La Corte Costituzionale ritorna sull’art. 19 della Costituzione
di Evangelista BasileRosibetti Rubino Scarica in PDF
Con la sentenza n. 156/2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1,Legge n. 300/1970, nella parte in cui non prevede che le RSA possano essere costituite a iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva anche nell’ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
La sentenza è dirompente e si pone in discontinuità con le stesse precedenti pronunce della Corte: con sentenza n. 231/2013, la Corte Costituzionale aveva infatti ampliato i criteri selettivi del sindacato legittimato ad ospitare nel proprio ambito la costituzione di una RSA, ricomprendendo anche le associazioni che – pur non essendo firmatarie – avevano comunque preso parte alle negoziazioni del contratto collettivo applicato.
Nel caso di specie, il giudice remittente ha dubitato della legittimità costituzionale della norma nella parte in cui escludeva dal diritto di costituzione della RSA il sindacato che, pur non avendo firmato né partecipato alle trattative, risulti comunque maggiormente rappresentativo nell’unità produttiva.
Sempre secondo il giudice, infatti, la mancata partecipazione al tavolo poteva essere il risultato di un’estromissione dal processo negoziale da parte del datore di lavoro, comportamento avverso il quale il sindacato non avrebbe alcun reale strumento coercitivo. A parere del Tribunale di Modena, dunque, sarebbe evidente la violazione dell’art. 3, Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento tra sindacati.
In buona sostanza, quella che è stata posta al vaglio della Corte è la situazione di quel sindacato che non solo non ha sottoscritto il contratto, ma non è stato neppure preso in considerazione per partecipare al tavolo negoziale, pur possedendo effettiva rappresentatività.
La Corte ha ritenuto la questione fondata, affermando che «nell’interstizio tra la libertà della impresa di trattare con chi vuole e il diritto del sindacato rappresentativo di accedere alle prerogative di legge si apre il vuoto di tutela, costituzionalmente illegittimo».
Per colmare detto vuoto, la Corte si è, pero, rifatta al criterio della rappresentatività comparativa, in quanto avvalorato da diversi riscontri normativi recenti.
E quindi, pur riconoscendo che il criterio della rappresentatività comparativa, per il carattere selettivo e la base nazionale del perimetro in cui si muove, possa risultare restrittivo in ambito aziendale, la Corte ha comunque mosso la propria soluzione proprio intorno a questo criterio.
Il risultato è, dunque, per diversi aspetti paradossale, poiché a fronte di un giudice remittente che ha di fatto richiesto un intervento additivo al fine di valorizzare la rappresentatività effettiva all’interno dell’azienda, la risposta della Corte ha, invece, optato per una soluzione, quella della rappresentatività comparativa, che ha l’effetto pratico di escludere proprio chi è rappresentativo all’interno dell’impresa, dando invece maggiore rilevanza a sindacati storicamente rappresentativi su base nazionale.



