5 Aprile 2017

Il ruolo centrale dell’unità produttiva negli ammortizzatori sociali

di Luca Caratti

 

Il decreto di riordino degli ammortizzatori sociali (D.Lgs. 148/2015) ha assegnato un ruolo centrale alla definizione di “unità produttiva”. Proprio l’importanza di tale concetto ha spinto l’Inps a emanare (e a modificare) particolareggiate istruzioni per le aziende e gli operatori. Il presente contributo, ripercorrendo le norme e la prassi, analizza le ultime novità.

 

Premessa

Il D.Lgs. 148/2015, recante disposizioni per il riordino della normativa degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, assegna un ruolo centrale al concetto di “unità produttiva”. La puntuale individuazione di tale elemento è necessaria per definire: il requisito di anzianità di effettivo lavoro (90 giorni) che deve essere posseduto dal lavoratore e, con riferimento alla Cigo, per individuare i limiti di utilizzo (nel quinquennio mobile, 52 settimane nel biennio mobile, un terzo delle ore lavorabili) per individuare la sede Inps competente nella gestione amministrativa della concessione dell’ammortizzatore sociale e per determinare il contributo addizionale. È di piena evidenza, quindi, la necessità di censire, univocamente, la definizione di “unità produttiva”, tenendo conto anche dei nuovi adempimenti per il suo riconoscimento.

 

Unità produttiva: il quadro normativo

Sia la norma che la giurisprudenza hanno ritenuto di poter definire come unità produttiva qualsiasi articolazione aziendale autosufficiente ovvero in grado di esaurire autonomamente il ciclo produttivo o una parte di esso. Con tale concetto si è inteso individuare una sezione aziendale autonoma, non solo dal punto di vista amministrativo, ma anche tecnico-funzionale. A supporto di tale indicazione è certamente la giurisprudenza che si è sviluppata attorno al comma 8, articolo 2103 cod. civ.: “il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive …”.

Sul punto la Cassazione n. 6117/2005 indica che, in tema di trasferimento del lavoratore e con riferimento alla sussistenza delle ragioni organizzative e produttive riferite alla sede di partenza, ai fini della prova che deve fornire il datore di lavoro, rileva — non la dislocazione urbana degli stabilimenti o uffici — ma la nozione di unità produttiva, individuabile in ogni articolazione autonoma dell’azienda, avente, sotto il profilo funzionale e finalistico, idoneità a esplicare, in tutto o in parte, l’attività dell’impresa medesima, anche se composta da stabilimenti o uffici dislocati in zone diverse dello stesso Comune. Del medesimo tenore la sentenza di Cassazione n. 11660/2003: “ogni articolazione autonoma dell’azienda, avente, sotto il profilo funzionale e finalistico, idoneità ad esplicare, in tutto o in parte, l’attività dell’impresa medesima, della quale costituisca una componente organizzativa, connotata da indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si possa concludere una frazione dell’attività produttiva aziendale”.

Da quanto sopra si evince che non potranno essere considerate unità produttive tutte le articolazioni aziendali, che, pur dotate di una certa autonomia, svolgano attività meramente strumentali rispetto ai fini produttivi dell’impresa.

Anche il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) interviene per identificare l’unità produttiva, in particolare l’articolo 2, comma 1, lettera t), recita: “stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale”.

La giurisprudenza, al fine di individuare il concetto di autonomia finanziaria, ricorda come essa si possa rilevare qualora l’organismo abbia una distinta fisionomia, prevista anche negli atti societari, presenti un proprio bilancio e abbia a disposizione risorse che consentano di raggiungere, in autonomia appunto, gli obiettivi produttivi della singola unità.

Anche l’Inail, nella sua circolare del 18 giugno 2001, anticipando, per la verità, il T.U. sicurezza, afferma la necessità della presenza di autonomia tecnica e finanziaria per poter individuare l’unità produttiva.

In ultimo, si richiama l’ulteriore indicazione, offerta dalla legislazione del lavoro, in tema di unità produttiva: l’articolo 35, St.Lav.. Esso afferma che è da considerarsi come unità autonoma qualsiasi sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupi più di 15 lavoratori; la norma dà così rilievo al mero requisito dimensionale delle singole unità e non all’impresa nel suo complesso.

