14 Dicembre 2022

Accordo di smart working: orario di lavoro e diritto alla disconnessione

di Andrea Ercoli

Il ritorno alla disciplina ordinaria relativamente agli accordi di smart working comporta particolare attenzione da parte degli operatori. L’esperienza del periodo pandemico ha, infatti, reso indispensabile questa tipologia di prestazione, ma ne ha anche evidenziato limiti e criticità da ridurre. In questo senso, l’orario di lavoro è una materia molto delicata, che merita attenzione particolare, anche in ordine alle necessità di bilanciamento tra vita privata e lavoro.

 

Premessa

Una delle eredità del periodo caratterizzato dalla fase più acuta della pandemia è sicuramente il ricorso allo smart working. Se lo strumento del lavoro agile, infatti, è stato introdotto in un periodo piuttosto risalente, questa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa ha raggiunto una diffusione capillare solo in concomitanza con le restrizioni disposte per fronteggiare la diffusione del virus.

Da questo punto di vista, la produzione normativa di riferimento ha subito una certa espansione, al fine di adattare la disciplina dell’istituto a quanto la quotidianità faceva emergere come necessità operativa. La disciplina del lavoro agile, infatti, è nata con caratteristiche che mal si sposavano con la rapidità di espansione che ha avuto l’istituto all’interno delle aziende, soprattutto in un momento in cui quasi ogni datore di lavoro si è trovato a confrontarsi con l’utilizzo diffuso di tale strumento, senza la possibilità di incontrare i dipendenti per sottoscrivere il relativo accordo.

Il Legislatore, nel periodo pandemico, ha pertanto operato con alcune deroghe alla operatività ordinaria, introducendo una forma di smart working semplificato, con riferimento alle procedure obbligatorie. La fine del periodo di deroga implica, tuttavia, il ritorno alla gestione precedente, con l’obbligo di sottoscrivere l’accordo individuale. Tuttavia, l’esperienza del periodo pandemico ha portato alla luce alcune particolarità nella gestione dell’attività resa da remoto, emerse dalla pratica quotidiana.

 

Lo smart working

In prima battuta, è necessario inquadrare lo smart working (o “lavoro agile”, equivalentemente) dal punto di vista sistematico.

Lo smart working, infatti, non è una tipologia di rapporto di lavoro, né una figura contrattuale tipizzata dalla norma, ma una modalità di rendere la prestazione.

Il lavoratore viene a essere assunto secondo una delle forme previste dalla legge, con le caratteristiche previste dal proprio contratto di lavoro, e in un momento successivo o contestuale può sottoscrivere con il datore di lavoro un accordo che individui il lavoro agile quale modalità utilizzabile per rendere la propria attività.

Lo smart working consente al lavoratore di svolgere le proprie attività senza soggiacere a vincoli di spazio e di tempo, secondo quanto pattuito con il datore di lavoro. In questo senso, il lavoratore agile potrà prestare la propria attività, nei limiti di quanto definito d’accordo con il datore di lavoro, al di fuori dei locali aziendali e delle tempistiche previste per la generalità dei lavoratori che non abbiano questo tipo di accordo. La postazione da dove svolgerà la propria attività, pertanto, non sarà fissa, ma potrà essere da lui scelta entro i limiti previsti dagli accordi con il datore di lavoro.

Uno dei tratti distintivi dello smart working è certamente la libertà organizzativa lasciata al lavoratore, che, pertanto, dovrà svolgere il proprio lavoro orientandosi al risultato finale.

L’attività potrà essere disposta in varie fasce giornaliere, non necessariamente coincidenti con i tradizionali orari d’ufficio, salvo il caso in cui la presenza del dipendente risulti necessaria in specifiche fasi della giornata.

Il coordinamento di tale disciplina con l’attività aziendale è dettato dalle disposizioni inserite nell’accordo individuale, che le parti potranno dettagliare a seconda delle caratteristiche della prestazione da rendere.

 

La normativa

La normativa di riferimento per il lavoro agile è contenuta nel D.Lgs. 81/2017, Capo II. La normativa di riferimento è il risultato di un lavoro piuttosto articolato, che ha introdotto la forma dello smart working nell’ordinamento italiano, dettandone i principi cardine. In questo senso, la norma prova a rispondere all’annunciato proposito di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovendo il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto.

Tale modalità di prestazione, secondo la norma è “stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa” (articolo 18, D.Lgs. 81/2017).

Con riferimento al luogo di lavoro, è prescritto che la prestazione lavorativa venga eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa. Importante è la precisazione riferibile all’orario di lavoro, che deve rimanere contenuto “entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.

