L’indennità per morte corrisposta ai familiari del lavoratore non è soggetta a tassazione
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L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n. 301/E del 4 dicembre 2025, ha fornito chiarimenti in merito al corretto inquadramento fiscale delle somme corrisposte da una Società al coniuge, ai figli minori o agli aventi causa dei partner, nelle ipotesi di morte del lavoratore, a titolo di assegno integrativo caso morte, sulla base di apposito regolamento aziendale e sotto forma di rendita mensile.
La Società istante, al fine di «garantire una protezione temporanea ai familiari e/ o ai beneficiari designati», in caso di morte del lavoratore, si impegna a corrispondere:
- una somma denominata «Temporanea Caso Morte (TCM)», riconosciuta ai beneficiari che il partner individua mediante «comunicazione scritta e controfirmata», pari a 1.300.000 euro;
- una rendita denominata «Assegno Integrativo Caso Morte (AICM)», riconosciuta al coniuge, ai figli minori o agli aventi causa, in misura pari a 125.000 euro annui, dovuta a partire dall’anno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e fino al 30 giugno che segue la data in cui il partner avrebbe compiuto 62 anni.
La promessa di indennizzo è una «garanzia aggiuntiva e non sostitutiva di quella prevista generalmente dal CCNL».
Per far fronte a tali obbligazioni, la Società ha stipulato apposite polizze assicurative nelle quali è contraente e beneficiario, mentre «il dipendente è del tutto estraneo al rapporto assicurativo».
L’Agenzia chiarisce che le somme corrisposte dal datore di lavoro, in base al regolamento aziendale, al coniuge, ai figli minori o agli aventi causa a seguito di morte o invalidità permanente del lavoratore non concorrono a formare reddito imponibile, sia se erogate in forma di capitale sia come rendita, poiché rientrano tra le indennità esenti previste dall’art. 6, comma 2, TUIR.



