Principio di automaticità delle prestazioni: cos’è, per chi vale, cosa comporta
di Alessia Boer Scarica in PDF
Il principio di automaticità delle prestazioni, previsto dall’art. 2116, c.c., rappresenta una delle tutele fondamentali riconosciute ai lavoratori dall’ordinamento italiano. Tale meccanismo assicura che il diritto a ricevere le prestazioni previdenziali e assistenziali non venga meno anche nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia versato regolarmente i contributi dovuti. In questo modo, l’eventuale inadempienza del datore di lavoro non può ricadere sul lavoratore, che continua a beneficiare dell’intervento dell’ente previdenziale. Questa regola, oltre a ribadire la centralità del lavoro nel nostro sistema giuridico, rafforza il sistema di sicurezza sociale, offrendo una protezione a chi si trova in una posizione contrattuale più debole. L’approfondimento del principio di automaticità consente, pertanto, di comprendere appieno le garanzie riconosciute a determinate categorie di lavoratori nei casi di mancato adempimento da parte dei datori di lavoro o committenti.
Fondamenti normativi
L’art. 38, Cost. Italiana, rappresenta uno dei principi cardine su cui si fonda il sistema di assistenza e previdenza riconosciuto ai cittadini. In particolare, il comma 2, stabilisce che «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria».
Su tale base si è progressivamente consolidato un pilastro fondamentale della disciplina contributiva volta alla tutela dei lavoratori dipendenti: il principio di automaticità delle prestazioni. Esso opera principalmente a favore dei lavoratori subordinati, sebbene alcune forme di applicazione siano previste anche per determinate categorie di lavoratori non subordinati, con condizioni e limitazioni che verranno trattate in seguito.
L’introduzione formale di tale principio risale all’art. 27, R.D.L. n. 636/1939, emanato per modificare le disposizioni in materia di assicurazioni obbligatorie contro invalidità, vecchiaia, tubercolosi, disoccupazione e a sostegno della maternità. Con questa norma si stabiliva che il requisito contributivo per l’accesso alle prestazioni previdenziali fosse considerato soddisfatto anche in assenza dell’effettivo versamento, purché i contributi risultassero comunque dovuti per legge.
In un’ottica di ricostruzione cronologica, il riferimento centrale resta l’art. 2116, c.c., che dispone: «Le prestazioni indicate nell’art. 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali o delle norme corporative.
Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro».
La norma sancisce, dunque, che l’omesso versamento contributivo da parte dell’imprenditore, pur obbligato, non compromette il diritto del lavoratore a percepire le prestazioni previdenziali e assistenziali. Il comma 2 specifica inoltre che, laddove l’Istituto previdenziale non possa erogare in tutto o in parte le prestazioni a causa dell’irregolare contribuzione (circostanza che può verificarsi, ad esempio, in caso di prescrizione del credito contributivo), l’imprenditore resta direttamente responsabile del danno arrecato al lavoratore.
Elemento imprescindibile per l’operatività del principio è, infatti, che i contributi omessi non siano prescritti e risultino ancora giuridicamente esigibili dall’ente previdenziale. La prescrizione attiene ai termini entro i quali i contributi dovuti devono essere versati o richiesti. La disciplina generale, contenuta nell’art. 3, comma 9, Legge n. 335/1995, prevede un termine quinquennale di prescrizione, entro il quale l’INPS può attivarsi per il recupero nei confronti del datore di lavoro o del committente. Tale termine si estende a 10 anni qualora, entro il quinquennio, sia stato notificato un atto interruttivo, circostanza che può derivare anche da una denuncia presentata dal lavoratore che abbia rilevato l’omissione contributiva.