È di tutta evidenza come, per i fini che qui interessano, ovvero per la corretta applicazione delle delimitazioni imposte agli ammortizzatori sociali dal Legislatore del 2015, sia oltremodo difficoltoso riscontrare congiuntamente, nello stabilimento o nei laboratori distaccati dalla sede, gli stringenti requisiti sopra richiamati e, quindi, affermare con certezza l’esistenza o meno dell’autonoma articolazione aziendale.

 

Unità produttiva nella prassi dell’Istituto previdenziale

Già la circolare n. 172/2010, nel fornire istruzioni sull’unicità della posizione contributiva, forniva una prima definizione di unità operativa da non confondersi con l’unità produttiva. Essa era individuata come il luogo ove veniva svolta in maniera stabile l’attività lavorativa di uno o più dipendenti. In tale contesto anche la sede legale poteva rientrare nel concetto di unità operativa qualora fossero occupate le maestranze. Con l’introduzione dell’unicità della posizione contributiva non viene meno l’obbligo della comunicazione dei dati identificativi dell’unità operativa nella quale sono occupati i dipendenti dell’azienda e, ove nota, anche la durata temporale della stessa. Sul tema non si è assistito a nuovi interventi da parte dell’Inps sino a poco più di 2 mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. 148/2015, quando, con la circolare n. 197/2015, viene offerta un’interpretazione, che si rivelerà sostanzialmente in linea con quella elaborata dalla giurisprudenza, del concetto di unità produttiva.

Essa si identifica con la sede legale, gli stabilimenti, le filiali e i laboratori distaccati dalla sede, che abbiano una organizzazione autonoma.

Indici di tale autonomia sono:

  • svolgimento in ogni singola articolazione di un’attività idonea a realizzare l’intero ciclo produttivo o una sua fase completa;
  • presenza di lavoratori in forza in via continuativa.

Quindi l’unità produttiva deve essere funzionalmente autonoma, caratterizzata per la sua sostanziale indipendenza tecnica: in essa deve essere svolto e concluso il ciclo relativo a una frazione o a un momento essenziale dell’attività produttiva aziendale.

Non sono da ricomprendersi, pertanto, nella definizione di unità produttiva i c.d. cantieri temporanei di lavoro, quali, ad esempio, quelli per l’esecuzione di lavori edili di breve durata e/o per l’installazione di impianti. In relazione a questi ultimi l’ente, con messaggio n. 7336/2015, precisava che nel settore dell’edilizia e affini, ai fini della qualificazione dei cantieri come unità produttiva, la costituzione e il mantenimento degli stessi deve essere in esecuzione di un contratto di appalto e i lavori devono avere una durata minima di almeno 6 mesi.

Sul piano più strettamente operativo, la comunicazione dei dati identificativi dell’unità produttiva va effettuata avvalendosi delle apposite procedure telematiche disponibili sul sito internet dell’Istituto, accendendo alla funzione “Comunicazione unità operativa/Accentramento contributivo” dei “servizi per aziende e consulenti”. L’aggiornamento del censimento delle articolazioni aziendali e la corretta distribuzione dei lavoratori nelle singole unità è di competenza dei datori di lavoro.

Con successiva circolare, la n. 139/2016, l’Inps, ribadendo l’importanza della puntuale identificazione dell’unità produttiva ai fini dell’istruttoria di concessione degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, precisa che il datore di lavoro dovrà dichiarare, tramite autocertificazione, la sussistenza degli indici che ne consentano l’individuazione.

In particolare occorre, sotto la responsabilità del dichiarante, rilevare, al fine della corretta iscrizione in sede anagrafica aziendale, che è “unità produttiva” lo stabilimento o la struttura finalizzata alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale, intendendosi con tali accezioni il plesso organizzativo che presenta una fisionomia distinta, e abbia, in condizioni di indipendenza, un proprio riparto di risorse disponibili, così da permettere in piena autonomia le scelte organizzative più confacenti alle caratteristiche funzionali e produttive dell’unità.

In pratica il plesso organizzativo, così individuato, non deve limitarsi alla realizzazione di meri scopi strumentali sia rispetto ai generali fini dell’impresa sia rispetto a una fase completa dell’attività produttiva della stessa con maestranze adibite in via continuativa.

