La convivenza di fatto non fa venir meno il diritto all’ANF
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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 120 del 22 luglio 2025, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’Appello di Venezia, sezione lavoro, in relazione all’art. 2, D.P.R. n. 797/1955. Questa norma stabilisce che l’assegno per il nucleo familiare non spetta al coniuge del datore di lavoro, senza invece escludere il diritto al beneficio in caso di convivenza di fatto tra il datore di lavoro e il lavoratore subordinato.
La Corte ha chiarito che la ratio dell’art. 2, D.P.R. n. 797/1955, può essere ravvisata nell’esigenza di non erogare il beneficio a un nucleo familiare comprendente lo stesso datore di lavoro, al fine di evitare una forma di “autofinanziamento”. Dunque, la norma censurata non può ritenersi in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione per il fatto di non assimilare, ai fini dell’esclusione dall’ANF, il convivente di fatto al coniuge, dal momento che, ai fini della concessione dell’ANF e della sua quantificazione, il nucleo familiare comprende solo il coniuge e non il convivente di fatto, in base all’art. 2, comma 6, D.L. n. 69/1988. La convivenza di fatto rileva solo in presenza di un contratto di convivenza, stipulato ai sensi dell’art. 1, comma 50, L. n. 76/2016. La disciplina dell’ANF risulta, pertanto, armonica, vista la coerenza tra la mancata considerazione della convivenza ai fini della concessione dell’assegno e la stessa mancata considerazione ai fini della sua esclusione.



