12 Luglio 2023

Un’opzione non “commutativa”: opzione donna e il riscatto agevolato – Commento a sentenza n. 12/2023 Tribunale di Venezia

di Alessandro Di RoccoAntonello Orlando Scarica in PDF

L’articolo analizza una prima sentenza relativa al pensionamento in opzione donna. Dal 2019 è stata data facoltà di accesso al riscatto di laurea agevolato, con un onere molto contenuto. Tale facoltà è stata utilizzata anche dalle donne che attivano la pensione anticipata in opzione donna, spesso optando contestualmente per il metodo contributivo. La sentenza analizza la prassi Inps che ne è seguita e alcune ipotesi di impossibilità all’accesso al pensionamento in opzione donna in caso di preventiva opzione per il metodo contributivo. La decisione del giudice ha di fatto capovolto quanto prescritto dall’istituto, consentendo alla lavoratrice l’accesso al pensionamento anticipato.

 

Premessa

L’arrivo, da gennaio 2019, del riscatto di laurea agevolato, introdotto dal D.L. 4/2019 ha comportato alcune complessità operative. Infatti, la prassi Inps ha chiarito a 1 anno dall’entrata in vigore della norma come tale facoltà sia aperta anche a coloro che, pur avendo studiato ante 1996, optino per il metodo di calcolo contributivo. Sarà la circolare Inps n. 54/2021 a chiarire ancora meglio l’ordine da seguire fra domanda di riscatto e domanda di accesso a pensione nello specifico caso di pensionamenti che comportano il ricalcolo contributivo della pensione, come nel caso di opzione donna e del computo in gestione separata.

 

Le coordinate della sentenza n. 12/2023 tribunale di Venezia

Con la sentenza n. 12/2023 emessa dal tribunale di Venezia, il giudice del lavoro si è pronunciato in ordine alla possibilità di accedere alla pensione anticipata ex articolo 16, D.L. 4/2019, ovvero la c.d. opzione donna, nel caso di mancata presentazione contestuale della domanda di passaggio al sistema contributivo e di richiesta di pensione anticipata opzione donna.

Oggetto del ricorso presentato da parte della ricorrente era l’accertamento del proprio diritto alla pensione anticipata prevista dall’articolo 16, D.L. 4/2019, Opzione donna nella versione attiva al tempo, a seguito del diniego da parte dell’Inps dell’accesso alla pensione.

Nel caso affrontato dal giudice del lavoro la ricorrente dimostrava di aver presentato, in data 5 gennaio 2021, all’Inps di Venezia domanda di riscatto ai fini pensionistici del periodo di laurea 1984/1988, con contestuale richiesta di determinazione dell’onere di riscatto c.d. a percentuale agevolato (articolo 2, comma 5-quater, D.Lgs. 184/1997) con un calcolo basato sul minimale della gestione commercianti, con simultanea attivazione dell’opzione di calcolo contributivo del trattamento pensionistico; richiesta che veniva accolta e che a seguito dei versamenti dovuti sull’onere di riscatto, permetteva alla ricorrente di raggiungere i 35 anni di anzianità contributiva effettiva al 31 dicembre 2021, rendendo altresì definitiva e irrevocabile l’opzione per il calcolo interamente contributivo del trattamento pensionistico.

La ricorrente, quale ultimo step, presentava in data 17 febbraio 2022 all’Inps di Venezia domanda di pensione anticipata in opzione donna, avendo maturato il requisito anagrafico dei 58 anni e, a seguito del riscatto della laurea, i 35 anni di anzianità contributiva, e contestuali dimissioni dal lavoro a partire dal 28 dello stesso mese.

L’Inps rispondeva alla domanda di pensione presentata con un provvedimento di rigetto, sulla base del principio secondo cui l’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo divenuto irrevocabile a seguito della produzione di effetti sostanziali, come l’accettazione dell’onere di riscatto determinato con diverso criterio del calcolo a percentuale per periodi collocati temporalmente in data anteriore al 1 gennaio 1996, preclude per sempre l’accesso alla pensione anticipata c.d. opzione donna.

 

Le vie di accesso al riscatto di laurea light

Il presupposto da cui si sviluppa il contenzioso è la possibilità, prevista dal gennaio 2019 di usufruire del riscatto agevolato della laurea anche per periodi di studio che si collocano temporalmente prima del 1996 esercitando una opzione al contributivo puro per il calcolo della pensione come chiarito per la prima volta dalla circolare Inps n. 6/2020. Tale possibilità, nelle sue finalità, si rivela sicuramente vantaggioso per le donne che desiderano raggiungere i 35 anni di contributi per accedere all’opzione donna in quanto tale metodo sperimentale di pensionamento comporta in ogni caso il ricalcolo contributivo, anche se la novità normativa e la sua lettura della prassi dell’istituto hanno di fatto creato un corto circuito nel meccanismo di accesso alla pensione agevolata opzione donna, in quanto ha previsto necessariamente che l’opzione al metodo contributivo sia esercitata contestualmente alla presentazione della domanda di pensione opzione donna. Per meglio dire, tale contestualità si radica nell’ordine di invio delle istanze: domanda di pensione in opzione donna e, solo dopo, domanda di riscatto agevolato.

