12 Settembre 2025

Auto elettriche o ibride in uso promiscuo: ricariche presso colonnine pubbliche

di Redazione Scarica in PDF

L’agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n. 237/E del 10 settembre 2025, ha offerto chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle spese sostenute per la ricarica di auto elettriche o ibride plug-in concesse in uso promiscuo ai dipendenti.

La società istante ha rappresentato l’intenzione di rinnovare il parco auto introducendo veicoli a trazione esclusivamente elettrica o ibrida plug-in e di voler garantire ai dirigenti che optino per tali veicoli le medesime condizioni riconosciute a quelli che utilizzano auto a combustione interna, per i quali le spese di carburante, sostenute tramite apposita card, sono a carico dell’azienda entro un determinato limite annuo. La società intende, quindi, attribuire anche ai dipendenti assegnatari di veicoli elettrici o ibridi una card per la ricarica presso colonnine pubbliche, con spese sostenute direttamente dall’azienda. Ai fini del controllo, ogni lavoratore dovrà comunicare i chilometri percorsi per uso aziendale e quelli per uso privato, con la previsione che, oltre un limite annuo stabilito, il dipendente rimborsi all’azienda i costi dell’energia elettrica per la parte eccedente, calcolati in base al costo chilometrico medio di esercizio.

La società ha chiesto chiarimenti su 2 punti:

  1. se le ricariche pagate con card dall’azienda generino fringe benefit imponibile in capo al dipendente;
  2. se le somme trattenute al lavoratore per l’eventuale eccedenza possano ridurre il valore convenzionale ACI utilizzato per determinare la base imponibile del benefit.

L’Agenzia delle Entrate richiama innanzitutto il principio di onnicomprensività sancito dall’art. 51, comma 1, TUIR, secondo cui costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori corrisposti in relazione al rapporto di lavoro. Tuttavia, l’art. 51, comma 4, lett. a), prevede una specifica deroga per i veicoli concessi in uso promiscuo, disponendo la tassazione forfetaria sulla base del costo chilometrico ACI calcolato su una percorrenza convenzionale di 15.000 km annui, con percentuali differenziate in base al tipo di alimentazione: 50% per i veicoli a combustione, 20% per gli ibridi plug-in e 10% per gli elettrici puri, secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio 2025 e dal D.L. n. 19/2025. Tale determinazione forfetaria prescinde dai costi effettivi sostenuti e si fonda esclusivamente sulle tabelle ACI, che includono già il costo del carburante, compresa l’elettricità per le auto elettriche e ibride plug-in.
Di conseguenza, le ricariche a spese del datore di lavoro non generano ulteriore reddito imponibile, essendo già considerate nel valore convenzionale. Rispetto al primo quesito, l’Agenzia conferma che la messa a disposizione della card per la ricarica elettrica, anche per usi privati del veicolo, non genera ulteriori fringe benefit tassabili, in quanto tali costi rientrano nella determinazione forfetaria ACI.

Quanto al secondo quesito, relativo alla possibilità di decurtare dal valore convenzionale ACI le somme rimborsate dal dipendente per i chilometri percorsi oltre il limite stabilito, l’Agenzia precisa che ciò non è possibile. Infatti, la tassazione forfetaria si applica in modo automatico e non è influenzata dal fatto che il dipendente sostenga parte dei costi relativi al veicolo, come chiarito anche dalla circolare n. 326/E/1997 e dalla circolare n. 1/E/2007. Pertanto, le somme addebitate al lavoratore per la quota eccedente vanno considerate solo come trattenute sul netto in busta paga, senza incidere sul calcolo del fringe benefit imponibile determinato in via forfetaria.
La risposta ricorda, inoltre, che eventuali rimborsi monetari delle spese di ricarica sostenute dal lavoratore, ad esempio presso la propria abitazione, costituirebbero reddito imponibile, non rientrando nel criterio forfetario. L’Agenzia conclude ribadendo che il valore forfetario determinato secondo le tabelle ACI resta l’unico parametro per la tassazione dei veicoli concessi in uso promiscuo, senza possibilità di riduzione per somme corrisposte dai dipendenti a titolo di rimborso, e che le ricariche sostenute dall’azienda per l’uso privato o aziendale non concorrono a generare ulteriore reddito tassabile.

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