14 Febbraio 2017

Affitto di ramo d’azienda con effetto traslativo “tsunami”

di Alessandro Rapisarda

Non vi è dubbio che l’affitto del ramo d’azienda, per quanto attiene i rapporti di lavoro, entra a pieno titolo nella l’egida turbolenta del D.Lgs. 18/2001, che, in attuazione della Direttiva comunitaria 98/50/CE del 29 giugno 1998, introdusse rilevanti modifiche alla disciplina applicabile ai lavoratori in caso di trasferimento dell’azienda, riscrivendo interamente l’articolo 2112 cod. civ. e modificando l’articolo 47, L. 428/1990. Ulteriori modifiche all’articolo 2112 cod. civ. sono state apportate dall’articolo 32, D.Lgs. 276/2003, che ha ridefinito la nozione di trasferimento d’azienda e di ramo d’azienda. In particolare, l’articolo 2112 cod. civ., comma 5, nella versione vigente, definisce trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conservi nel trasferimento la propria identità. Tutto ciò a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, per questo non vi è dubbio che ci rientri anche l’affitto d’azienda o di un ramo di esso.

In considerazione di un evidente effetto “tsunami” legislativo, che travolge in termini giuslavoristici il contratto di affitto, vale la pena porre alcune riflessioni in merito. In primo luogo anche nel caso d’affitto d’azienda si realizza una forma di successione legale nel contratto di lavoro. Pertanto, differentemente da quanto accadrebbe in caso di cessione del contratto, gli effetti del passaggio si producono automaticamente, senza necessità di consenso da parte del lavoratore. Questo automatismo opera però a condizione che il rapporto di lavoro, all’atto del trasferimento, sia in corso con l’affittante. Non può esserci prosecuzione automatica per i rapporti di lavoro che, alla data del trasferimento siano già terminati, ovvero legittimamente risolti. L’illegittimità del recesso dichiarata dopo la cessione può però essere opposta all’affittuario, il quale, subentrando al cedente, dovrà far fronte alla sentenza dichiarativa della nullità del licenziamento intimato dal datore di lavoro cedente prima del trasferimento. Oltre alla continuità occupazionale, la norma tutela, attraverso il meccanismo della conservazione, i diritti maturati dal lavoratore, che derivano dal pregresso rapporto di lavoro alle dipendenze del cedente e non soltanto quelli derivanti dall’anzianità. È chiaro che si vuole impedire, attraverso una fittizia e fraudolenta risoluzione del rapporto seguita dalla riassunzione alle dipendenze del cessionario, possa violarsi il diritto all’infrazionabilità dell’anzianità, con conseguenze negative non solo sul piano del trattamento di fine rapporto, ma anche sulla determinazione dell’anzianità necessaria per l’accesso ai c.d. “ammortizzatori sociali” in caso di crisi aziendale.

Sovente poi nei contratti di affitto o con atti a latere si pattuisce tra affittante e affittuario che, in deroga all’articolo 2112 cod. civ., che una quota parte di lavoratori non passi alle dipendenze dell’affittuario. Queste clausole, anche se scolpite sul granito, devono considerarsi nulle, fatto salvo il caso in cui vi sia il consenso espresso del lavoratore. Ad ogni modo la giurisprudenza ha chiarito che il trasferimento non opererà per quel lavoratore che, nonostante la cessione, continua a prestare la propria attività lavorativa in favore dell’imprenditore cedente senza passare di fatto al servizio del cessionario. Mentre per quanto concerne i crediti, che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento, sussiste tra cedente e cessionario una responsabilità solidale. Tale tutela opera nei confronti dell’affittuario indipendentemente dalla conoscenza che questi abbia dei crediti, e si estende, secondo la giurisprudenza maggioritaria, anche ai crediti relativi a rapporti di lavoro cessati prima del trasferimento risultanti dai libri contabili.

Un’ultima riflessione invece deve essere posta sugli aspetti traslativi in termini di obbligazioni. Su questo tema vale la pena segnalare che esiste un orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale, in caso di trasferimento d’azienda e di prosecuzione del rapporto di lavoro dei dipendenti col “cessionario” della medesima, come unico debitore deve considerarsi, anche per il periodo passato alle dipendenze del precedente datore di lavoro, il titolare dell’impresa al momento della risoluzione del rapporto di lavoro. Pertanto l’affittuario risponderà in solido anche per le quote maturate nel periodo in cui i lavoratori erano alle dipendenze del titolare dell’azienda.

A questo punto ci si chiede quali prospettive sui rapporti di lavoro si configurano nell’ambito di un affitto d’azienda.

Ancora più complessa è la prospettiva che si determina in un quadro interpretativo come questo quando azienda e dipendenti fanno il percorso inverso, ritornando al titolare al termine del contratto d’affitto. Seguendo questo percorso logico, parrebbe quindi plausibile che tale responsabilità solidale sussista, e quindi tocchi in questo caso all’ex-affittante farsi carico dei debiti contratti dall’affittuario verso i lavoratori in vigenza del contratto d’affitto d’azienda. Questo scenario con effetto “tsunami” di responsabilità solidale potrebbe determinare aspetti di difficile gestione. Si pensi alle nuove assunzioni operate dall’affittuario: se venisse confermata quest’impostazione interpretativa, l’affittante dovrà proseguire anche i nuovi rapporti di lavoro nel frattempo attivati. Pare quindi opportuno gestire questo aspetto all’interno del contratto di affitto, in modo tale da garantire un’adeguata tutela all’affittante. In tal senso, considerando i risicati margini di manovra lasciati dal Legislatore, vale la pena che all’interno del contratto di affitto venga prevista una clausola di condizione legata a un indennizzo a favore dell’affittante, che si attiverà laddove si determini il ritorno dell’azienda a seguito di termine o recesso del contratto e che sia commisurata al numero dei nuovi rapporti di lavoro instaurati dall’affittuario.

 

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