Al contrario, assecondando un diverso ragionamento, tale scelta ha di fatto impedito a molte richiedenti, che ancora non avevano maturato i requisiti richiesti, di accedere alla pensione in opzione donna, in quanto sono stati riscontrati numerosi casi di lavoratrici che, pur presentato la domanda del riscatto agevolato della laurea con opzione al metodo contributivo, per raggiungere l’anzianità contributiva richiesta, prima di presentare domanda di pensione, si sono viste successivamente respingere la richiesta di pensionamento da parte di Inps ricevendo quale motivazione che la domanda di pensione con opzione donna veniva rigettata in quanto l’esercizio dell’opzione al contributivo precludeva la possibilità di accedere alla pensione opzione donna. Sul tema va ricordato come alla lettera l’accesso dell’opzione donna non è un reale ingresso per chi opta per il metodo contributivo, ma prevede un mero ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo. A testimonianza che non si parli di una vera pensione contributiva va ricordato come su tale forma di pensione sia comunque riconosciuta l’integrazione al trattamento minimo, non spettante per le pensioni integralmente contributive.

 

La normativa di riferimento: opzione donna

Per meglio comprendere la tematica oggetto del ricorso presentato e della decisione assunta successivamente dal giudice del lavoro è opportuno prima ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento relativo alla c.d. pensione anticipata opzione donna. L’agevolazione pensionistica introdotta con l’articolo 1, comma 9, L. 243/2004 (c.d. Legge Maroni), stabiliva che tale accesso fosse riservato alle lavoratrici che avessero raggiunto almeno 35 anni di contributi e 57 anni di età, se lavoratrici dipendenti, o 58 anni, se lavoratrici autonome, prevedendo anche che il requisito anagrafico sarebbe stato oggetto di adeguamento periodico all’incremento della speranza di vita. Successivamente la Riforma Fornero (articolo 24, D.L. 201/2011 convertito in L. 214/2011) interveniva su opzione donna confermando la possibilità di accedervi a condizione di convertire il calcolo integrale del proprio assegno di pensione al metodo contributivo e richiedendo alle lavoratrici di raggiungere tanto l’anzianità contributiva quanto l’età richieste entro il 31 dicembre 2015. Sin dal principio, tale specifica individuazione del limite temporale ha posto dubbi interpretativi: se da intendere quale limite temporale entro cui maturare i requisiti richiesti, ovvero come termine ultimo di decorrenza della prestazione, considerando anche il limite temporale inclusivo anche della finestra di differimento mobile pari a 12 mesi per le dipendenti e 18 per le autonome. Tali incertezze venivano definitivamente chiarite, dal Legislatore, con l’articolo 1, comma 281, Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015) stabilendo che l’accesso a opzione donna fosse possibile anche nel caso in cui la finestra e la successiva decorrenza del trattamento fosse successiva al 31 dicembre 2015, essendo sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro la data prevista dalla norma, e sottolineando, al tempo stesso, come opzione donna rimanesse in ogni caso una misura sperimentale.

Il periodo di applicazione (e maturazione dei requisiti) della misura è stato poi di anno in anno prorogato dalle leggi di stabilità che si sono succedute e, con l’intervento dell’articolo 16, D.L. 4/2019, i requisiti richiesti per l’accesso ad opzione donna hanno subìto una prima importante modifica. Difatti, posto che la misura è sempre riservata alle lavoratrici, è stato previsto che la possibilità di esercizio fosse riconosciuta a quante, entro il 31 dicembre 2019, avessero raggiunto almeno 58 anni di età, se lavoratrici dipendenti, e 59 anni di età, se autonome, unitamente ad almeno 35 anni di anzianità contributiva. Il decreto non apportava modifiche alla previsione della citata finestra mobile di accesso, tra il raggiungimento dei requisiti e l’effettivo accesso a pensione, così come non veniva rivisto l’obbligo di calcolare l’assegno di pensione con il metodo contributivo.

Ulteriore intervento su opzione donna si è avuto poi con la Legge di Bilancio per il 2021 (L. 178/2020) che, all’articolo 1, comma 336, ha ulteriormente esteso la facoltà di optare per tale misura alle lavoratrici che abbiano perfezionato i requisiti citati entro il 31 dicembre 2020. Successivamente, l’articolo 1, comma 94, Legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021) ha prorogato il periodo di sperimentazione, prevedendo che l’accesso fosse riconosciuto alle lavoratrici che avessero maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2021.