Lavoratori tutelati
Riprendendo quanto esposto in apertura, occorre sottolineare che l’art. 38, Cost., si riferisce genericamente ai “lavoratori”, ma ciò non implica che il principio di automaticità delle prestazioni possa essere esteso indistintamente a tutte le categorie. In particolare, esso è escluso a priori per i lavoratori autonomi, i quali sono direttamente responsabili del versamento dei propri contributi. Si può, dunque, affermare che uno dei requisiti minimi, seppur non esaustivi, per individuare i destinatari della tutela consiste nell’assenza, in capo al lavoratore, dell’onere di provvedere personalmente al versamento contributivo.
Tale requisito, tuttavia, non è di per sé sufficiente a circoscrivere con precisione l’ambito soggettivo di applicazione. La tutela si applica senz’altro ai lavoratori dipendenti ed è riconosciuta, in parte, ai lavoratori parasubordinati (che saranno trattati più avanti). Ne restano, invece, esclusi, a titolo esemplificativo, i collaboratori familiari e i coadiuvanti di imprese artigiane o commerciali, anche laddove il versamento dei contributi sia materialmente effettuato dall’imprenditore “principale”.
Fine e funzionamento del principio di automaticità delle prestazioni
Il principio di automaticità risponde a 3 principali finalità:
- tutela del lavoratore: impedire quindi che l’inadempienza o la mala fede del datore di lavoro danneggino diritti essenziali di sostegno al reddito e sicurezza sociale;
- effettività del sistema previdenziale: garantire che il meccanismo di protezione non sia condizionato da fattori esterni al controllo del lavoratore;
- funzione pubblicistica della previdenza: la previdenza obbligatoria non è una semplice forma di assicurazione privata, ma è un sistema collettivo fondato su principi solidaristici e sull’obbligatorietà. L’ente pubblico (INPS, INAIL, ecc.) deve agire come garante.
Questo principio trova applicazione per tutte le forme di previdenza obbligatoria, rientrando tra queste:
- pensione per invalidità vecchiaia o superstiti;
- assicurazione contro infortuni e malattie professionali;
- tutela contro la disoccupazione involontaria (NASpI);
- assicurazione di maternità, malattia e assegni familiari;
- in generale le forme obbligatorie di tutela previdenziale gestita da enti pubblici.
È, inoltre, rilevante sottolineare che il principio di automaticità delle prestazioni, ex art. 2116, c.c., opera anche in caso di omesso versamento del TFR al fondo pensione complementare cui il lavoratore abbia aderito. In tali ipotesi, grazie all’eventuale intervento del Fondo di Tesoreria, il dipendente può recuperare le somme non corrisposte dal datore di lavoro, anche in situazioni di insolvenza o fallimento di quest’ultimo.
Il funzionamento del principio può essere tecnicamente suddiviso in 3 momenti:
- mancato versamento contributivo da parte dell’obbligato;
- erogazione della prestazione in ogni caso al lavoratore che ne avrebbe teoricamente diritto, se tutti i versamenti fossero stati effettuati;
- azione di rivalsa dell’ente verso il datore di lavoro per recuperare le somme dovute.
Gestione separata INPS ex art. 2, comma 26, Legge n. 335/1995
La Gestione separata INPS istituita con l’art. 2, comma 26, Legge n. 335/1995, prevede l’assicurazione generale obbligatoria per IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) per i soggetti che esercitano attività di lavoro autonomo senza previsione di iscrizione a una cassa professionale privata o per i titolari di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (c.d. parasubordinati).
Il principio di automaticità delle prestazioni che inizialmente era riservato solamente ai lavoratori dipendenti viene esteso anche alla Gestione separata INPS con l’art. 59, comma 16, quarto periodo, Legge n. 449/1997, e precisamente per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (parasubordinati), seppur con delle grosse limitazioni. Rimangono quindi esclusi i soggetti autonomi iscritti alla stessa.
Con il D.Lgs. n. 80/2015, precisamente con l’art. 13, è stato introdotto l’art. 64-ter, al Testo Unico delle Disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, D.Lgs. n. 151/2001, prevedendo: «I lavoratori e le lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente».
