Illegittimo negare il congedo obbligatorio alla madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali
di Luca Vannoni Scarica in PDF
Con la sentenza n. 115/2025, depositata il 21 luglio, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 27-bis, D.Lgs. 151/2001, nella parte in cui riconosce il congedo obbligatorio di 10giorni solo al “padre lavoratore”, escludendo la possibilità che il beneficio sia fruito dalla lavoratrice quando è secondo genitore equivalente (o madre intenzionale) in una coppia di 2donne risultanti genitori nei Registri dello stato civile.
La questione era stata sollevata dalla Corte d’Appello di Brescia nell’ambito di un giudizio promosso da un’associazione impegnata nello sviluppo e diffusione di una cultura del rispetto dei diritti delle persone LGBTI+ contro l’INPS, per condotta discriminatoria: l’Istituto previdenziale, infatti, aveva predisposto un sistema informatico che impediva alle coppie di genitori dello stesso sesso di presentare domanda in via telematica sul portale web dell’Istituto per fruire dei congedi parentali, dei periodi di riposo e delle indennità previsti dal D.Lgs. n. 151/2001.
Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda, ritenendo il carattere discriminatorio della condotta dell’INPS, cui aveva ordinato di modificare il proprio sistema informatico di ricezione delle domande amministrative in modo da rendere possibile, alle coppie che risultassero genitori dai Registri dello stato civile, di inserire i loro codici fiscali a prescindere dal genere, con condanna dell’Istituto al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo.
Nel corso del giudizio di appello, oltre alla questione “telematica”, l’associazione, in via incidentale, sottolineava come il giudice di primo grado si fosse limitato a ordinare all’INPS la modifica del sistema senza affermare il diritto delle coppie di genitori dello stesso genere riconosciute nei Registri dello stato civile di fruire dei congedi al pari delle coppie eterosessuali.
In particolare, in riferimento a quanto previsto dall’art. 27-bis, D.Lgs. n. 151/2001, dov’è presente una distinzione di genere, la questione è stata giudicata risolvibile solo con intervento da parte della Corte Costituzionale.
La Corte rimettente ha ritenuto la norma censurata in contrasto con l’art. 3, Costituzione – per violazione del principio di uguaglianza – e con l’art. 117, comma 1, in relazione all’art. 4, Direttiva (UE) 2019/1158, che impone agli Stati membri, in caso di riconoscimento interno del “secondo genitore equivalente”, il diritto al congedo di paternità.
Il Legislatore italiano, recependo la direttiva, ha introdotto l’art. 27-bis, che conferisce il congedo obbligatorio esclusivamente al “padre lavoratore”. Tuttavia, nella prassi amministrativa e giurisprudenziale nazionale, si è consolidata la trascrizione nei Registri dello stato civile di atti che riconoscono 2 madri come genitori, ad esempio in esito a PMA praticata all’estero.
Secondo la Corte di Appello, questa prassi comporta un riconoscimento giuridico del doppio legame genitoriale. Pertanto, escludere la madre intenzionale dal beneficio del congedo obbligatorio contrasta con il principio di non discriminazione e con l’interesse del minore, centrale nel nostro ordinamento e tutelato dagli artt. 30 e 31, Cost.
L’INPS e la Presidenza del Consiglio dei Ministri si erano opposti al riconoscimento, invocando il rischio di una “discriminazione al contrario” e sottolineando che l’iscrizione nei registri di stato civile avrebbe solo effetti dichiarativi, non costitutivi.
La Corte Costituzionale ha ritenuto infondate tali obiezioni, sottolineando come il diritto vivente e le pronunce della giurisprudenza costituzionale e di legittimità abbiano già chiarito che l’interesse del minore impone il riconoscimento di entrambi i genitori in tutte le situazioni in cui vi sia un’assunzione condivisa di responsabilità parentale. Laddove vi sia un riconoscimento legale della genitorialità, non è ammissibile escludere uno dei 2 genitori dal godimento dei diritti che la legge prevede per la cura e l’assistenza del figlio. Il dato formale dell’iscrizione nei Registri anagrafici – validato da precedenti giurisprudenziali – è sufficiente a fondare la titolarità di tali diritti, compreso quello al congedo obbligatorio di dieci giorni previsto per il “padre”.
Oltre a segnare un ulteriore passo verso la piena equiparazione delle famiglie omogenitoriali a quelle eterosessuali, almeno laddove lo status genitoriale risulti formalizzato nei Registri di stato civile, la sentenza comporta evidenti conseguenze giuslavoristiche, imponendo all’INPS e agli altri attori istituzionali un adeguamento sostanziale alle nuove indicazioni costituzionali.



