4 Dicembre 2025

No alla disdetta anticipata del CCNL con accordi di armonizzazione separati

di Luca Vannoni Scarica in PDF

Con l’ordinanza n. 29737/2025 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema della possibilità, per il datore di lavoro, di sostituire anticipatamente il contratto collettivo applicato, mediante accordi di armonizzazione sottoscritti con parte delle organizzazioni sindacali.

La controversia nasce da un ricorso ex art. 28, St. Lav., promosso da un’organizzazione sindacale, a seguito della scelta aziendale di disapplicare il CCNL vigente per una parte dei dipendenti, applicando loro un diverso contratto tramite un “accordo di armonizzazione” firmato con altre sigle. Tale scelta era stata accompagnata da comunicazioni rivolte direttamente ai lavoratori, contenenti la presa d’atto delle nuove condizioni, da sottoscrivere “per ricevuta e accettazione”.

La Corte d’Appello di Firenze aveva qualificato il comportamento datoriale come antisindacale, ritenendo che la sostituzione anticipata del CCNL costituisse, in fatto, una disdetta unilaterale del contratto collettivo vigente, non consentita all’impresa. La Cassazione conferma integralmente tale impostazione, respingendo tutti i motivi di ricorso.

Riguardo all’impossibilità, per il datore di lavoro, di recedere unilateralmente dal contratto collettivo prima della sua naturale scadenza, viene richiamato l’orientamento costante secondo cui la disdetta è prerogativa esclusiva delle parti stipulanti: non esiste nell’ordinamento alcun principio che autorizzi l’applicazione di un nuovo contratto prima della scadenza di quello in vigore, se non con il consenso delle organizzazioni firmatarie originarie. L’accordo di armonizzazione, anche quando sottoscritto da una pluralità significativa di sindacati, non può comportare la sostituzione anticipata del CCNL senza il coinvolgimento delle parti collettive che avevano stipulato il contratto precedente.

Da ciò discende l’infondatezza del secondo motivo di ricorso: l’antisindacalità non risiede nella mancata adesione della sigla istante al nuovo accordo, ma nella violazione oggettiva delle regole di vigenza del contratto collettivo e nella lesione del ruolo sindacale, aggravata dal fatto che l’azienda aveva comunicato direttamente ai lavoratori la mutata disciplina, senza considerare l’organizzazione sindacale ricorrente.

Un ulteriore punto di interesse riguarda l’interpretazione della formula “per ricevuta e accettazione” apposta dai lavoratori alle comunicazioni aziendali. La Cassazione qualifica come inammissibile la censura datoriale sull’interpretazione di tale dicitura: la ricostruzione della volontà negoziale è valutazione di merito e la Corte territoriale ha legittimamente ritenuto che la sottoscrizione non potesse valere come consenso sostanziale al cambio di contratto collettivo, avendo natura meramente ricognitiva della comunicazione ricevuta.

Quanto all’invocazione del Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, la Cassazione chiarisce che l’efficacia generale degli accordi stipulati secondo quelle regole non può travolgere la constatazione, in fatto, che l’accordo di armonizzazione sia stato utilizzato come strumento di sostituzione anticipata del CCNL in vigore, integrando una disdetta unilaterale non consentita. L’antisindacalità, dunque, prescinde dalla disciplina individuale applicabile ai lavoratori e riguarda esclusivamente la lesione delle prerogative della sigla ricorrente..

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