15 Febbraio 2018

La contribuzione Inps sui redditi conseguiti da partecipazione in società: punti di vista

di Roberto Lucarini

Che l’Inps sia continuamente a “caccia” di entrate contributive, non è una grande novità. Che talora, per procurarsi tali entrate, spinga le proprie tesi oltre certi limiti risulta attestato da numerose sentenze di merito e di legittimità. Si pensi al caso, quale mero esempio, dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione commercianti di soci di società operati come enti di semplice gestione immobiliare; un’odissea, per taluni contribuenti caduti sotto la lente dell’Istituto, che si sta fortunatamente esaurendo, si spera, sotto i colpi della Suprema Corte.

Vediamo ora un altro problema che si è posto all’attenzione degli Ermellini sul piano della contribuzione obbligatoria per i lavoratori autonomi; di recente, ad esempio, con la sentenza n. 29779/2017.

La questione, in breve, è questa. L’attuale versione dell’articolo 1, comma 1, L. 233/1990, in vigore dal 1993, specifica che l’onere contributivo dovuto dagli iscritti alle Gestioni artigiani e commercianti “è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono”. Non quindi, come in precedenza, un imponibile limitato al reddito derivante dalla sola attività che dà titolo all’iscrizione alla Gestione obbligatoria, ma un rilevante ampliamento della base di calcolo verso tutti i redditi d’impresa denunciati dal soggetto.

Attratto dalla “vastità” della norma, l’Inps ha incrociato i dati con quelli reddituali, forniti dall’Agenzia delle entrate, andando a richiedere, qua e là, il pagamento di contributi relativi a partecipazioni societarie. Il problema è che non si è andati troppo per il sottile, ossia andando a verificare la natura tributaria di un determinato reddito posseduto, ma è risultata sufficiente la sussistenza di una partecipazione societaria per far scattare, secondo l’Istituto, il debito contributivo.

Le cose non stanno proprio così. Vediamo, in schema, alcune situazioni, ponendo quale base per tutte la presenza per un soggetto già obbligatoriamente iscritto a una Gestione Inps autonomi per un’attività propria, svolta al di là della partecipazione in altre realtà societarie:

  • socio di una società in nome collettivo: da tale partecipazione il soggetto trae, senza alcun dubbio, un reddito d’impresa, tanto che dovrà dichiararlo nel quadro H del proprio modello Unico. Per tale motivo rientra appieno nel disposto normativo e, dunque, su tale reddito dovrà versare la contribuzione;
  • socio accomandante di Sas: a un primo sguardo, tale situazione potrebbe sembrare differente dalla precedente, data la qualifica civilistica di socio di capitale, ma non è così. A mente dell’articolo 6, comma 3, Tuir, si apprende che ogni reddito conseguito da partecipazione in società personali è, sotto il profilo fiscale, un reddito d’impresa. Anche qui, dunque, contribuzione dovuta;
  • socio di Srl: qui la questione cambia. Un reddito di partecipazione in società di capitali, infatti, non può annoverarsi tra i redditi d’impresa, e la norma previdenziale questo chiede, ma deve catalogarsi tra quelli di capitale, ex articolo 6, comma 1, lettera B, Tuir. Su questo reddito, quindi, nessuna contribuzione sarà dovuta, nonostante l’eventuale richiesta dell’Istituto. A ben vedere, infatti, la quota di utile del socio di Srl non va esposta nel quadro H del modello Unico, quadro che riepiloga i redditi d’impresa derivanti da partecipazione.

Molta attenzione, quindi, ai casi che abbiamo di fronte; in sede dichiarativa, allorché si dovrà conteggiare anche l’onere contributivo dovuto (quadro R), taluni redditi andranno senz’altro considerati imponibili, altri no. Un giochino non proprio semplice e, talora, rischioso. Auguri…

 

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