Accomodamenti ragionevoli nel caso di licenziamento per sopravvenuta disabilità ed inidoneità alle mansioni
di Carlo Andrea Galli Scarica in PDF
L’ordinanza della Corte di Cassazione 11 settembre 2025, n. 24994, si sofferma a esaminare un caso in tema di accomodamenti ragionevoli necessariamente preliminari rispetto a un provvedimento di licenziamento per sopravvenuta inidoneità alle mansioni derivato da disabilità.
Nel caso, il licenziamento era conseguito a certificata sopravvenuta inidoneità del dipendente allo svolgimento delle mansioni in precedenza svolte e alla valutazione datoriale di assenza di competenze alternative. Nel giudizio di impugnazione, entrambe le Corti di merito statuivano la legittimità del licenziamento.
Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla portata degli accomodamenti ragionevoli che il datore di lavoro è tenuto ad adottare in base all’art. 3, comma 3-bis, D.Lgs. n. 216/2003. La ratio della succitata norma speciale è la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e tutela delle persone con disabilità.
La giurisprudenza ha approfondito i contenuti dell’ampia nozione di accomodamento, fondata sulla clausola generalissima di ragionevolezza, di derivazione comunitaria e internazionale. Secondo la giurisprudenza, l’individuazione di un accomodamento ragionevole costituisce una complessa attività di bilanciamento degli interessi giuridicamente rilevanti, in base a buona fede e correttezza, per cui risulta ragionevole ogni soluzione organizzativa praticabile che miri a salvaguardare il posto di lavoro del disabile in un’attività utile per l’azienda e che imponga all’imprenditore, oltre che al personale eventualmente coinvolto, un sacrificio che non ecceda i limiti di una tollerabilità considerata accettabile secondo la comune valutazione sociale (tra le altre, Cassazione n. 6497/2021).
L’ordinanza in commento conferma l’orientamento specifico secondo cui, nell’ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del dipendente e in presenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 3, comma 3-bis, D.Lgs. n. 216/2003, grava sul datore di lavoro l’onere di prova circa la sussistenza delle giustificazioni del recesso dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l’impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l’impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli, i quali, senza comportare oneri finanziari sproporzionati, siano idonei a contemperare, in nome dei principi di solidarietà sociale, buona fede e correttezza, l’interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile all’impresa (cfr. Cass. n. 6497/2021; n. 15002/2023; n. 31471/2023; n. 35850/2023; n. 10568/2024; n. 14307/2024, citate dall’ordinanza in commento).
L’impossibilità di ricollocare il dipendente disabile, adibendolo a diverse mansioni comunque compatibili con il suo stato di salute, non esaurisce, pertanto, gli obblighi del datore di lavoro che intenda procedere al licenziamento, bensì il datore deve comunque ricercare possibili accomodamenti ragionevoli che consentano il mantenimento del posto di lavoro, in adempimento dei doveri da considerarsi inderogabili di solidarietà sociale, più pregnanti in caso di sostegno a chi versa in condizioni di svantaggio. In altre parole, a fronte di disabilità del dipendente, non sarà sufficiente per il datore di lavoro allegare e provare la mancanza in azienda di posti disponibili in cui ricollocarlo, come nel diverso caso di un ordinario obbligo di repêchage, né spetta al dipendente o al giudice individuare in giudizio quali potessero essere le modifiche organizzative appropriate e ragionevoli idonee a salvaguardare il posto di lavoro; è onere del datore di lavoro dimostrare di avere, con un comportamento positivo, ricercato possibili soluzioni e misure organizzative appropriate e ragionevoli, idonee a consentire lo svolgimento di un’attività lavorativa, altrimenti preclusa, a persona con disabilità.
Tale onere potrà dirsi assolto dal datore di lavoro ove risulti posto in essere ogni possibile sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata, atta a scongiurare il licenziamento, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto, potendo il medesimo datore dimostrare come eventuali soluzioni alternative, pure concretamente praticabili, fossero prive di ragionevolezza, perché coinvolgenti altri interessi comparativamente preminenti, ovvero fossero sproporzionate o eccessive, a causa dei costi finanziari o di altro tipo ovvero per le dimensioni e le risorse dell’impresa (così Cassazione n. 6497/2021, cit., nonché l’ordinanza in commento). La Corte di Cassazione ha ribadito tali principi e criteri con una pronuncia gemella del medesimo 11 settembre 2025, n. 24997. Nel medesimo senso si veda anche la pronuncia di Corte di Cassazione n. 12270/2025.
Sul tema dei criteri di riparto degli oneri processuali e probatori, si era già soffermata la pronuncia della Corte di Cassazione n. 605/2025, sottolineando come , nei giudizi antidiscriminatori, non si seguono i canoni ordinari di cui all’art. 2729, c.c., bensì quelli speciali di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 216/2003, seppur senza inversione dell’onere probatorio, ma con un’agevolazione del regime probatorio in favore del ricorrente, per cui incombe sul dipendente in tali giudizi l’onere di allegare e dimostrare il fattore di rischio e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi, mentre il datore di lavoro deve dedurre e provare circostanze inequivoche, idonee ad escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della misura litigiosa, tra cui il recesso.
A tale quadro giurisprudenziale, coerente, sebbene non esente da sfide interpretative che inesorabilmente ricadono sugli operatori aziendali, si aggiunge e andrà coordinato quanto previsto nella più recente normativa speciale, di cui all’art. 17, D.Lgs. n. 62/2024, che ha introdotto la nozione di accomodamento ragionevole nell’art. 5-bis, L. n. 104/1992, contemplando, tra l’altro, una novellata definizione della condizione di disabilità, di accomodamento, nonché una procedimentalizzazione della facoltà di richiedere l’adozione di un accomodamento ragionevole, con diritto di partecipare alla sua individuazione.



