1 Marzo 2022

Il contratto a termine post pandemia

di Roberto Lucarini

Con la speranza di poter dare per superata la lunga parentesi pandemica, cosa tutta da verificare, è necessario adesso tornare a ragionare al netto di quelle disposizioni emergenziali che hanno, in diversi campi, contraddistinto gli ultimi 2 anni.

Tra il 2020 e il 2021, avendo sullo sfondo lo spettro di una possibile crescita della disoccupazione, visti i vari blocchi produttivi imposti, il Legislatore si è mosso su diversi fronti, tra i principali quello degli ammortizzatori sociali associati allo stop dei licenziamenti gmo; ha agito con molta frenesia e incertezza, senza alcun dubbio, ma è riuscito a contenere i danni.

In questo clima era evidente la stonatura che emergeva dalla disciplina del contratto a termine, in versione rivisitata dal Decreto Dignità; il principale strumento di flessibilità doveva, quindi, essere liberato, sia pure in via temporanea, sempre in funzione di sostegno all’occupazione.

Con l’anno 2022, quindi, la legislazione di emergenza è stata abbandonata, sia sul fronte degli ammortizzatori che su quello del contratto a tempo determinato; ciò comporta, necessariamente, un ritorno alla vecchia e ordinaria disciplina del tipo contrattuale, come noto prevista ex D.Lgs. 81/2015 (c.d. Codice dei contratti). L’attenzione deve, quindi, tornare su alcuni punti molto delicati.

Ricordo come l’eccezione sul tema del contratto a termine, proposta nel Decreto Rilancio e poi rivisitata in ordine alla sua scadenza (posta infine al 31 dicembre 2021), ha riguardato essenzialmente una deroga in tema di causali; sia in ordine alle proroghe che hai rinnovi, ma pur sempre nel rispetto del limite di durata massima di 24 mesi, per contratti tra le medesime parti conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro.

Conosciamo bene la complessità applicativa delle causali e la difficile gestione dei casi di proroga o rinnovo contrattuale; dovremo, quindi, riprendere con molta attenzione la gestione di queste casistiche operative, in special modo il caso del rinnovo, che prevede sempre l’apposizione di una causale. La proroga, pur coi suoi limiti quantitativi, resta invece acausale nel limite di durata massima di 12 mesi.

Sappiamo anche che, a mezzo del D.L. 73/2021 (Decreto Sostegni-bis), si è parzialmente allentata la morsa posta alla necessità di giustificazione del contratto, con l’inserimento di un’ulteriore forma di causale che libera, in via strutturale, la strada ad accordi di ogni livello tra le parti sociali (articolo 19, comma 1, lettera b-bis), D.Lgs. 81/2015). C’è da sperare che questa strada, con la dovuta celerità, venga sempre più utilizzata; un esempio si rinviene nell’accordo di rinnovo del 17 dicembre 2021 per il settore Metalmeccanica artigianato.

Attenzione anche al comma 1.1 dell’articolo 19, dove viene previsto che “Il termine di durata superiore a dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi, di cui al comma 1 del presente articolo, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’articolo 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

Occhio, però, alla lettura di questa disposizione, che impone di riflettere su 2 inevitabili punti fondanti:

  1. trattasi del caso di un primo contratto a termine cui si ponga una durata superiore a 12 mesi, ma non a 24 mesi;
  2. tale ipotesi è solo temporanea, dunque praticabile fino al 30 settembre 2022.

È stato comunque chiarito, in via amministrativa, come la data termine del 30 settembre 2022 vada a riferirsi “alla formalizzazione del contratto, il quale ben potrà prevedere una durata del rapporto che superi tale data, fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi” (INL, nota n. 1363/2021).

Ricordo, infine, come le imprese stagionali siano escluse dai problemi di casuale per i casi di proroga e rinnovo, così come dal limite di durata massima contrattuale. Da qui si aprirebbe il problema della definizione di stagionalità, un aspetto che offre numerosi spazi di dubbio per talune fattispecie operative; ma questo è un altro discorso.

 

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