Ciò significa che, nonostante la flessibilità organizzativa, continua a trovare applicazione la normativa legale e contrattuale relativa all’orario di lavoro. Oltre a ciò, il datore di lavoro rimane responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

L’articolo 19, D.Lgs. 81/2017, è particolarmente interessante, in quanto stabilisce la forma dell’accordo di smart working, che dev’essere scritta ai fini della prova e della regolarità amministrativa. All’accordo di lavoro agile può essere apposto un termine oppure può essere concluso a tempo indeterminato. Nel caso in cui fosse a tempo indeterminato, la norma dispone comunque una facoltà di recesso con preavviso non inferiore a 30 giorni.

Di assoluta rilevanza è l’indicazione, contenuta nella norma, relativa al contenuto dell’accordo, che deve individuare i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Già la normativa di cui al D.Lgs. 81/2017, pertanto, contiene un rimando esplicito alla disconnessione del lavoratore, principio che dev’essere tenuto in considerazione con riferimento alla redazione degli accordi.

Ulteriore previsione (articolo 21, D.Lgs. 81/2017), dispone che l’accordo stabilisca le modalità di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, con riferimento alla prestazione resa dal lavoratore agile. Viene fatto, pertanto, rinvio alla libertà negoziale delle parti, per la determinazione degli strumenti e delle modalità di controllo sul dipendente. Anche in questo caso, rimane applicabile la disciplina generale sul controllo dei lavoratori, che dovrà essere tenuta in considerazione in sede di redazione dell’accordo, ma soprattutto di predisposizione dei metodi di legittimo controllo da parte del datore di lavoro sulla prestazione resa.

 

Il protocollo del 2021

In aggiunta alle previsioni normative, è opportuno tenere in considerazione le disposizioni del protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile, sottoscritto in data 7 dicembre 2021 dal Ministero del lavoro e dalle parti sociali.

Il protocollo ha inteso fornire un quadro di sistema all’interno del quale vengano sottoscritti gli accordi di smart working tra le parti. Il protocollo delinea il contenuto essenziale degli accordi di smart working, includendo una serie di indicazioni necessarie:

a) la durata dell’accordo, che può essere a termine o a tempo indeterminato;
b) l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
c) i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali;
d) gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
e) gli strumenti di lavoro;
f) i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione;
g) le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto sia dall’articolo 4, L. 300/1970, sia dalla normativa in materia di protezione dei dati personali;
h) l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
i) le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

Riprendendo alcune indicazioni già disposte dalla citata normativa, ampliandone la portata, il protocollo enuncia gli elementi fondamentali da includere nell’accordo.

 

Il tema dell’orario di lavoro e della disconnessione

La tematica dell’orario di lavoro, con riferimento alla prestazione resa dai lavoratori agili, è stata sollevata dalla pratica, in particolare nel periodo pandemico. I lavoratori che hanno svolto questo tipo di attività, infatti, sono stati spesso oggetto di gestioni particolarmente onerose dal punto di vista della durata del lavoro. Se, infatti, l’accesso e l’uscita dai locali aziendali implicano una cesura tra il tempo dedicato al lavoro e i momenti in cui il lavoratore non è a disposizione del datore di lavoro, per il lavoratore in smart working questo limite appare più rarefatto. Il lavoratore potrebbe risultare sempre reperibile mediante gli strumenti tecnologici a sua disposizione, estendendo di fatto la propria prestazione senza veri e propri confini certi. Ciò è solo parzialmente compensato dalla libertà di organizzazione e dalla facoltà di interrompere la prestazione nel corso della giornata in favore di attività personali.

Da questa situazione è emerso il concetto del “diritto alla disconnessione”, quale tutela della divisione tra sfera privata e sfera lavorativa. Il diritto alla disconnessione si pone, quindi, come argine agli orari incontrollati di lavoro dei dipendenti, stabilendo una fascia in cui non siano virtualmente raggiungibili. Il citato protocollo tra il Ministero del lavoro e le parti sociali ha dettagliato questo argomento, riconoscendo che la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati.

Il protocollo dispone che l’attività possa essere resa mediante un’articolazione per fasce orarie, tra le quali debba essere individuata quella in cui è garantita la disconnessione, in cui il lavoratore non svolga attività di lavoro. Il protocollo dispone, inoltre, che vengano adottate specifiche misure tecniche per garantire la fascia di disconnessione.

