11 Febbraio 2016

Nuova convalida o nuove dimissioni?

di Alessandro Rapisarda

 

La modalità per formulare le dimissioni dei lavoratori era già stata oggetto di rivisitazione da parte del protocollo Welfare nel 2007, che prevedeva per la prima volta la convalida dell’atto di recesso unilaterale posto dal lavoratore dipendente. Avvicendamenti politici di governo avevano poi eliminato quel meccanismo di convalida, probabilmente per lo scarso interesse o per la non concreta esistenza di grandi numeri del fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco. Per le medesime ragioni la Riforma Fornero – L. n.92/12 – è ritornata sul “tema”, modificando la disciplina delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prevedendo un’apposita procedura di convalida diversa rispetto a quella del 2007, con modalità atte a garantire la genuinità della manifestazione di volontà del lavoratore. Ulteriori novità sono state poi introdotte ad opera dell’art.26, D.Lgs. n.151/15 (in vigore dal 24 settembre 2015). Tali disposizioni trovano applicazione dal 60° giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale al quale è affidato il compito di stabilire il contenuto dei moduli e le modalità tecniche di inoltro, e quindi dal 12 marzo 2016 (D.M. 15 dicembre 2015 in G.U. 11 gennaio 2016, n.7).

Della norma novellata resta da capire cosa cambia, o meglio se a cambiare è la sostanza o se, nel nome di una semplificazione che pare più un miraggio nel deserto, si tratta dell’ennesimo adempimento formale che viene introdotto nella gestione del rapporto di lavoro.

Partiamo dai punti di certezza, e cioè che le dimissioni costituiscono ancora quell’atto unilaterale ricettizio con cui il lavoratore comunica al datore la propria volontà di recedere dal rapporto di lavoro subordinato. Restano salde poi le regole contenute nell’art.2118 cod.civ. in materia di preavviso.

Pertanto, stante questi elementi di certezza, almeno fino alla prossima modifica di questo istituto, il cambiamento riguarda solo un aspetto procedurale amministrativo che, a causa della forma rigida e della previsione della labilità della volontà del lavoratore, pone però alcune perplessità sull’efficacia delle dimissioni, tali da mettere in discussione i presupposti di forma e di sostanza di questo “nuovo” atto giuridico. Con eccezione delle ipotesi previste dagli artt.54 e 55, D.Lgs. n.151/01, la procedura con la quale il lavoratore può dimettersi è profondamente mutata: infatti, tale atto è possibile – e quindi efficace – solo in modalità on line tramite appositi moduli scaricabili dal sito del Ministero del lavoro. Il Legislatore in tal senso è stato alquanto preclusivo: “le dimissioni sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche”.

Questa evidente rigidità, contemplando solo un modello on line, porta a chiedersi se ancora esista la libertà di forma delle dimissioni, o se, come sembra, la forma costituisca la substantia degli effetti che l’atto deve produrre. Oltretutto il modello telematico sembra essere carente di alcuni elementi fondamentali, come la natura delle dimissioni (es. per giusta causa), nonché la decorrenza degli effetti, utile ai fini del preavviso. Probabilmente, oltre al modulo delle dimissioni, i lavoratori dovranno consegnare ad integrazione ancora la cara vecchia lettera, con le modalità già note.

In ultimo, il Legislatore si affida alla labile volontà dell’uomo a discapito di un principio di certezza attraverso una previsione normativa che consente la facoltà al lavoratore, entro i 7 giorni successivi a decorrere dall’avvenuto invio del modulo telematico, con le medesime modalità, di revocare le proprie dimissioni.