28 Novembre 2017

Tanto tuonò che piovve: le perigliose vicissitudini del lavoro in cooperativa alla prova delle SS.UU.

di Marco Frisoni

Con tutta probabilità, pur in un contesto di riferimento già variegato e all’interno del quale ogni disposizione normativa appare suscettibile di molteplici interpretazioni da parte della dottrina e del vaglio giudiziale, il lavoro in cooperativa ha da sempre rappresentato questione foriera di un acceso (e aspro) dibattito, anche in sede giurisprudenziale, in concreto mai sopito e che, a dire il vero, sembra avere prodotto degli esiti tutt’altro che solidi e definiti.

L’aspetto paradossale della questione risiede nel fatto che, con la L. 142/2001, una sorta di testo unico in materia di socio lavoratore, il Legislatore aveva inteso regolare in maniera definitiva la questione (con tutte le perplessità del caso, con precipuo riferimento a un’eccessiva tendenza ad assimilare il lavoro in cooperativa al lavoro subordinato, in particolare per mutuarne le protezioni che ne derivano), operando delle obiettive scelte di campo (per quanto discutibili), che, quanto meno nelle aspirazioni originarie, avrebbero dovuto svolgere una funzione di puntuale individuazione dei tratti salienti (anche sul versante della tutela della prestazione lavorativa resa quale adempimento delle obbligazioni discendenti dal contratto associativo) del socio lavoratore.

Pur tuttavia, al contrario, la novella del 2001 ha dato luogo a un veemente confronto fra diversi orientamenti tesi a fare prevalere, a seconda del pensiero adottato, a volte il vincolo associativo sul rapporto lavorativo, ovvero, al contrario, a garantire le inderogabili tutele del lavoro prestato, a discapito del peculiare legame sotteso sussistente fra cooperativa e socio medesimo, innanzitutto nelle fasi estintive dei vincoli contrattuali fra cooperativa e socio lavoratore.

Tali contrasti, che hanno fortemente caratterizzato il contenzioso giudiziario, sono peraltro proseguiti nonostante la c.d. controriforma del lavoro nell’ambito della cooperazione, avvenuta con la L. 30/2003, invero finalizzata, in parte, alla risoluzione delle evidenti problematiche riscontrate dal 2001 in avanti.

Orbene, la coesistenza fra orientamenti divergenti in seno alla giurisprudenza di legittimità (oltre che nei gradi di giudizio di merito), in special modo in ordine all’osmotico legame fra rapporto associativo e prestazione di lavoro, ha spinto la Corte di Cassazione (sezione Lavoro), con provvedimento del 24 maggio 2017, n. 13030, a rimettere al primo Presidente delle Sezioni Unite la tematica, per l’appunto, dell’estinzione del rapporto di lavoro a fronte della cessazione del vincolo associativo e delle conseguenze che ne derivano, anche sul piano delle tutele e dei rimedi approntati dall’ordinamento giuslavoristico.

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con sentenza n. 27436 del 20 novembre 2017, offre la propria visione uniformante sulla critica questione, in prima battuta riconoscendo la supremazia del vincolo associativo rispetto al rapporto di lavoro, operando una ricognizione che, a dire il vero, parte a valle (e non, come ci si sarebbe atteso, a monte) della suddetta dibattuta questione, ed evidenziando come, in caso di omessa impugnazione della delibera di estromissione dalla compagine sociale, al socio lavoratore sia preclusa la tutela reintegratoria-restitutoria, rimanendo percorribile la sola via della soddisfazione risarcitoria.

In buona sostanza, il contratto associativo manifesta la propria predominanza rispetto a quello (ancillare) lavorativo, al punto che l’estinzione del primo travolge il secondo e, di conseguenza, solo l’aggressione giudiziale dell’espulsione dalla cooperativa aprirà all’estromesso le piene tutele (ripristinatorie), sia sul piano sociale, sia nell’ambito delle tutele lavoristiche.

Tutto ciò, s’intende, a fronte di uno schema negoziale associativo non fraudolento che, anche in virtù dell’insegnamento proveniente dalla sentenza in commento, potrebbe essere capziosamente adottato in una visione, paradossale, di detrimento delle protezioni a favore del socio (si rammenta, sul punto, la recente iniziativa ispettiva straordinaria, denominata “operazione Warehouse”, che, fra l’altro, fra gli obiettivi manifesta l’intenzione di combattere il fenomeno della falsa cooperazione).

Resta sul fondo un’osservazione più volte sollecitata, vale a dire che, anche in virtù dei recenti stravolgimenti del diritto del lavoro per mezzo del Jobs Act, forse anche il sistema del lavoro in cooperativa, disciplinato nel 2001 in presenza di un contesto lavoristico oggi stravolto, meriterebbe un intervento riformatore che attualizzi lo status di socio lavoratore, salvaguardandone le indubitabili peculiarità e, nel contempo, garantendo al socio stesso adeguate forme di protezione rispetto alla prestazione di lavoro prestata.

 

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