Sul tema oggetto del ricorso presentato, altresì, è di fondamentale importanza, per comprendere il diniego da parte dell’istituto, il messaggio Inps n. 4560/2021, non a caso rubricato “Chiarimenti in caso di riscatti di periodi anteriori al 1° gennaio 1996 con onere determinato con il criterio del calcolo a percentuale ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 5 quater, del D. Lgs. n. 184 del 1997, per effetto dell’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo, di cui all’articolo 1 comma 23, della legge n. 335 del 1995”. Con questo messaggio, l’Inps ha chiarito come sia possibile usufruire del riscatto dei periodi anteriori al 1° gennaio 1996 con onere determinato con il criterio del calcolo “a percentuale” e, su richiesta, con calcolo forfettario o “agevolato”, se il riscatto riguarda il corso universitario di studio – sia in caso di esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo precedente o contestuale alla presentazione della domanda di riscatto, sia in caso di richiesta di pensione anticipata c.d. opzione donna, contestuale alla predetta domanda di riscatto.

Inoltre l’istituto richiamava quanto già previsto nella circolare Inps n. 35/2012 e nel messaggio Inps n. 219/2013, secondo cui dal 2012, l’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo divenuto irrevocabile a seguito della produzione di effetti sostanziali – quali l’accettazione dell’onere di riscatto determinato con il diverso criterio del calcolo a percentuale (“agevolato” in caso di riscatto del corso universitario di studio) per periodi collocati temporalmente in data anteriore al 1° gennaio 1996 ovvero il superamento del c.d. massimale contributivo – preclude l’accesso a pensione con requisiti diversi da quelli previsti dall’articolo 24, D.L. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla L. 214/2011, per i soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, e, conseguentemente, preclude anche l’accesso alla pensione anticipata c.d. opzione donna.

Nonostante ciò, con le successive circolari n. 6/2020 e n. 54/2021, si è diffusa fra gli operatori, incluse alcune sedi Inps, ulteriore incertezza in quanto si è registrata una prassi, illegittima rispetto a quanto sopra illustrato, per cui le lavoratrici, al fine di accedere alla pensione anticipata c.d. opzione donna, hanno esercitato la facoltà di opzione al sistema contributivo al solo fine di avvalersi del diverso metodo di calcolo dell’onere di riscatto.

Tale anomalia, diffusa sul territorio, ha portato l’Inps a disporre che l’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo, che non avesse prodotto effetti sostanziali fino al pagamento anche parziale dell’onere di riscatto, non precludesse il riconoscimento del diritto alla pensione anticipata c.d. opzione donna in tutti i casi in cui la domanda di accesso fosse stata presentata entro e non oltre il 31 dicembre 2021, a condizione che alla data di presentazione della domanda di riscatto, vi sia il perfezionamento dei requisiti (anagrafici e contributivo) prescritti per la pensione anticipata c.d. opzione donna tenendo conto anche della contribuzione da riscattare e che fosse stata esercitata la facoltà di opzione al sistema contributivo con presentazione della domanda di riscatto, in data anteriore alla pubblicazione del messaggio emanato dall’Inps (21 dicembre 2021).

 

Il caso della sentenza: oltre la “moratoria” del messaggio Inps n. 4560/2021

Il messaggio citato, pur manifestando una evidente apertura, ha tuttavia rimandato a una prassi che non sempre è stata recepita in modo omogeneo dagli operatori, vale a dire la contestuale presentazione della domanda accesso a pensione anticipata opzione donna e quella di riscatto agevolato di laurea, senza opzione per il metodo contributivo (salvo i casi, “graziati”, dal messaggio Inps n. 4560/2021).

Invero, tornando al caso affrontato dal tribunale di Venezia, la domanda dell’aspirante pensionanda veniva rigettata, da parte dell’Inps, a termine del procedimento amministrativo, proprio per la sola mancanza di contestualità delle domande di passaggio al sistema contributivo e di esercizio per la pensione anticipata c.d. opzione donna, fermo restando la sussistenza di tutti gli ulteriori presupposti richiesti dalla normativa.

Proprio tale assurdità, di imposizione arbitraria di limiti e scadenze, è stata alla base della decisione del giudice del lavoro, estensore della sentenza 12/2023 del tribunale di Venezia.