Viene, quindi, confermato che i lavoratori iscritti alla Gestione separata hanno diritto all’indennità di maternità anche se non viene effettuato il versamento regolare dei contributi da parte del committente. Il principio in trattazione, quindi, vale solo per l’indennità di maternità/paternità non anche per le altre prestazioni (ad esempio non vale per la malattia).
La precisazione del Legislatore «da parte del committente» ribadisce ancora una volta che la tutela è solo per i lavoratori parasubordinati per i quali l’obbligo contributivo non compete direttamente a loro stessi, ma deve essere effettuato dai committenti anche per la parte a carico del lavoratore (1/3 del totale dei contributi dovuti).
A seguito della pubblicazione del D.Lgs. n. 80/2015, l’INPS ha emanato una circolare, precisamente la n. 42/2016, nella quale precisa che la predetta disposizione compete esclusivamente ai parasubordinati, ampliando la portata della norma anche al congedo di paternità ma non all’indennità di congedo parentale.
Infatti, la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione ha stabilito che il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali non è applicabile ai rapporti di lavoro che non siano di lavoro subordinato, quindi non applicabile per i collaboratori coordinati e continuativi. La Corte di Cassazione ha motivato questa esclusione spiegando che il rapporto assicurativo per gli iscritti alla Gestione Separata è stato modellato dal Legislatore secondo il paradigma della disciplina delle gestioni dei lavoratori autonomi. Come suddetto, infatti, il principio in trattazione è applicabile solo se espressamente normato come indicato nell’art. 64-ter, D.Lgs. n. 151/2001 (ad esempio per la tutela della maternità).
Principio di automaticità delle prestazioni relativamente ai trattamenti di vecchiaia, invalidità e superstiti
Il principio di automaticità trova una delle sue applicazioni più significative nei trattamenti pensionistici di vecchiaia, invalidità e superstiti.
Come già anticipato in precedenza, il principio di automaticità delle prestazioni è valido solamente nel limite della prescrizione e solo a condizione che si provi l’esistenza del rapporto di lavoro fornendo delle prove certe o idonee dichiarazioni all’INPS.
Considerando il limite massimo entro il quale poter far valere il principio di automaticità delle prestazioni è necessario che i contributi non siano prescritti al momento di accesso alla pensione per poterlo far valere.
Se il lavoratore si accorge che i contributi non sono stati versati entro il termine prescrizionale, ma la prestazione pensionistica gli verrà comunque riconosciuta scaduto il termine, dovrà denunciare l’omissione contributiva all’INPS e dovrà chiedere in giudizio la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi stessi. Nell’ultimo caso, se non ci fosse il recupero dei contributi da parte dell’INPS in tempo, l’Istituto sarà responsabile nei confronti del lavoratore.
Copertura periodi contributivi omessi e prescritti
Una possibile soluzione al problema dell’omissione contributiva per il diritto e la misura della pensione si ritrova nella Legge n. 1338/1962, e precisamente nell’art. 13.
Purtroppo, spesso ci si accorge che i contributi sono stati omessi dopo la prescrizione degli stessi. Questo fa sì che il lavoratore non abbia più la possibilità di chiedere al datore di lavoro di adoperarsi per il versamento e neanche di denunciare l’omissione contributiva all’INPS.
L’art. 13, Legge n. 133/1962, commi 1 e 5, prevede la possibilità che il datore di lavoro, o il lavoratore al suo posto, possa chiedere la costituzione della rendita vitalizia a beneficio del lavoratore stimando la quota di pensione perduta a fronte dell’omesso versamento. I 2 commi, art. 13, prevedono sempre la stessa possibilità con la differenza di chi si adopera per coprire la mancata contribuzione. Il comma 1, prevede che l’iniziativa sia del datore di lavoro responsabile e il comma 5 prevede invece che la domanda sia effettuata dal lavoratore che dovrà dimostrare che non è possibile ottenere la rendita dal datore di lavoro. Nel caso del comma 5, comunque il lavoratore avrà la possibilità di rifarsi sul datore di lavoro chiedendo il risarcimento del danno.
