19 Dicembre 2019

La politica che mette d’accordo tutti non può che essere attiva

di Riccardo Girotto

La disoccupazione continua a rappresentare un problema cronico. Eppure, imponenti aree della nostra economia lamentano assenza di personale.

Guerre epiche alla ricerca di alte professionalità, prettamente tecniche, professionalità massime in area scientifica costrette, invece, a trovare sfogo fuori dal Bel Paese. Gap marcati nei territori spingono giovani a scegliere senza sapere veramente se l’opzione ipotizzata tra il trasferimento per il lavoro che piace, o la riduzione delle pretese per il comfort della zona d’origine, sia davvero quella giusta.

Tra slogan politici verso giovani choosy, bambaccioni, figli di papà e botteghe artigiane costrette a chiudere per assenza soluzioni di passaggio generazionale, non si riesce a incastrare nulla e il problema persiste. Domanda e offerta viaggiano ancora, sempre, su 2 binari paralleli. Fatico a immaginare un giovane ingegnere disoccupato, così come comprendo le difficoltà di un giovane filosofo che prova a sbarcare il lunario.

Ma tutto questo rappresenta solo una parte del problema, che si abissa quando i protagonisti sono gli over 55, espulsi da un mercato del lavoro che non offre approcci di riassorbimento. Soggetti fedeli a lavorazioni ormai obsolete, visti come parte di queste, impossibili da riconvertire con investimenti aziendali interni.

Possiamo discutere per ore nel merito per capire se pesi di più la disoccupazione di alcune professionalità o l’assenza di altre, ma non ne verremo mai a capo, perché entrambe le questioni sono evidenti e pericolose per la nostra condizione socio-economica. Conviene, quindi, concentrarsi più sulle possibili soluzioni.

Orientamento e politica attiva, tutto qui. Questi 2 fasi rappresentano i migliori fertilizzanti per lo sviluppo del mercato del lavoro. Una puntuale informazione preventiva a tutti gli studenti al momento della scelta della facoltà, circa le certe percentuali d’impiego futuro, così come l’alert sui difficili sbocchi in determinati settori, può portare alcuni soggetti a virare e altri ad affrontare, coscientemente, i rischi del caso. Sicuramente tende a contenere la categoria degli sprovveduti.

Ma la soluzione dall’impatto più dirompente non può essere che il definitivo funzionamento delle politiche attive. Il finanziamento della formazione in azienda per aiutare i lavoratori a cambiare pelle e stimolare l’imprenditore al costante cambiamento, chiarendogli che non sarà più solo, che la sua forza lavoro potrà esprimere prestazioni camaleontiche con l’assistenza di uno Stato vigile e promotore degli adattamenti, pardon delle anticipazioni, del mercato.

Mentre per le persone espulse dall’impiego sono previsti sonni tranquilli, nel corso di fruizione della NASpI sarà cura dell’Ente formativo fornire le skills utili ad avvicinarsi a ciò che il nuovo, mutevole, mercato richiede. Mai più disoccupazioni di lunga durata, lavoratori immediatamente presi in carico, dignità restituita, Costituzione applicata.

Di fronte a tutto questo, non potrà mancare il puntuale controllo circa la partecipazione dei veri attori, i lavoratori, da punire pesantemente in caso di mancato accesso alle politiche attive, così come autopunito sarà il giovane “mezzo salvato” dal buon orientamento, ma testardo e ammaliato da un percorso di studi povero di gloria. Il controllo e la punizione, nessuno potrà trarre giovamento dal sistema se non intende mettere in discussione il proprio know-how. Essere espulso sarà sempre triste, ma dovrà diventare un’opportunità per gli audaci, non rifugio per i parassiti.

Il D.Lgs. 148/2015 ha ristretto l’accesso agli ammortizzatori in costanza di rapporto, i rami secchi delle aziende non possono più essere tenuti in vita. Pronti a ripartire da nuove opportunità, nell’intenzione dell’estensore del Jobs Act i lavoratori dovevano uscire dal mercato per rientrarci, riformati con dovizia nel periodo assistito dalla NASpI e agevolati da precisi Enti a rientrare riqualificati dalla porta principale. Con delle ottime politiche attive, tutto questo sarebbe stato un successo: zero spesa per gli ammortizzatori interni, poca spesa per una NASpI erogata giusto il tempo utile alla formazione, posti vacanti ben presto coperti. Tutto questo manca, si sente, e il buon proposito del D.Lgs. 148/2015 droga involontariamente la disoccupazione, o meglio il match tra domanda e offerta, viziato dal metadone della NASpI. Ma il metadone non è una soluzione e il disoccupato alla NASpI non rinuncia quando vuole, piuttosto quando questa si esaurisce.

Caro Babbo Natale, non possiamo chiederti di portare i lavoratori alle aziende e i posti di lavoro ai lavoratori, sarebbe l’ennesima forma di assistenzialismo gratuito. Per una volta, interessati davvero alla politica e portacene tanta di quella produttiva, di cui tutti vorremmo sempre sentir parlare, la politica del fare, la Politica Attiva.

 

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