Il giudice, infatti, nell’affrontare l’oggetto della controversia ha tenuto conto della sola normativa di riferimento, ovvero l’articolo 16, D.L. 4/2019, che nel testo applicabile ratione temporis dispone che:

“il diritto al trattamento pensionistico anticipato è riconosciuto, secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180, nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2020 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 per le lavoratrici autonome. Il predetto requisito di età anagrafica non è adeguato agli incrementi alla speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 […] 2. Al trattamento pensionistico di cui al comma 1 si applicano le disposizioni in materia di decorrenza di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78”.

Sulla scorta di tale disposizione, il giudice, conseguenzialmente, ha ritenuto che, per la liquidazione della pensione, non è richiesta la presentazione da parte della lavoratrice di una formale dichiarazione di “opzione” per il sistema di calcolo contributivo del trattamento pensionistico, ma che tale domanda di opzione non pregiudica comunque l’accesso a questa forma di pensione.

Il giudice ha ammesso la possibilità che la domanda di pensione di cui si tratta possa implicare automaticamente la scelta da parte della richiedente di ottenere una pensione calcolata integralmente con il sistema di calcolo contributivo, con rinuncia implicita alla richiesta di altre tipologie di pensione calcolate in tutto o in parte con il sistema retributivo. Anche ammettendo tale possibilità, tuttavia, il giudice non ammette la lettura secondo cui l’istanza di opzione per il calcolo contributivo della futura pensione (ai sensi dell’articolo 1, comma 23, L. 335/1995), effettuata in data antecedente (in modo propedeutico al riscatto di laurea agevolato) debba risultare ostativa alla liquidazione della pensione anticipata in opzione donna.

La conclusione a cui sostanzialmente è giunto il tribunale di Venezia, superando le indicazioni del messaggio del 2021 di Inps, è che l’attivazione dell’opzione per il sistema di calcolo pensionistico contributivo, operata in sede di richiesta di accesso al riscatto del corso di laurea in formula agevolata, non possa essere ostativa alla presentazione successiva della domanda di accesso alla pensione agevolata c.d. opzione donna, in presenza di tutti i requisiti previsti ex articolo 16, D.L. 4/2019 (ovvero età anagrafica di 58 anni e anzianità contributiva di almeno 35 anni anteriormente al 31 dicembre 2020 atteso l’accredito retroattivo del periodo di laurea e le dimissioni operate dal lavoro dipendente dell’assicurata).

Traendo le fila del ragionamento posto in essere dal tribunale, intervenuto sulla prassi consolidata dell’istituto, ne consegue che Inps non può nel caso di specie negare il diritto alla pensionanda, che abbia maturato i requisiti richiesti dalla legge, attraverso l’imposizione di un limite temporale e, soprattutto, attraverso la previsione di una modalità di richiesta telematica di accesso al sistema pensionistico agevolato della opzione donna che impedisca di fatto la sua fruizione per chi avesse richiesto il riscatto di laurea agevolato prima della domanda di pensione per cui tale anzianità contributiva era in realtà necessaria. In realtà quel meccanismo di “contestuale” richiesta di accesso tanto al riscatto in formula light del corso di laurea, e di accesso alla pensione in opzione donna risultano operabili anche differendo cronologicamente la domanda di accesso a pensione purché idealmente legata al riscatto di laurea light.

Non bisogna, infatti, dimenticare come molte lavoratrici, per poter accedere alla opzione donna, hanno ritenuto, secondo logica, di dovere prima raggiungere l’anzianità contributiva richiesta e proprio per tale motivo hanno esercitato prima la domanda di accesso al riscatto di laurea agevolato compiendo, anche la domanda di opzione per il metodo di calcolo contributivo puro. La sentenza rileva anche che l’ulteriore termine del 31 dicembre 2021 era stato introdotto discrezionalmente dall’istituto, in quanto il messaggio Inps n. 4560/2021 aveva eletto tale data quale momento ultimo per la presentazione della domanda di pensione in presenza di anteriore domanda di riscatto light con opzione al metodo contributivo, limitando in tal modo la sanatoria a lavoratrici che, al contrario della ricorrente, non avevano posto la domanda di pensione nel 2022. Proprio tale limite temporale di fatto ha creato una discriminazione tra le lavoratrici che prima del 31 dicembre 2021 avevano maturato i requisiti richiesti dalla normativa rispetto a coloro che avrebbero maturato i requisiti contributivi in data successiva pur avendo presentato prima della fine del 2021 la sola domanda di riscatto di laurea light e non quella di accesso alla pensione anticipata in opzione donna.

Resta da verificare come la prassi di Inps recepirà questa sentenza che, di fatto, elimina il principio statuito prima con la circolare n. 54/2021 (contestualità fra domanda di pensione in opzione donna e riscatto light) e poi rafforzato dalla moratoria del messaggio di fine 2021 che, tuttavia, ha finito per creare un discrimine fra lavoratrici, fra cui si situa la assicurata protagonista della sentenza di merito.

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