5 Ottobre 2017

Comunicazione del licenziamento e domicilio del lavoratore

di Luca Vannoni

La comunicazione del licenziamento, l’ultima fase per l’effettività del recesso, spesso nasconde insidie per il datore di lavoro, soprattutto nel caso in cui sia legato a motivi disciplinari che, come è noto, impongono il rispetto della procedura prevista dall’articolo 7, L. 300/1970, e dalle disposizioni di dettaglio della contrattazione collettiva. Capita, in molti casi per cosciente strategia difensiva, che il lavoratore non ritiri le comunicazioni inviate mediante raccomandata ovvero, più drasticamente, non si trovi presso il domicilio conosciuto dal datore di lavoro.

Proprio quest’ultima fattispecie è stata oggetto della recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lav., 25 settembre 2017, n. 22295. L’esito dei giudizi di merito (Corte d’Appello di Napoli n. 3026 del 17 aprile 2014) aveva visto soccombere il datore di lavoro, con la dichiarazione di inefficacia del licenziamento, in quanto la comunicazione di licenziamento non era pervenuta al nuovo domicilio della lavoratrice, comunicato solo indirettamente nella lettera afferente la scelta di destinazione del Tfr, che la lavoratrice stessa aveva effettuato nel giugno 2007. Il Ccnl applicato, Metalmeccanica industria, prevede infatti che i lavoratori comunichino i successivi mutamenti di residenza e di domicilio.

Secondo la Suprema Corte, stante la previsione negoziale di un preciso obbligo di comunicazione del cambio di domicilio, la lettera relativa alla destinazione del Tfr non può ritenersi idonea a soddisfare tale obbligo di comunicazione di domicilio, “non potendosi evincere …alcun intendimento del mittente in tal senso”. Anche il secondo motivo del ricorso è stato accolto, in quanto erroneamente la Corte d’Appello non aveva considerato che il rispetto del termine per la comunicazione del licenziamento deve essere verificato al momento della spedizione e non della ricezione.

Qualche breve riflessione.

Al di là della disposizione contrattuale, comunicare la variazione del domicilio fa sicuramente parte degli obblighi di buona fede e correttezza che dovrebbero caratterizzare il rapporto contrattuale di lavoro. È altrettanto vero che, in assenza di disposizioni vincolanti della contrattazione collettiva, comunicazioni indirette potrebbero essere interpretate giudizialmente come efficaci: in questo caso, per evitare tale rischio, è opportuno che vi sia, nel regolamento e/o nella lettera di assunzione, la specificazione dell’obbligo di comunicazione della variazione del domicilio, andando così a scolpire in modo certo obblighi di buona fede del lavoratore, spesso dimenticati dai giudici del lavoro.

 

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