Riformando poi l’indirizzo interpretativo contenuto nel messaggio n. 7336/2015, con riferimento a una durata presuntiva relativa all’individuazione per i cantieri edilizi e affini, compresi quelli relativi all’impiantistica industriale, fissa a 1 mese, anziché 6, il limite minimo di durata dell’appalto ai fini della qualificazione in unità produttiva dei predetti cantieri.

Viene altresì precisato che, in merito alle aziende di impiantistica industriale, per l’individuazione delle unità produttive, si applicano le medesime disposizioni previste per le aziende del settore edilizia ed affini già disciplinate.

 

La prassi Inps più recente: una svolta importante

Stante però l’evidente difficoltà di individuazione, secondo i sopra richiamati criteri normativi e giurisprudenziali, dell’articolazione aziendale ai fini dell’applicazione della disciplina degli ammortizzatori sociali, l’Istituto interviene sul tema nuovamente con la circolare n. 9 del 19 gennaio 2017. In essa, oltre a fornire le istruzioni per l’apertura e la gestione dell’unità produttiva, vengono specificati, modificando gli orientamenti precedenti, i requisiti per la corretta identificazione dell’unità stessa. In pratica il datore di lavoro è tenuto ad autocertificare che l’unità produttiva “è lo stabilimento o la struttura finalizzata alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria o tecnico funzionale, intendendosi con tali accezioni il plesso organizzativo che presenta una fisionomia distinta ed abbia, in condizioni di indipendenza, un proprio riparto di risorse disponibili così da permettere in piena autonomia le scelte organizzative più confacenti alle caratteristiche funzionali e produttive dell’unità”.

La novità interpretativa risiede quindi nell’alternatività tra il requisito “autonomia finanziaria” e il requisito “autonomia tecnico funzionale”.

Oltre a ciò è opportuno ricordare che deve sussistere l’ulteriore caratteristica, ovvero occorre che vi siano maestranze adibite in via continuativa.

L’ente conferma altresì che, in caso di cantieri edilizi e affini, compresa l’impiantistica industriale, l’azienda dovrà autocertificare che per il plesso organizzativo cui si riferisce l’istanza di integrazione salariale è stato stipulato un contratto di appalto di almeno un mese, senza l’onere di allegazione del contratto medesimo.

L’Istituto, poi, con la circolare n. 56 dell’8 marzo 2017, in merito al concetto di unità produttiva e sulle differenze con quello di unità operativa, richiama le precisazioni fornite con la circolare n. 9/2017.

In particolare ribadisce che costituiscono indici di organizzazione autonoma l’attività idonea a realizzare l’intero ciclo produttivo o una sua fase completa, unitamente alla presenza di lavoratori in forza in via continuativa.

Per una più facile individuazione dell’unità produttiva l’Inps ha introdotto l’obbligo di valorizzazione, nel flusso UniEmens, sezione PosContributiva, nell’ambito dell’elemento DenunciaIndividuale, dell’elemento denominato UnitaProduttiva. Tale valorizzazione diviene obbligatoria per le aziende che possono accedere alle integrazioni salariali ordinarie e straordinarie e alle prestazioni integrative del reddito garantite dai Fondi di solidarietà a partire dal flusso UniEmens di competenza del mese di marzo 2017. Nell’ordinaria gestione il datore di lavoro dovrà procedere, entro l’ultimo giorno del mese successivo, all’apertura dell’unità produttiva avvalendosi della procedura telematica disponibile sul sito internet dell’Inps.

 

Conclusioni

La nozione di unità produttiva fornita dall’Istituto, con le ultime precisazioni, contempla, a differenza di quanto avveniva in passato, l’alternatività del requisito “autonomia finanziaria” con il requisito di “autonomia tecnico funzionale”.

Da ciò ne deriva, come osservato anche dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, che l’azienda potrà considerare i singoli opifici come unità produttive, così come anche un’azienda della grande distribuzione potrà considerare come tali i singoli punti vendita, purché siano adibite in via continuativa le maestranze. L’evidente conseguenza di tale nuova interpretazione è quella di poter consentire al datore di lavoro di meglio dosare, tra le diverse autonome articolazioni aziendali, il ricorso agli ammortizzatori sociali, senza che i singoli periodi nelle singole unità cumulino all’interno del quinquennio mobile di osservazione.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Il giurista del lavoro“.

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