16 Ottobre 2018

Lavoro e altre emergenze

di Elena Valcarenghi

Dal 29 settembre scorso è in vigore il D.L. 109/2018, c.d. “decreto Genova”, recante disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze. Il provvedimento dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, pena la perdita di efficacia, ma il Ministero del lavoro ha già diffuso una circolare, la n. 15/2018, esplicativa delle modalità per il ricorso all’intervento dell’integrazione salariale straordinaria per i lavoratori dipendenti da aziende che abbiano cessato o stiano cessando l’attività produttiva alla presenza di determinate condizioni, previsto all’articolo 44.

Mi permetto di rilevare come tale intervento sia stato inserito in un provvedimento sulle emergenze, equiparando le necessità del lavoro a quelle post eventi straordinari quali il dramma ferragostano della città di Genova o i terremoti degli anni scorsi. Se, da un lato, è consolante sapere che il lavoro sia al centro dell’attenzione, dall’altro è al contrario sconsolante prendere atto che la situazione del lavoro nel nostro Paese sia tanto grave da meritare un tale paragone. Mi auguro che si tratti solo di una coincidenza temporale di urgenza del provvedimento che abbia suggerito di inserire la disposizione nel primo decreto utile, così come che i provvedimenti sul sistema lavoro non siano oggetto di decretazioni d’urgenza, ma di un piano strutturale di più ampio respiro che consenta la programmazione delle strategie.

La norma prevede che, in deroga agli articoli 4 (durata massima complessiva) e 22 (durata), D.Lgs. 148/2015, a decorrere dal 29 settembre 2018 e per gli anni 2019 e 2020, possa essere autorizzato sino a un massimo di 12 mesi complessivi, previo accordo presso il Ministero del lavoro, il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale qualora l’azienda abbia cessato o cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale, oppure laddove sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo, nonché, in alternativa, attraverso specifici percorsi di politica attiva del lavoro posti in essere dalla Regione interessata, nel limite delle risorse stanziate ai sensi dell’articolo 21, comma 4, D.Lgs. 148/2015, e non utilizzate, anche in via prospettica.

L’ultima norma citata, l’articolo 21, comma 4, prevede appositi stanziamenti di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, per autorizzare un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria qualora, all’esito del programma di crisi aziendale, l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale. Quanto previsto dal nuovo decreto sarà quindi possibile solo con le risorse “avanzate” da tale originaria previsione. C’è da chiedersi se sia solo un ricorrente problema di risorse mancanti o il nuovo intervento debba essere inteso come volutamente non strutturale, data la limitata copertura economica e la durata a scadenza al 2020, salvo l’esaurimento anticipato degli stanziamenti.

Il trattamento disciplinato dal D.L. 109/2018 è una specifica ipotesi di crisi aziendale e, pertanto, per potervi fare ricorso è necessaria la presenza congiunta delle condizioni dell’articolo 2, D.I. 95075/2016 (cessazione, in tutto o in parte, dell’attività produttiva o decisione di cessarla, qualora sussistano concrete prospettive di riassorbimento del personale o si prospettino piani di reindustrializzazione). Nelle ipotesi di richiesta per reindustrializzazione del sito produttivo, il concreto piano di interventi può essere presentato dall’impresa richiedente o dall’impresa terza cessionaria o dal Mise.

Anche in alternativa, il trattamento può essere richiesto quale sostegno al reddito dei lavoratori in esubero coinvolti in specifici percorsi di politica attiva del lavoro presentati dalla Regione interessata o dalle Regioni nei cui territori sono dislocate le unità produttive in cessazione.

Verificati i requisiti di accesso, per il perfezionamento dell’accordo governativo e per la conseguente autorizzazione al trattamento, è necessaria la verifica della sua sostenibilità finanziaria, stanti le risorse contingentate. La quantificazione dell’onere finanziario è parte integrante de! verbale. L’Inps ha l’onere del monitoraggio mensile dei flussi di spesa e, per favorire tale monitoraggio, il trattamento è autorizzato con il pagamento diretto da parte dell’Istituto.

Per poter beneficiare dei trattamento, l’impresa deve stipulare con le parti sociali uno specifico accordo, in sede governativa, cui può partecipare il Mise, laddove sia stato coinvolto nelle fasi di avvio del piano aziendale di cessione dell’attività, e la Regione o le Regioni ove ha sede l’azienda. Costituiscono oggetto dell’accordo: il piano delle sospensioni dei lavoratori motivatamente ricollegabile alla prospettata cessione di attività o al piano di reindustrializzazione o al programma di politiche attive regionale; il piano di trasferimento e/o riassorbimento dei lavoratori sospesi e le misure di gestione per le eventuali eccedenze di personale.

L’impresa deve esibire idonea documentazione che comprovi la cessione dell’azienda con finalità di continuazione dell’attività o di ripresa della stessa, indicando gli obiettivi finalizzati anche alla ripresa dell’attività oppure, nelle ipotesi in cui si prospetti la reindustrializzazione dei sito produttivo, va illustrato il piano d’intervento con una concreta programmazione dei tempi e delle fasi dello stesso o, anche in alternativa a tali processi, la/e Regione/i coinvolta/e può illustrare specifici percorsi di politica attiva posti in essere al fine di gestire il personale in esubero.

Dopo la stipula dell’accordo, l’impresa interessata è tenuta a presentare istanza al Ministero del lavoro – Direzione generale ammortizzatori sociali e formazione, divisione IV, per il tramite del sistema informatico di Cigsonline, corredata dal verbale di accordo, dall’elenco nominativo dei lavoratori interessati dalle sospensioni o riduzioni orarie, anche coinvolti nel trasferimento aziendale, dal programma di cessione, o dal piano di reindustrializzazione e/o dal programma di politiche attive regionali e dal piano delle sospensioni del personale. Non si applica il procedimento di cui all’articolo 25, D.Lgs. 148/2015.

È di tutta evidenza che gli anni già trascorsi dopo la modifica del sistema degli ammortizzatori sociali non siano bastati per la soluzione di problematiche aziendali che persistono e alle quali si è cercato di dare una risposta, comunque transitoria e limitata, nella direzione della tutela dell’occupazione, ove possibile. Trattandosi di strumenti connessi alla cessazione dell’attività, sarebbe forse auspicabile vedere la luce anche di iniziative volte alla tutela delle aziende, così da evitarne la cessazione con conseguente tutela dell’occupazione.

 

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