18 Settembre 2025

Doppio licenziamento: opzione legittima del datore di lavoro

di Evangelista BasileRosibetti Rubino Scarica in PDF

Con sentenza n. 20572 del 22 luglio 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ai limiti del giudicato della sentenza che accerta l’illegittimità del primo licenziamento nel caso in cui avvenga – nelle more – un secondo e successivo (legittimo) licenziamento.
Nel caso di specie, infatti, la Corte di Appello, in riforma della decisione di primo grado, aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla lavoratrice, condannando quest’ultima a restituire quanto percepito in esecuzione del provvedimento monitorio. La pretesa azionata in via monitoria era fondata su una precedente sentenza, confermata in appello, con la quale il licenziamento era stato dichiarato illegittimo, con le conseguenze ex art. 18, Legge n. 300/1970. Le somme richieste, dunque, riguardavano il trattamento economico dal licenziamento, detratto quanto già percepito in relazione a tale periodo.

Più in particolare, la Corte ha dichiarato che l’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro disposto dal giudice ex art. 18, Legge n. 300/1970, quale conseguenza dell’accertata illegittimità del primo licenziamento non comporta, come presupposto logico-giuridico indissolubile, l’accertamento della giuridica persistenza del rapporto di lavoro fino al momento della pronuncia della sentenza, né determina giudicato implicito sull’insussistenza di fatti estintivi del rapporto verificatisi successivamente al licenziamento dichiarato illegittimo. A detta della Corte, il giudicato implicito richiede per la sua formazione che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si deduce essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, tale da determinare l’assoluta inutilità di una decisione sulla seconda questione, e che la questione decisa in modo espresso non sia stata impugnata. Tale rapporto viene meno quando la questione che si vuole implicitamente risolta – nel caso di specie gli effetti del secondo (legittimo) licenziamento – abbia una propria autonomia e individualità per la diversità dei presupposti di fatto e di diritto. L’ordine di reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato costituisce una condanna generica del datore di lavoro all’adempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro e contiene l’accertamento dell’inidoneità del licenziamento a estinguere il rapporto stesso al momento in cui è stato intimato, ma tale accertamento non si estende a intervalli di tempo successivi. Conseguentemente, l’ordine di reintegrazione e la condanna al pagamento delle retribuzioni per il periodo successivo al recesso datoriale restano condizionati alla permanenza del rapporto dopo il licenziamento e alla possibile incidenza di ulteriori e successivi fatti o atti idonei a determinare la risoluzione del rapporto stesso. Pertanto, qualora sia intervenuto nelle more del giudizio e prima dell’ordine di reintegrazione un secondo (valido) licenziamento intimato per ragioni diverse e per fatti successivi, il lavoratore non può far valere il giudicato formatosi in ordine all’illegittimità del primo licenziamento, assumendo che l’ordine di reintegrazione contenga anche l’accertamento dell’attualità del rapporto.
La natura di rapporto di durata del contratto di lavoro rende intrinseco al comando giudiziale di reintegrazione che esso sia condizionato alla possibilità giuridica di riammissione in servizio all’atto della sua esecuzione e, quindi, alla giuridica persistenza del rapporto medesimo, risultando connaturale alla natura di statuizione di condanna generica della reintegrazione che la determinazione successiva del quantum sia verificata nell’attualità, alla luce della concreta situazione esistente al momento della relativa richiesta.

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