indicato nel contratto collettivo né nelle norme di riferimento, la disciplina di questo istituto è pertanto molto scarna.

 

Retribuzione

Essendo stata per molti anni affidata alla contrattazione integrativa l’individuazione dei valori retributivi applicabili ai lavoratori extra, e avendo ciò creato non pochi problemi applicativi a causa della mancata regolamentazione della materia a livello territoriale, il Ccnl ha previsto, in mancanza di regolamentazione integrativa e fatta salva quella di miglior favore, un compenso orario omnicomprensivo lordo rapportato a un servizio minimo di 4 ore. Detta retribuzione oraria, precisa il contratto, è da intendersi comprensiva degli effetti derivanti da tutti gli istituti economici diretti e indiretti, determinati per contratto nazionale e/o aziendale e/o territoriale, ivi compresi i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, nonché di trattamento di fine rapporto.

 

Adempimenti amministrativi

Per quanto attiene agli obblighi amministrativi previsti per la gestione dei lavoratori extra, come detto in precedenza, innanzitutto vige l’obbligo di comunicare telematicamente l’assunzione ai servizi competenti (Centro per l’impiego) entro il giorno antecedente quello dell’instaurazione dei rapporto, quindi entro le ore 24 del giorno prima dell’inizio.

Per quanto concerne il settore del turismo e dei pubblici esercizi il Legislatore ha previsto una normativa particolare in merito alle comunicazioni di avvio del rapporto di lavoro, valide pertanto anche per il lavoro extra. Se, infatti, il datore di lavoro non è in possesso di uno o più dati inerenti al lavoratore, può integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell’instaurazione del rapporto di lavoro, purché dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l’identificazione del prestatore di lavoro.

Sarà pertanto possibile, sempre e comunque entro il giorno antecedente l’inizio del rapporto di lavoro, effettuare una comunicazione tramite modello Unificato Urg, che verrà poi integrato con i dati mancanti nei 3 giorni successivi tramite Unificato Lav.

Non si ritrova nella normativa di riferimento un esplicito obbligo in merito alla stipula in forma scritta del contratto, non risultando tuttavia estremamente chiaro tale aspetto si ritiene sia sempre consigliabile, a tutela delle parti, procedere con un atto scritto.

È inoltre previsto l’inserimento dei lavoratori extra nel Libro unico del lavoro.

Si precisa infine che la retribuzione dei lavoratori extra deve essere regolarmente assoggettata al prelievo contributivo e fiscale con le modalità previste per la generalità dei lavoratori dipendenti.

 

Discipline a confronto

Una volta analizzate separatamente le due discipline, si ritiene utile in conclusione, ai fini della valutazione in merito all’avvio di una piuttosto che dell’altra, un’analisi congiunta delle due tipologie contrattuali, per agevolare, anche ai fini operativi, la scelta finale.

 

Settore

Il lavoro extra è utilizzabile nei soli settori del turismo e dei pubblici esercizi, mentre l’utilizzo del lavoro intermittente è previsto per tutte le attività indicate dalla contrattazione collettiva e, in mancanza, per quelle elencate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923. Inoltre, a questa tipologia contrattuale è possibile accedere anche con il solo requisito soggettivo, quindi si potranno comunque sempre assumere soggetti con meno di 24 anni e/o con più di 55.

 

Adempimenti amministrativi

Per entrambe le tipologie contrattuali è obbligatoria la comunicazione telematica preventiva di avvio al Centro per l’impiego entro le ore 24 del giorno precedente, con una particolarità per il settore del turismo, ossia la possibilità di utilizzare il modello UniUrg qualora il datore non sia in possesso di tutti i dati del lavoratore, da integrare comunque entro il terzo giorno successivo all’instaurazione del rapporto tramite modello UniLav.

In entrambi i casi, sia per il lavoro intermittente che per il lavoro extra, è previsto l’inserimento dei lavoratori nel Libro unico del lavoro.

La forma scritta del contratto è obbligatoria nel caso del lavoro intermittente, con previsione, da parte della norma, degli elementi essenziali da inserire e, vista la carenza della normativa, è comunque consigliabile anche per il lavoro extra, anche se, in tal caso, si ritiene possibile una più snella gestione del contratto.

 

Retribuzione

I lavoratori intermittenti hanno diritto a percepire, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo pari a quello previsto per lavoratori di uguale livello, a parità di mansioni svolte. Il trattamento economico è maggiorato delle quote di mensilità aggiuntive. È inoltre possibile stabilire un’indennità di disponibilità per il periodo di attesa tra una chiamata e l’altra.

Per il lavoro extra, invece, in mancanza di regolamentazione integrativa, il Ccnl ha previsto un compenso orario omnicomprensivo lordo rapportato a un servizio minimo di 4 ore, comprensivo degli effetti derivanti da tutti gli istituti economici diretti e indiretti, determinati per contratto nazionale e/o aziendale e/o territoriale, ivi compresi i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, nonché di trattamento di fine rapporto.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Contratti collettivi e tabelle“.

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