«[…] Il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma del presente articolo, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento del danno, a condizione che fornisca all’Istituto nazionale della previdenza sociale le prove del rapporto di lavoro e della retribuzione indicate nel comma precedente».
Si precisa che queste possibilità non prevedono il versamento dei contributi omessi in quanto, essendo prescritti, in nessun modo possono essere versati e di conseguenza accettati dall’Istituto, ma prevedono il versamento di un onere che nella maggior parte dei casi è maggiore all’omesso versamento, pari a una rendita vitalizia e reversibile quantificata in base alla perdita dovuta dal mancato versamento dei contributi.
Le possibilità offerte dall’art. 13 sono soggette a termini precisi: la rendita può essere richiesta solo dopo la prescrizione e comunque entro 10 anni dalla scadenza di tale termine. Trascorso questo termine, fino alla nuova previsione riportata nell’art. 30, Legge n. 203/2024, non era più possibile sanare l’omissione contributiva.
Con l’art. 30, Legge n. 203/2024, si è ampliata la portata dell’art. 13 suddetto, inserendo il comma 7, che prevede una terza possibilità di recuperare i periodi contributivi omessi prescritti al termine della prescrizione anche della possibile richiesta di rendita vitalizia finora trattata: «Il lavoratore, decorso il termine di prescrizione per l’esercizio delle facoltà di cui al primo e al quinto comma, fermo restando l’onere della prova previsto dal medesimo quinto comma, può chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale la costituzione della rendita vitalizia con onere interamente a proprio carico, calcolato ai sensi del sesto comma».
La nuova previsione permette solamente al lavoratore, senza nessuna previsione che permetta al datore di lavoro inadempiente di adoperarsi per sanare la situazione e senza neppure la possibilità del lavoratore stesso di rifarsi del danno sull’obbligato, di sistemare mancati versamenti anche di periodi molto remoti, considerando che non è previsto nessun termine di prescrizione per poter utilizzare questa possibilità.
Copertura periodi contributivi omessi e prescritti per iscritti alla Gestione separata INPS ex art. 2, comma 26, Legge n. 335/1995
Al collaboratore coordinato e continuativo è concessa la facoltà, entro il termine di prescrizione dei contributi, di dichiarare all’INPS di voler assumere a proprio carico il debito relativo alla parte del contributo accollata al suo committente in caso di omissione contributiva del committente stesso, salvo rivalersi nei confronti di costui per i danni.
Nei casi di omesso versamento di contributi e decorso il termine di prescrizione previsto per il versamento degli stessi, anche gli iscritti alla gestione separata è possibile richiedere la costituzione di una rendita vitalizia. Il soggetto legittimato alla costituzione della rendita è il committente che può essere sostituito dal collaboratore stesso se l’obbligato non voglia o non possa procedere. Il collaboratore mantiene comunque la possibilità di richiedere il risarcimento del danno.
Lavoratori parasubordinati e autonomi dello spettacolo
Poiché nel settore dello spettacolo i lavoratori parasubordinati e autonomi sono equiparati ai lavoratori dipendenti diventa fondamentale analizzare come questa equiparazione incida sugli obblighi contributivi e sulle tutele previdenziali.
Se per i lavoratori dipendenti dello spettacolo nel tempo la gestione si è abbastanza uniformata rispetto ai lavoratori dipendenti di aziende private iscritti al FPLD, per i lavoratori parasubordinati e autonomi invece la gestione ha mantenuto molte differenze.
Per spiegarle in sintesi è necessario sapere che i committenti sono obbligati a:
- invio comunicazione telematica di assunzione;
- richiesta agibilità (documento obbligatorio rilasciato dall’INPS – ex ENPALS che autorizza l’impiego di lavoratori dello spettacolo e che attesta la regolarità contributiva dell’impresa);
- denuncia mensile UniEmens;
- pagamento e denuncia del premio INAIL;
- versamento dei contributi INPS – ex ENPALS sia per la parte a carico del committente sia per la quota che viene trattenuta al lavoratore dal compenso che viene erogato.