Proprio su quest’ultimo punto si è concentrata l’analisi di molti operatori, al fine di identificare le modalità operative maggiormente rispondenti agli scopi della normativa. In questo senso, uno degli strumenti più utilizzati è lo spegnimento “a tempo” della rete VPN, attraverso la quale è possibile collegarsi da remoto agli archivi aziendali. Oltre a questo, nelle aziende dotate di strumentazione tecnologica più avanzata è stata prevista la disattivazione delle utenze nelle fasce di lavoro classificate quali fasce di disconnessione.

Ciò che la disposizione chiede è una misura di tipo tecnico, che miri a garantire la disconnessione: non potendo agire direttamente sulle macchine che non si trovino in azienda, è necessario predisporre strumenti che intervengano da remoto.

Il protocollo tra il Ministero del lavoro e le parti sociali si è spinto oltre nel regolare l’orario di lavoro in corrispondenza delle giornate di smart working. Con riferimento, infatti, al lavoro straordinario è stato previsto che il medesimo, “di norma”, non possa essere previsto né autorizzato in giornate di smart working.

La locuzione è volutamente generica, infatti sarebbe impossibile, per un atto negoziale quale il protocollo, impedire lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario, arrivando addirittura a vietarne l’autorizzazione in via preventiva. Tuttavia, l’espressione fa trasparire una sostanziale diffidenza nei confronti della facoltà del datore di lavoro di programmare attività aggiuntive durante le giornate straordinarie, in quanto si presuppone che il carico di lavoro possa essere svolto in forma frazionata e, quindi, più agevolmente nel corso della giornata, senza il ricorso alle prestazioni extra orario. La disposizione si inserisce nel quadro sopracitato, all’interno del quale si colloca la prestazione del dipendente resa in modalità agile: l’obiettivo di ricondurre ai canoni dell’orario di lavoro classici e non limitare eccessivamente il tempo riservato alla vita privata è la traccia seguita per la redazione del protocollo.

Con riferimento ai permessi, ma anche alle altre assenze tutelate dalla normativa quali malattia, maternità o altro, il lavoratore è legittimato a rendersi irreperibile sino al suo successivo rientro al lavoro.

Se ciò è ordinario in caso di prestazione resa sul luogo di lavoro, la medesima facoltà potrebbe non essere scontata nel caso in cui il lavoro sia reso con modalità agile. In questo senso, il lavoratore potrebbe sentirsi sempre in dovere di essere rintracciabile mediante il proprio smartphone o altro strumento tecnologico. In questo caso il protocollo interviene sancendo un principio, che viene a emergere in sede di redazione degli accordi individuali: “Nei casi di assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa”.

 

Smart working e permessi

Uno dei temi che ha suscitato maggiore discussione nelle fasi iniziali riguarda la gestione dei permessi previsti dai contratti collettivi, nei periodi in cui il dipendente svolge attività di lavoro agile. Se, infatti, il lavoratore che si rechi tra le mura aziendali potrebbe far ricorso ai permessi per lo svolgimento di alcune commissioni personali, nel caso dello smart working il dipendente potrebbe agevolmente organizzarsi collocando la propria prestazione in fasce orarie che non contemplino il lavoro.

In questo senso, l’utilità dei permessi potrebbe ridursi particolarmente, stante la libertà concessa al lavoratore nell’organizzazione della giornata. Anche il lato economico della vicenda non è di poco rilievo: la previsione di una maturazione particolarmente elevata di Riduzioni di orario di lavoro (Rol) o altri permessi, da parte di alcuni Ccnl, potrebbe avere ripercussioni economiche rilevanti sul datore di lavoro che autorizzi lo svolgimento di gran parte dell’attività del dipendente in modalità smart working. L’accumulo dei permessi, infatti, non sarebbe bilanciato da un normale utilizzo dei medesimi, stante la flessibilità concessa al lavoratore.

Dal punto di vista dei correttivi, la pratica ha mostrato l’intervento della contrattazione di secondo livello al fine di limitare la maturazione dei permessi nei casi di ricorso allo smart working. Questa modalità di intervento ha contemplato la sottoscrizione di accordi collettivi aziendali, che, in caso di attribuzione del lavoro agile, hanno ipotizzato l’incidenza negativa di tali giornate sulla maturazione dei permessi Rol previsti dalla contrattazione nazionale, al fine di compensare l’effetto di cui sopra, dal punto di vista dell’accumulo dei ratei. Questo tipo di previsione passa attraverso una deroga, da parte del contratto di secondo livello, al contratto nazionale applicato in azienda. Ciò potrebbe aprire il campo ad alcune criticità in sede di contenzioso con il lavoratore, stanti le 2 teorie contrapposte sulla derogabilità, salvo il caso in cui non si faccia ricorso alla contrattazione di prossimità. Evidentemente quest’ultima opzione è difficilmente applicabile, stante l’ostracismo riservato dalle organizzazioni sindacali allo strumento della prossimità, sin dalla sua introduzione normativa nell’ordinamento.

