4 Maggio 2023

Approvato il Decreto lavoro: quali novità per il lavoro a termine?

di Luca Vannoni Scarica in PDF

Con qualche mese di ritardo rispetto all’annuncio originario, il Governo ha reso noto con comunicato stampa che il 1° maggio è stato finalmente approvato dal Consiglio dei Ministri il Decreto Lavoro, anzi, i Decreti Lavoro, in quanto si è preferito veicolare la riforma in due distinti provvedimenti, uno dedicato all’ l’inclusione sociale e all’accesso al mondo del lavoro, l’altro più generico.

Tra gli interventi più attesi, si annuncia l’ennesima riforma del contratto a tempo determinato: nelle bozze del provvedimento circolate dopo il CDM, si conferma il superamento delle causali introdotte dal D.L. 87/2018 (Decreto Dignità), necessarie per i contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi e in caso di rinnovo, sostituite da una ampia delega alla contrattazione collettiva mediante il rinvio all’art. 51 del D.Lgs. 81/2015.

Rispetto alle precedenti bozze, è sparito il richiamo alla contrattazione aziendale con RSA e RSU, in quanto rischiava di sdoganare, partendo dal basso, accordi siglati da associazioni sindacali non comparativamente più rappresentative su base nazionale ed è stata modificata la disciplina in caso di assenza della contrattazione collettiva.

In quest’ultima ipotesi sono state resuscitate le ragioni tecniche, organizzative e produttive da dettagliare nell’accordo individuale, senza la necessità di certificarle nelle sedi preposte, ipotesi  presente nella prima bozza, ma di difficile, se non impossibile, gestione – si pensi alla necessità di prorogare un contratto, superando i 12 mesi, sorta in prossimità della scadenza del termine originario -, ma solo fino al 2024, nell’attesa che si sviluppi una prima regolamentazione collettiva.

Ad ogni modo, nonostante si legga nella stampa non tecnica di una sostanziale liberalizzazione, il quadro che sembra aspettarci mantiene il meccanismo delle causali, non più integralmente legali, ma contrattuali, e i rischi che ne derivano nel momento in cui devono essere dettagliate nel contratto individuale.

Sembrerebbe poi prevista una sorta di buonuscita obbligatoria per i contratti di durata pari al limite massimo, pari a 500 euro “a titolo di welfare”: la norma letta nella bozza, se confermata, deve sicuramente essere aggiustata sia per specificare meglio la sua portata – la norma opera anche in caso di raggiungimento dei 24 mesi per sommatorie di contratti distinti o solo con un contratto di 24 mesi? – , sia per arginare le possibili vie di fuga che si originano: nessun bonus per una durata di 23 mesi e 20 gg, un costo aggiuntivo di 500 € a 24 mesi.

 

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