Le particolarità che più ci interessano sono l’obbligo del versamento dei contributi/premio assicurativo che viene spostato interamente sul committente potendo quindi considerare il rapporto trilaterale con l’istituto di previdenza come per i lavoratori dipendenti.
Per questa ragione, questi lavoratori sono tutelati con il principio dell’automaticità delle prestazioni e questo viene anche da ultimo richiamato nella circolare INPS n. 101/2025. In questa circolare l’Istituto tratta della nuova indennità di discontinuità, ma con l’occasione precisa che: «Si ricorda che ai lavoratori subordinati, parasubordinati e autonomi dello spettacolo iscritti al FPLS, fatta eccezione per la categoria dei “lavoratori autonomi esercenti attività musicali” (codice categoria 500) introdotta dall’articolo 3, commi 98, 99 e 100, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 (che adempiono direttamente gli obblighi informativi e contributivi), si applica il principio di automaticità delle prestazioni, disciplinato dall’articolo 2116 del Codice civile».
Anche se il richiamo nella circolare INPS esplicita il caso dell’indennità di discontinuità, in generale per questi lavoratori vale il principio di automaticità delle prestazioni come per i lavoratori dipendenti.
Principio automaticità delle prestazioni per le tutele di infortuni sul lavoro e malattie professionali
Anche in merito alla tutela contro infortuni sul lavoro e malattia professionali il Legislatore ha previsto la possibilità di far valere il principio in trattazione per i lavoratori subordinati. La norma di riferimento è il D.P.R. n. 1124/1965, e precisamente l’art. 67, prevede che: «Gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente Titolo».
Le tutele per le quali spetta l’indennità anche in caso di omesso versamento sono:
- indennità giornaliera per l’inabilità temporanea;
- rendita per l’inabilità permanente;
- assegno per l’assistenza personale continuativa;
- rendita ai superstiti e un assegno una volta tanto in caso di morte;
- cure mediche e chirurgiche, compresi gli accertamenti clinici;
- fornitura degli apparecchi di protesi.
Per le prestazioni riconosciute al lavoratore, nel caso di omesso versamento l’INAIL può comunque rivalersi sul datore di lavoro inadempiente.
Riepilogo schematico e semplificativo applicazione del principio di automaticità delle prestazioni
| Categoria di lavoratori | Soggetto obbligato al versamento | Applicazione del principio | Note principali |
| Lavoratori dipendenti | Datore di lavoro | Sì | Il lavoratore è tutelato: se il datore non versa, interviene l’ente previdenziale che può rivalersi sul datore |
| Parasubordinati (co.co.co) | Committente | Parziale | In caso di omissione contributiva si applica il principio solo per alcune tutele; il collaboratore può anche assumersi il debito e rivalersi sul committente |
| Autonomi dello spettacolo | Committente (impresario, ente organizzatore) | Sì | Pur essendo formalmente autonomi, beneficiano della tutela come se fossero lavoratori dipendenti |
| Coadiuvante artigiani e commercianti | Imprenditore titolare | No | Non c’è automaticità: se il titolare non versa, la prestazione non è garantita. Il coadiuvante può solo rivalersi sul titolare |
| Autonomi (artigiani, commercianti, professionisti) | Il lavoratore stesso | No | Essendo responsabili direttamente dei versamenti, l’omissione comporta la perdita del diritto |
Conclusione
Il principio di automaticità delle prestazioni si conferma una delle espressioni più concrete della funzione solidaristica della previdenza sociale. La sua finalità è chiara: impedire che le omissioni contributive del datore di lavoro compromettano diritti che incidono direttamente sulla vita e sulla sicurezza economica dei lavoratori.
In un contesto in cui le trasformazioni del mercato del lavoro generano nuove fragilità, questo principio rimane uno strumento di tutela irrinunciabile.