Il protocollo prende posizione sul tema della fruizione dei permessi durante l’attività resa in modalità agile, ma senza aggiungere molto a quanto già desumibile dalla norma generale: “Il lavoratore può richiedere, ove ne ricorrano i relativi presupposti, la fruizione dei permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge quali, a titolo esemplificativo, i permessi per particolari motivi personali o familiari, di cui all’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104”.

 

Smart working e rilevazione delle presenze

Una tematica ulteriore da tenere in considerazione in sede di redazione dell’accordo di smart working riguarda la rilevazione delle presenze. Allo stato attuale, sono numerosissime le aziende che hanno impostato un sistema di rilevazione delle presenze dei dipendenti, spesso con strumenti tecnologicamente avanzati quali la possibilità di “timbrare” solo ove geolocalizzati all’interno dei locali aziendali. In questo senso, la rilevazione della presenza del dipendente al lavoro, legittima, oltre che consigliabile, per mantenere il miglior rapporto di trasparenza tra la retribuzione e l’attività svolta, potrebbe trovare un ostacolo dalla mancata presenza nei locali aziendali del lavoratore.

Non è esclusa l’ipotesi per la quale sia possibile effettuare la timbratura di accesso utilizzando esclusivamente il device messo a disposizione dall’azienda, ma da questo punto di vista la maggioranza degli operatori ha optato per un’organizzazione di tipo differente.

Per i lavoratori agili, infatti, è stato spesso scelto di non richiedere alcuna timbratura per le giornate svolte al di fuori dei locali aziendali. In questo senso, spesso si sceglie di evidenziare uno specifico “giustificativo” di assenza, di modo da riempire la giornata nel calendario presenze.

Se le opzioni, come detto, potrebbero essere molteplici e differenti a seconda delle necessità aziendali, è importante che l’accordo di smart working preveda come comportarsi sul tema della rilevazione delle presenze, al fine di non lasciar spazio a dubbi interpretativi in capo al lavoratore.

 

Esempio di accordo: orario di lavoro

Di seguito l’esempio del testo dell’accordo, nella sezione relativa all’orario di lavoro.

Fac simile di accordo sull’orario di lavoro in smart working

Articolo __ – Orario di lavoro e rilevazione delle presenze

Lo smart working rappresenta una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa regolata dal contratto di lavoro. L’orario di lavoro individualmente previsto nel contratto di assunzione resta, pertanto, invariato. Nel rispetto del vigente Ccnl e regolamento aziendale, l’orario di lavoro rimane articolato in __ ore settimanali.

Il lavoratore ha facoltà di collocare liberamente la propria prestazione all’interno delle seguenti fasce orarie e nel rispetto dei seguenti parametri:

− fascia di attività standard dalle 07:30 alle 19:30;

− fascia di disconnessione standard: dalle 19:30 alle 07:30 e nelle giornate di sabato, domenica e festivi.

Il lavoratore si impegna, in ogni caso, a garantire la propria reperibilità attraverso gli strumenti tecnologici messi a sua disposizione dall’azienda nelle seguenti fasce orarie:

− dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 16.00 da lunedì a venerdì.

Durante la fascia di attività standard, come sopra richiamata, il lavoratore si renderà contattabile attraverso gli strumenti di comunicazione in dotazione, nei momenti in cui stia svolgendo la propria attività.

Lo svolgimento del lavoro in modalità di smart working comporta il superamento di una mera misurazione quantitativa dell’attività. Per questo motivo il lavoratore è consapevole e accetta che l’attività stessa non sarà soggetta alla disciplina in materia di lavoro straordinario e, per questo motivo, non implicherà remunerazione aggiuntiva rispetto alle ore ordinarie.

In caso di imprevisti che possano ostacolare, ritardare o interrompere lo svolgimento dell’attività lavorativa (a titolo esemplificativo e non esaustivo: malfunzionamento della rete internet, mancata ricezione dei dati necessari, etc.), il dipendente è tenuto dare comunicazione al suo responsabile, con la massima tempestività, della criticità riscontrata, definendo con lo stesso il piano di lavoro del resto della giornata lavorativa.

Il lavoratore che svolga la propria prestazione in modalità smart working sarà esonerato, per quella singola giornata, dal segnalare la propria presenza mediante il timbratore digitale in propria dotazione. Viceversa, giustificherà l’anomalia segnalata dal calendario del rilevatore presenze con il giustificativo SW – smart working.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Strumenti di lavoro“.

 

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